I 175mila residenti a Venezia nel censimento del 1951, erano il 20% in più degli abitanti di sei generazioni prima quando, nel 1797 il millenario "Stato da Mar", venne abbattuto senza grande resistenza, dalle truppe napoleoniche. La Città-Stato subì allora un fortissimo contraccolpo economico e sociale, essendo stata depredata e privata dei suoi territori e di indipendenza. Ad Andrea da Mosto, che fu direttore dell'Archivio di Stato di Venezia, si deve la pubblicazione del libro "I Dogi di Venezia",pubblicato nel 1960, che raccoglie episodi e storie sui 120 Dogi che si succedettero in mille anni di repubblica. Nel libro rientrano anche le vicende dell'aristocrazia veneziana, potente e florida, che impresse vivacità e diede allo Stato forza diplomatica e commerciale favorendo la diffusione artistica e lasciando, specie nei 4 secoli di maggiore splendore, testimonianze di rara bellezza. Molte di quelle opere che sono giunte a noi, si trovano ora in contesti modificati dal tempo e perlopiù stravolte da contesti in cui è venuto meno un equilibrio civico e sociale. Quel passato in cui molti vivevano in città in condizioni per noi contemporanei, deplorevoli e igienicamente insostenibili, va inserito in una idea diversa dei rapporti umani che era radicata tra classi sociali, che a Venezia abitavano in stretto contatto fra loro. Uno degli ultimi dogi, Marco Foscarini vedendo l'avvicinarsi di grandi cambiamenti predisse:" Questo secolo dovrà essere terribile ai nostri figli e nipoti". Toccò all'ultimo Doge di Venezia, Lodovico Manin, la sorte più dura. Eletto in un periodo declinante di traumatica crisi finanziaria e politica dello Stato, comprese che le idee rivoluzionarie che dalla Francia si espandevano in Europa, sarebbero arrivate come una valanga a travolgere la aristocrazia veneta. il 12 maggio 1797 senza combattere, dopo un progressivo sfinimento, Venezia si arrese agli ultimatum. Quando il Doge e le Signorie, si presentarono dinanzi al generale Junot per consegnargli la città, questi non potè trattenere il sorriso vedendoli comparire vestiti con costumi d'altri tempi. Lodovico Manin ebbe tuttavia la dignità di non collaborare con l'occupante. Un altro Manin, Daniele, fu poi artefice del riscatto morale di Venezia cinquant'anni dopo quando nel 1848/49 si sollevò dalla occupazione austriaca per reclamare la sua libertà. Oggi la città è Patrimonio Unesco ma nel Novecento diversi bombardamenti la colpirono sia nella prima e in misura ridotta nella seconda guerra mondiale. Tra settembre 1943 e aprile 1945, Venezia occupata da tedeschi e repubblichini, conobbe il martirio di deportazioni, fucilazioni, torture. Tuttavia finita la guerra, all'inizio degli anni '50, la città appariva animata e vivace, strutturata attorno ai suoi campielli e sestieri, visitata "timidamente" da 1milione e duecentomila turisti in quell'anno, forte nelle sue tradizioni. Luogo culturale internazionale, attiva con le Biennali d'Arte e di Architettura, con la Mostra del Cinema, con le due prestigiose università di Cà Foscari e dell'Istituto di Architettura guidato da Giuseppe Samonà, con fondazioni come la Giorgio Cini inaugurata nel 1951 nell'Isola di S.Giorgio Maggiore, vocata al recupero ed al restauro. L'economia turistica contava ma era una parte della economia diffusa tra attività artigiane che coinvolgevano le isole lagunari, dal vetro ai merletti, dalla pesca, alla cantieristica. Porto Marghera si stagliava con le sue fabbriche sul vicino orizzonte senza che vi fosse in quel 1951 una diffusa consapevolezza dei rischi gravi portati dalle industrie inquinanti alla laguna ed alle pietre della città storica. Un cortometraggio in bianco e nero del 1950, di Enzo Luparelli con la dizione dell'attore Cesco Baseggio, dal titolo "I Nua" (Nuotano), mostra gruppi di ragazzi che si tuffano nei canali veneziani sotto la calura estiva fino all'imbrunire quando le voci delle madri li richiamano in casa. Il Comune si era allargato oltre le acque, coinvolgendo Mestre e gli ex Comuni di cintura e divenne questo il primo approdo di esodi demografici costanti. I progetti amministrativi sul futuro della città, proseguendo ciò che era avvenuto negli anni '20 e '30, con il profondo riassetto urbanistico di tutto il lato sud-ovest, dalla Stazione a piazzale Roma al Porto a S.Marta, inserirono proposte di progressiva omologazione che contrastavano con la storia e con l'ambiente. Alla Zona Industriale si portarono navi sempre più grandi scavando un "Canale dei Petroli" che contribuì a sconvolgere gran parte della laguna sud; l'assenza di controlli sugli sversamenti inquinanti in laguna, produsse gravi squilibri e danni alla salute per migliaia di persone. L'Ente Zona Industriale di Marghera era allora governato in autonomia senza che l'Amministrazione comunale di Venezia potesse incidere sulle scelte. Dagli anni '60 l'esodo dei veneziani divenne crescente, impetuoso, sostituendo vaste zone residenziali con esclusive attività ricettive. I cambi di destinazione d'uso, non impediti e controllati, l'assenza di normative specifiche, il sovrapporsi di competenze, ha cambiato in qualche decennio l'anima della città antica. E così settant'anni dopo, nel 2024 constatiamo che: i residenti che vivono stabilmente sono scesi a 49mila e ancora scendono. Sono saliti a tredici milioni e 500mila i pernottamenti nel 2023, e sono decine di milioni i turisti che impediscono relazioni normali in città. La creano nei trasporti, nei costi di manutenzione, nei rapporti sociali. Il turismo movimenta un forte indotto economico che però induce alla conversione di migliaia di alloggi in B&B, in affittacamere, in alberghi, in residence, alimentando speculazioni immobiliari, anche estere e abbassando la qualità della vita quotidiana nel tessuto storico. Un mondo precedente si è dissolto insieme al tessuto connettivo che lo animava. L'arcipelago lagunare ed il suo modello sociale resta fatto da impasti diversi: demografici, culturali, economici, religiosi, ambientali, sociali, urbanistici. Tutto questo crea un equilibrio che ostacolerebbe diversi disegni di "rapina" ed è per questo che è stato più o meno consapevolmente indotto a sparire. Insieme agli abitanti si è assistito ad una costante dismissione anche di luoghi religiosi, a conventi chiusi trasformati per mancanza di ricambi e vocazioni. Tra debolezze amministrative e divisioni politiche Venezia raccoglie la sua storia dove sono transitate in poco più di una cinquantina di generazioni, circa 4 milioni di veneziani.
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Andrea da Mosto (1868/1960) Copertina del libro: I Dogi di Venezia nella vita pubblica e privata. |
Loro hanno impresso per stratificazioni successive, i segni straordinari del loro passaggio e forme di civiltà costituite, sorrette, vivificate, consolidate sorrette da tre elementi: rispetto e difesa della laguna e delle altre acque, domate in lotte continue, deviando i corsi dei fiumi, controllando e sperimentando le maree, assumendo vaste conoscenze anche empiriche nel campo idraulico. La economia ed i commerci, attraverso navi che solcavano l'Adriatico ed il mediterraneo e univano culture diverse; poi attività agricole e terriere accompagnate dalla cura per l'architettura, l'arte e l'ambiente. Le grandi navi odierne sono incompatibili con il primo assunto e devono e possono trovare soluzioni in prevalenza fuori dalla laguna in modo da non comprometterne i caratteri. Il terzo fattore fu la struttura politica e sociale dello Stato. A Venezia l'aristocrazia regolava le sue funzioni e sottoposta al controllo da istituzioni che ne bilanciavano il potere. In quella società veneziana lontana e a noi quasi sconosciuta, c'era un Popolo che era la forza dello Stato e ne misurava la sua grandezza e permanenza. Da questo ne trassero giovamento i rapporti sociali, le tradizioni di fede e di lingua, le espressioni e la filosofia del pensiero, l'indole della sua gente. Oggi la divisione e lo scarso coordinamento tra competenze di Enti autonomi crea distorsioni alla vita della città frenandone una armonica ed efficace evoluzione. Il Porto, l'Aeroporto, le Ferrovie, le Autostrade, le Aziende di trasporto, per lunghi anni l'Ente Zona Industriale di Marghera, le Sovrintendenze, la Regione, la Provincia, il Magistrato alle Acque, le Università, più di recente l'Ente Città Metropolitana, etc. sono parte delle complessità di questo territorio. Se gli antichi pensavano al futuro i contemporanei lo temono. La "Regina dell'Adriatico" a metà del 1400, nella sua maggiore espansione commerciale e politica superò i 200mila abitanti. Visitando le sale del Palazzo Ducale o dei Musei di Venezia si allineano i volti severi e dignitosi dei Procuratori, dei Savi, dei Magistrati, dei Dogi, dei Patriarchi. Nondimeno essi prendono vigore insieme a quelli dei marinai, dei condottieri, dei pescatori, dei letterati, degli artisti, del popolo. Questa città anfibia, ben consapevole e fiera della sua originalità, nella "Festa della Sensa", celebrava ogni anno lo "sposalizio" con il suo Mare. Una folta schiera di volti muti è presente tra le pietre antiche della laguna e giudica i contemporanei. La grande industria turistica porta la città a galleggiare su un mare di soldi. Con diversi effetti: drogano artificialmente e sostengono una scenografia di distorti fotogrammi tra gli scatti ed i selfie di luoghi che per molti non hanno alcun significato. |
Film Tempo d'Estate (1955) |
Mi viene alla mente che nel 1955 un film di genere sentimentale, ambientato a Venezia e diretto da David Lean, dal titolo "Tempo d'estate" vedeva una scena in cui i due protagonisti, Rossano Brazzi e Katharine Hepburn, si trovano in campo San Barnaba dove si affaccia un canale con barche che vendono pesce e ortaggi ai residenti. Lei cade in acqua vicino al ponte "dei pugni" dove per tradizione si svolse per secoli lo scontro tra due fazioni rivali i Castellani e i Nicolotti. Un quadro di Joseph Heintz il Giovane raffigura nel 1673 una scena dell'avvenimento. Il confronto spesso terminava con morti e feriti. Lo si fece cessare agli inizi del 1800, modificando caratteri e finalità. La complessità della società veneziana tra diverse identità, affacciate a decine di campielli, di corti, di Chiese e Parrocchie, di Santi, di mestieri, fra classi diverse, fra case diverse, fra provenienze diverse. Fondaci per i Tedeschi, per i Greci, per i Turchi, in un microcosmo fragile unito dalla lingua, dal cibo, dalle tradizioni, dalla fede. Pur se si è sostenuto che sia la più moderna città per il futuro, la sua urbanità a misura d'uomo, la possibile residenza di migliaia di giovani studenti, di grandi e piccole realtà economiche, Venezia potrà dirsi città solo se ritorneranno a viverla nuove famiglie, generazioni che crescono, che si evolvono, che mantengono vivo il linguaggio, le memorie, i bisogni, le tradizioni. Lo osservava qualche anno fa Salvatore Settis sul suo libro "Se Venezia Muore". Non può essere città una somma di cartoline, di fugaci presenze, di appartamenti di transito. Bisogna ricreare veneziani che non vendano l'anima al profitto, rifacendo norme adeguate che ridiano un volto alla città senza ridurla a vetrina. Entrando nella Basilica di San Giovanni e Paolo, il Pantheon veneziano, si può cogliere il senso di un tempo remoto. Venezia non fu solo quella delle commedie goldoniane, o quella degli intrighi di Casanova e nemmeno quella di una città in perenne festa di carnevale. Fu uno "Stato da Mar", per mille anni indipendente, una grande potenza marittima e commerciale. In una parete della basilica si staglia una urna di pietra che raccoglie le spoglie e la pelle di Marcantonio Bragadin, Ammiraglio veneziano e Governatore di Cipro, scuoiato vivo dai turchi dopo l'assedio di Famagosta nel 1571. Reliquia laica di una antica Patria ora perduta. Ma che può sempre essere ritrovata.