IL BORGO di Gianfranco Vecchiato
Può accadere di sentirsi sollecitati dalle discussioni e dai problemi urbanistici e sociali che riguardano un territorio, specialmente se quei luoghi fanno parte della tua città. Nel caso in questione un'area ex ospedaliera a ridosso del centro storico di Mestre è da 18 anni in attesa di una riconversione dopo che l'ospedale cittadino è stato spostato altrove. Non è un'area qualsiasi sia per dimensione, circa 5 ha, sia per posizione e sia per storia. In quello spazio, ora in stato di abbandono, alla caduta dell'Impero romano, nel formarsi di nuovi equilibri economici, sociali e politici, i territori che stavano attorno alla laguna veneta e ancor più le isole che ne costellavano la morfologia, si trovarono ad ospitare un crescente numero di persone in fuga dai barbari. Seguendo il letto dei fiumi che sfociavano irrequieti nell'Adriatico, giunsero nelle isole persone in provenienza dai Colli Euganei, dalla vicina città di Altino, punto di transito importante nel nord est dell'Italia e dall'hinterland.
Fu una rivoluzione drammatica per quelle lontane generazioni che si trovarono nel mezzo di una tempesta: finiva un antico mondo e occorreva formarne uno nuovo. Si sarebbero avvicendati secoli bui prima di veder nascere una struttura statale in grado di difendersi e di prosperare. Le popolazioni lagunari scelsero di allearsi ai bizantini a ciò che restava dell'Impero romano d'Oriente e difesi da acque e barene fermarono i Franchi e i Longobardi. Lentamente Venezia acquistò forza economica e militare e prosperò volgendosi prima oltre Adriatico e nell'Egeo e solo dopo secoli verso la terraferma. Mestre che era un piccolo ma importante borgo fortificato dai trevigiani, pur confinando con le isole e la laguna
divenne veneziana solo nel 1338 quando per rompere le Signorie dei diversi Comuni che ne ostacolavano commerci e strategie, la Serenissima decise che era tempo di assoggettarli nel proprio "Stato da Mar". La Marca trevigiana aveva un suo confine proprio a Mestre dove era stato edificato un piccolo castello posto su un terreno protetto dalla biforcazione di un fiume. Attorno all'anno mille quel luogo era divenuto insicuro e a qualche centinaio di metri fu quindi realizzato un nuovo castello. Il primo prese il nome di Castelvecchio e il secondo di Castelnuovo. Per alcuni secoli i due castelli funzionarono insieme ma l'incuria per il primo, un incendio che poi ne devastò i resti, posero fine al vecchio castello e di esso si persero per secoli le traccia. Quell'area fu utilizzata dai Canonici di S.Salvatore che qui eressero un convento rimasto attivo fino all'epoca napoleonica quando molti ordini religiosi vennero soppressi. In quel terreno, adiacente alla piazza Maggiore di Mestre, si coltivavano prodotti agricoli. E quell'area rimase una campagna fino a quando agli inizi del XX° secolo i maggiorenti del Comune di Mestre trovarono i fondi per iniziare a costruire un primo padiglione ospedaliero. Dal 1905 in poi l'area ospedaliera si ampliò, in maniera disordinata e senza criterio seguendo la crescita della popolazione.
Tuttavia attorno al 1970 si cominciò a ragionare sulla urgenza dello spostamento del complesso ospedaliero in altra sede e questa ipotesi si concretizzò agli inizi del nuovo secolo quando trovati i fondi, si edificò un nuovo grande e moderno ospedale a circa 2 chilometri da quel luogo. A quel punto si fecero proposte per la trasformazione dell'area ex ospedaliera come punto urbanistico ed ambientale di eccellenza. Ma quel percorso si fermò. Dopo che nel 2006 si trovò l'accordo urbanistico con l'ASL proprietaria del complesso, si fece l'errore di indicare i 195mila mc dei vecchi padiglioni accumulatisi in circa 90 anni, come il dato edificatorio equivalente. Il Concorso di idee che ne seguì condusse tutti i progettisti a proporre soluzioni in verticale, non consoni con i contesti.
Il prof. Giorgio Lombardi morì fra l'altro lo stesso giorno in cui il suo progetto venne proclamato vincitore e le sue tre torri alte più di 100 metri si arenarono. L'Impresa che aveva acquistato l'intera area pagò circa 51 milioni di € all'ASL e fu poi sommersa dalla crisi del 2008, fino a fallire. Il progetto rimasto sulla carta trovò anni dopo un nuovo acquirente che la acquistò a metà di quello pagato in precedenza. La proprietaria è una famiglia di Padova, nota in regione per una catena di supermercati. Dal 2019 si attende quindi un progetto che prima la pandemia e poi l'aumento dei costi dei materiali hanno condotto più volte ad essere rivisto. E se attende il privato, attende la città con i tre vecchi storici padiglioni rimasti in convenzione che stanno cadendo a pezzi. E' stato presentato a fine 2020 un masterplan che prevederebbe un supermercato di 2500 mq, 5 edifici di altezze comprese tra i 30 e i 50 metri posti in linea lungo il corso del fiume ed un edificio direzionale. I tre padiglioni dismessi dovrebbero insieme al vecchio giardino ospedaliero, essere trasferiti al Comune per usi civici. Il richiamo alla storia del luogo, al suo Genius Loci, però non c'è od è assai flebile.
Si tratterebbe di una occasione perduta. Avendo seguito tali vicende prima da assessore all'Urbanistica quando il progetto Lombardi si arenò e poi da cittadino leggendo le cronache quotidiane tra proteste di Comitati, esasperazione dei commercianti, imbarazzi degli amministratori comunali, ho voluto da architetto, cimentarmi con il tema capovolgendo i termini della questione. Se infatti il Castelvecchio anticamente non fosse scomparso la genesi dell'area sarebbe stata, come è avvenuto altrove, la sua trasformazione in un borgo. Un pezzo di centro storico che sarebbe stato affine a quello esistente attorno alla vicina ex piazza Maggiore. Perchè quindi non proporlo, non suggerirlo, non progettarlo?. Mi sono trovato a disegnare sul computer un insieme di schizzi. Le idee hanno preso forma in poche settimane. Ora questo progetto generale chiamato il Borgo del Castelvecchio intendo presentarlo non per interferire con i progettisti ufficialmente incaricati ma come stimolo intellettuale dinanzi a proposte generiche e sterili. Tre elementi caratterizzano la proposta. Il primo è il perimetro che racchiude il nuovo borgo e che fa perno su un edificio a Torre, simbolo di un castello che ha attorno alcune mura porticate ed usate per commercio.
|
Resti delle mura del Castelnuovo di Mestre |
Esse limitano il fronte e richiamano una presenza antica. All'interno ci sono delle corti residenziali formate da edifici di varia dimensione e altezza, compatibili con le tipologie dei nostri centri storici. La loro posizione induce alla continua diversificazione dei prospetti, degli angoli, degli spazi privati e collettivi. Le auto stanno ai margini e sono ospitate parte in un autosilos meccanico, parte a raso e parte interrate. Il supermercato proposto ha la forma dei tipici magazzini in mattoni a falde ma è su due livelli, non appare invadente, è inglobato nel borgo, ha in copertura pannelli fotovoltaici tridimensionali che ne caratterizzano le forme. Anche tratti di mura o bastioni cittadini, con pareti in pietra, sono percorribili in sommità e all'interno delle corti alcune piazzette consentono di mantenere stretti rapporti sociali.
Dovunque il verde si insinua tra case e strade pedonali. Lungo il fiume un percorso verde si integra con quello che proviene da est e da ovest. I tre padiglioni sono recuperati ad usi pubblici e sono parte attiva della riqualificazione dell'area attraversata nuovamente dall'antica strada che dal castello la congiungeva con la piazza. Le tipologie, le altezze modeste, le aggregazioni, ridisegnano un luogo urbano nel quale residenti, studenti, professionisti, commercianti, artigiani, uffici pubblici, possono vivere rilanciando l'intero centro urbano. L'unico edificio alto è la Torre, in parte ispirata dalla nota Velasca di Milano, realizzata dallo studio BBPR nel 1957. E' un edificio dal carattere simbolico che insieme al nuovo borgo può dare identità cittadina in una fase in cui la città soffre emigrazione, abbandoni, disagio sociale. Questo è l'obiettivo dell'architettura ed a questo mi sono ispirato, condividendo quanto scritto a due mani qualche anno fa da un architetto, Mario Botta e da uno psichiatra, Paolo Crepet, nel libro dal titolo "Dove abitano le emozioni". E' quindi anche un percorso sentimentale quello che conduce a camminare cercando risposte.
Nessun commento:
Posta un commento