venerdì 5 aprile 2019

IL MESTIERE

IL MESTIERE                di Gianfranco Vecchiato


Ponte translagunare Ing.E.Miozzi
In tarda età l'ingegnere Eugenio Miozzi, nato a Brescia nel 1889 e morto a Venezia nel 1979, aveva la mente ancora piena di progetti. Il mestiere lo aveva imparato sul campo. Dopo la laurea nel 1912 a Bologna, aveva iniziato a lavorare nel 1914 per importanti opere pubbliche in Libia con la costruzione di strade coloniali come quella  da Bengasi e Derna, per la costruzione del molo del porto di Tripoli e per il nuovo piano regolatore di quella città.  Poteva quindi già vantare una esperienza tecnica robusta quando tornato in Italia assunse il ruolo di Ingegnere Principale di Sezione prima ad Udine e poi a Belluno. Dopo la Grande Guerra, tra il 1919 ed il 1927, progettò e ricostruì tutti i ponti distrutti nella vasta area del Cadore durante il conflitto inserendo nei suoi progetti uno stile architettonico armonioso. Esponente professionale del suo tempo, da funzionario pubblico seguì le linee dettate dal Regime ma seppe fondere nello stile razionalista  un alto livello  sia tecnico che formale. 
Ne sono esempi il ponte della Vittoria sul Piave a Belluno così come quelli a Ponte delle Alpi, ad Arsè sul Cismon, a Longarone, a Perarolo ed in altre località. Dal 1927 lavorò in provincia di Bolzano per opere pubbliche di miglioramento idraulico dei fiumi,  per la costruzione di scuole, di asili, di caserme, divenendo quindi Capo del Compartimento dell'ANAS delle province di Trento, Bolzano e Belluno. Da menzionare la costruzione di 207 km della strada del Brennero e di altre reti viarie locali,
Ponte degli Scalzi 1933
  di numerosi ponti tra Fortezza e Strigno, tra cui il più noto è stato il ponte Druso a Bolzano. Un'opera strutturalmente simbolica che sul piano estetico era decorata con fregi di aquile e di fasci a rappresentare o meglio ad imporre l'impronta di uno Stato conquistatore. Questi segni divennero nel dopoguerra un elemento di scontro politico finchè, dopo i fasci littori, nel 1974 anche le aquile vennero rimosse dai loro basamenti  e riposte in un Museo. La ulteriore e decisiva svolta nella sua brillante carriera si ebbe quando nel 1931 si trasferì a Venezia come vincitore del Concorso per Ingegnere nella Direzione dei Lavori Pubblici del Comune, divenendo un indiscusso protagonista nella trasformazione urbanistica e  infrastrutturale della antica città. Fu per oltre venti anni Capo del settore, fino a quando nel 1954 andò in pensione. Tuttavia continuò a lavorare in ambito privato. Eugenio Miozzi  è stato considerato un "innovatore e un restauratore dei vecchi sistemi costruttivi veneziani" e tale riconoscimento gli  venne
Ponte dell'Accademia 1934
tributato con un voto unanime dal Consiglio Comunale di Venezia nel 1973, che gli conferì il titolo onorifico di Ingegnere Capo Emerito del Comune. Tra le sue opere più importanti vi fu la radicale trasformazione dell'area urbana ovest di Venezia, posta tra la ferrovia e il porto.   La costruzione del ponte "Littorio", il ponte automobilistico translagunare poi denominato della "Libertà", con il piazzale Roma e il Garage razionalista, l'escavo del Rio Nuovo, il Ponte degli Scalzi e più oltre il ponte dell'Accademia, costituirono un unicum per complessità e per tempistica. Questi interventi vennero realizzati in pochi anni tra il 1932 e il 1937. 

Quindi una miriade di altre opere minori tra cui:
il Ponte dell'Arsenale, il palazzo del Casinò al Lido nel 1938, la sistemazione urbanistica dell'area del Palazzo del Cinema. Si occupò del restauro del Teatro la Fenice e i suoi disegni di archivio si rivelarono essenziali per la sua ricostruzione dopo l'incendio del 1996. Una forte impronta fu da Miozzi lasciata sul piano urbanistico con il progetto per il risanamento di Venezia insulare e per la costruzione dell'Isola Nuova del Tronchetto, l'ultima sua opera  come funzionario comunale. Nel 1956 fu ispiratore di un contestato progetto per una strada sublagunare che dal Tronchetto avrebbe dovuto passare per le Fondamenta Nuove, l'Isola
Scavo del Rio Nuovo 1932
della Certosa
Casinò-Lido 1938
e giungere al litorale del Cavallino per poi collegarsi con il Lido. Fu promotore di un nuovo porto sulle barene di fronte a Malamocco e de
lla costruzione dell'autostrada Venezia-Monaco, che più volte venne discussa e mai  attuata. Miozzi ebbe  la capacità di cimentarsi con la fragilità e l'arte della città, riuscendo a costruire due ponti nuovi sul Canal Grande: un fatto unico e irripetibile, anche per qualità di risultato.  
Ponte dell'Arsenale

Ponte lungo Rio Nuovo
Autore ingegnoso di molte soluzioni e raffinato cultore di storia, fu precursore di proposte  che sono ancora fonte di dibattiti e di contrasti. Le idee  urbanistiche di quel periodo e gli sventramenti fatti sul tessuto di Venezia, furono anche temi  divisivi. Passarono perché il Regime imponeva le sue direttive e non c'era alcun dibattito democratico anche se gli scontri non mancarono. A Miozzi venne contestata la prevalenza della prassi esecutiva sulla complessità della teoria multidisciplinare. Questo da un lato consentì modifiche urbanistiche oggi impraticabili con l'evoluzione legislativa e  culturale. Occorre però ricordare che la città era giunta  alla
Ponte della Vittoria- Belluno
modernità novecentesca in condizioni di arretratezza e di semi isolamento. Basti pensare  che nel 1951 un censimento aveva rilevato 6.080
abitazioni sovraffollate, con 50.300 persone, 9.300 abitazioni inagibili e che  se 14.500 persone vivevano in 2.320 alloggi senza acqua, 24mila alloggi erano anche senza latrina ad acqua corrente. Tre quarti della popolazione, circa 50mila abitanti, abitavano in baracche, "tuguri malsani, case pericolanti".  La sua figura  celebrata e  discussa, ha attraversato un periodo storico e politico che pone ai contemporanei molte riflessioni. Miozzi il "mestiere" lo cercò e lo affrontò non solo con responsabilità e con capacità tecnica ma da protagonista. 
Il contesto storico e politico che gli consentì di realizzare  una quantità straordinaria di interventi ci fa pensare oggi al confronto con la pesantezza dell'Amministrazione Pubblica, alla burocrazia, ai grovigli legislativi, e alla fuga dalle responsabilità decisionali. E' probabile che se fosse vissuto ai nostri giorni, anche l'Ingegnere Eugenio Miozzi avrebbe potuto portare a termine forse il 10% di quanto fatto nella sua carriera, ma certamente lo avrebbe saputo fare magistralmente.  Constatiamo  che se pur il nostro tempo dispone di mezzi e di strumenti operativi e materiali inesistenti all'epoca di Miozzi, questi da soli non bastano. Serve che a guidare i processi di sviluppo vi sia la capacità di esercitare bene un Mestiere ma anche la pazienza di coinvolgere pienamente la società negli interventi. Se un  mestiere viene umiliato dalla cattiva politica, dalla cattiva amministrazione, dalla corruzione, dalla scarsa capacità professionale, dalla mancanza di servizio al Bene Comune, da una società interessata a difendere i singoli privilegi, non bastano le soluzioni tecniche e formali. Occorre perciò crescere culturalmente nella partecipazione democratica e questo riguarda sia gli uomini che le cose. A prevalere dovrebbero essere i grandi pensieri che dian
Aquila sul Ponte Druso
o sostegno all'ambiente, ai trasporti integrati, all'economia di base e non solo a quella finanziaria, alla lettura critica della storia ed a quella quotidiana in cui tutti siamo protagonisti, fino a risolvere i bisogni degli ultimi nella scala sociale.
Aquila rimossa dal ponte e posta in Museo
C'è una storia europea e non solo italiana, che attende di essere rinnovata e raccontata . La crisi del nostro sistema attuale è questa:  una Società che dibattendo dinanzi alle scelte spesso o non sa dare risposte corrette o non sa come porre domande. L'archivio di Eugenio Miozzi non è andato disperso, si trova presso l'Istituto di Architettura IUAV di Venezia, dove il mestiere di una persona e del suo tempo è raccontata attraverso i progetti e le realizzazioni. Sono questi i testimoni che un ingegnere od un architetto, lascia come messaggio e come fonte di studio alla società ed al futuro.


Isola del Tronchetto

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