CENTRI STORICI DEL VENETO di Gianfranco Vecchiato
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Montagnana (PD) |
L'importanza dei centri storici anima sempre i dibattiti e le riflessioni. L'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e la Federazione degli Ordini Architetti del Veneto (FOAV) se ne occuperanno in un prossimo convegno dal titolo "L'Urbanistica dei centri storici del Veneto". Entro anch'io in argomento spostando l'analisi sul più vasto ambito dei "territori storici", che inglobano i centri di città e paesi. Le interazioni socio economiche e culturali si sono dilatate, superando i perimetri urbani, coinvolgendo e saldando molti frammenti dei quattromila "centri storici" catalogati nell'Atlante regionale del Veneto fin dagli anni '80. Strumento utile anche per il controllo dei piani territoriali di coordinamento, l'Ente regionale e i Comuni, si trovano a gestire più variabili contemporaneamente. Da una parte le tutele e dall'altra le pressioni per investimenti. I centri storici sono una mèta obbligata dei viaggi in
Italia e non mi riferisco solo alle città capoluogo ma anche ai numerosi piccoli paesi sparsi su un'area sempre più urbanamente antropizzata. Il Veneto ha un primato turistico ineguagliabile e nel 2019, prima della pandemia, si superarono i 70 milioni di presenze, calate a metà nel 2020 quando le conseguenze della epidemia hanno fermato gli spostamenti. Venezia ha superato nel 2019 trentadue milioni di presenze subendo assalti invasivi che hanno messo in crisi i trasporti, la vita di relazione degli abitanti, il funzionamento delle strutture sottoposte a carichi umani insostenibili. E' mancata la programmazione consegnando il suo destino alla monocultura turistica che ha
inghiottito la città attraverso l'abbandono di residenze sostituite da B&B, affittacamere, ostelli, pensioni, alberghi. Di conseguenza si sono chiusi negozi di vicinato ed aperti ristoranti, bar, pizzerie, bigiotterie e cose di questo tipo che hanno spostato sulla rendita facile e rapace molte attività. Poi è accaduto l'imprevedibile. Il diffondersi del virus ha messo a nudo il deserto sociale creato da tale sistema che progressivamente ha portato i 170mila residenti nel centro storico registrati nel 1951 ai 50mila odierni. Gli effetti si sono riverberati nell'ultimo decennio anche su Mestre e sul più vasto territorio circostante che viveva su Venezia, lucrando sugli arrivi turistici senza sosta. Questo sistema ha avvelenato i pozzi della storia di Venezia, arricchendo alcuni ma impoverendone le fonti umane e più autentiche. Molti ora dicono che occorre cambiare radicalmente questa politica dissennata. Ma si sa già che questa sarà una sfida difficile da vincere pur dovendo provarci. L'imponenza del fenomeno turistico è andato troppo avanti ed
stato a lungo assecondato passivamente non considerando i costi sociali di quanto avveniva. Lo storico Salvatore Settis tra i modi in cui muoiono le città ha posto quello della perdita da parte degli abitanti della memoria di sè per cui senza accorgersene diventano stranieri a se stessi, nemici di se stessi. E molte città storiche, tra cui Venezia, secondo Settis, sono insidiate dalla resa ad una falsa modernità, dall'oblio di sè. Occorre ritrovarne l'anima e il linguaggio perchè le pietre, gli uomini, le parole e le tradizioni si saldano fra loro. Citava Settis l'esempio di piazza Santa Croce a Firenze, ma ciò varrebbe anche per Venezia, con le abitazioni acquistate da stranieri. Tra quelle case si è persa la parlata toscana e rischia così di essere un luogo urbano snaturato. Perciò le opportunità date ai centri storici non devono diventare il loro problema occorrendo agire
bilanciando investimenti e ponendo dei limiti e dei freni. I centri storici sono poi attaccati dalle rendite cosiddette "parassitarie", nel senso che i costi elevatissimi degli affitti generano a loro volta una selezione nelle possibilità di sostenerli. Un negozio di frutta e verdura o di alimentari non può reggere spese esorbitanti e quindi se ne va, chiude perchè non viene sostenuto da politiche fiscali adeguate e i loro servizi non vengono invece ritenuti necessari ed indispensabili per mantenere il tessuto umano residente.
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Portobuffolè (TV) |
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Venezia - ponte di Rialto |
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Treviso |
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Verona |
Infine la diffusione di ipermercati attorno alle città, ha contribuito a svuotare la specificità che faceva dei centri storici dei naturali centri commerciali.
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Castelfranco Veneto (TV) |
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Vicenza |
Altro esempio riguarda il tema del riuso dei padiglioni
ex ospedalieri a Mestre, che alcuni architetti vorrebbero demoliti, o le difficoltà nel recupero dell'Antica Posta in piazza Barche, anch'essa soggetta a progetto di demolizione. Ho citato casi già trattati su questo blog ma si possono ricordare le antiche vie d'acqua, le marcite, di Battaglia Terme che il piano regolatore di espansione metteva a rischio paesaggistico, nel silenzio della categoria degli architetti o i delicati tracciati stradali nel vicentino che tagliavano l'area delle ville palladiane, i progetti di Ipermercati nei pressi del Castello del Catajo a Due Carrare, o di
Palazzo Te a Mantova, e per restare nel Veneto tutti quegli interventi di incremento volumetrico consentiti dalla legge regionale veneta, fino al 60% in più rispetto all'esistente, anche nei perimetri adiacenti ai centri storici... Non ci sono posizioni antimoderne ma solo anticulturali. Quando Carlo Scarpa intervenne nel recupero, restauro e rilancio del Museo del Castelvecchio a Verona compì un'opera magistrale e sapiente, salvaguardando l'anima dell'edificio ed inserendovi suggestioni che non sono soltanto contemporanee ma oltre il tempo perchè coesistono insieme ai reperti antichi. Negli anni
'20 e '30 prevalse una idea urbana violenta che rompeva, demoliva, distruggeva interi quartieri antichi nei centri storici in nome di una supposta modernità. Poi il dopoguerra non frenò tali manomissioni e così i centri storici di molte città come Firenze e Roma, subirono mutilazioni importanti, sventramenti , che riguardarono nel Veneto Padova, Verona e la stessa Venezia.
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Museo del Castelvecchio a Verona |
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Verona |
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Rovigo |
Molte recenti leggi di salvaguardia consentono di avere strumenti migliori di tutela ma senza analisi politiche, le migliori riflessioni professionali si arenano su un binario morto. L'urbanistica non è più da tempo materia per soli specialisti. Occorre inserirla a pieno titolo come materia scolastica fin dalle elementari. Le opinioni consapevoli della gente comune, che vive e lavora nei territori storici, possono aiutare a migliorare una cultura capace di collegare la
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Asolo |
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Feltre (BL) |
Ma a più di due generazioni di distanza molte di quelle intenzioni non si sono avverate. e anzi sono state disattese con dubbia moralità e lucida anti cultura.