I HAVE A DREAM di Gianfranco Vecchiato
A metà dello scorso secolo dopo le tragedie della guerra, parve anche allora che le cose stessero cambiando. Una stagione di forti ideali scosse gran parte della società dopo che ideologie di morte si scontrarono in lotte senza tregua. Seguì la guerra "fredda" e poi venne il "disgelo". Carlo Levi nato a Torino, fu un medico, scrittore, pittore e politico italiano, morto nel 1975. Il suo nome resta legato al romanzo che lo rese celebre nel dopoguerra. Dalla sua esperienza di confinato politico tra il 1935 e il 1936, prima a Grassano e poi ad Aliano in provincia di Matera, guardò e colse in quelle società arcaiche e primitive, anche un pò di se stesso. Quando nel 1945 uscì alle stampe "Cristo si è fermato ad Eboli", il libro venne annoverato tra i maggiori della Narrativa italiana nel Novecento. Scrisse Levi: "...Cristo è sceso nell'inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne le porte nel tempo e sigillarle nell'eternità.Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale ma è un dolore terrestre, che sta sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato ad Eboli". L'attore Gian Maria Volontè che ne interpretò il protagonista nell'omonimo film del 1979 con la regia di Francesco Rosi, aggiunse ai testi una impeccabile e misurata recitazione. Rivisto di recente il film mi ha nuovamente impressionato per l'attualità del saper riconoscere e giudicare l'ingiustizia. Denunciare o accettare ciò che è male, resta un bivio sempre presente nella vita di ciascuno. Rosi che fu un regista "impegnato", nei suoi film denuncia spesso le distorsioni sociali e tra i suoi contributi più incisivi vi sono i film "Le mani sulla città", "Uomini contro", "Il caso Mattei", "Salvatore Giuliano". Spesso l'interprete scelto da Rosi fu Volontè, che sapeva calarsi consapevolmente in quei ruoli dove serviva che sia l'attore che il regista, camminassero appaiati sulla frontiera scomoda della riflessione critica che porta lo spettatore a meditare durante e dopo il film. Manifestare ed esprimere tensioni ideali dà forza alle ispirazione alle opere d'Arte, le toglie dalla contemplazione statica e avvolge in forme profonde anche l'architettura che sembra, sempre più spesso, aver perduto in questo tempo la tensione emotiva, trasformandosi quando riesce, in "tecnica" espressiva. In tutti i contesti quando "il sogno", che ciascuno nella vita sente inespresso e inesprimibile, non trova un punto di approdo, vaga nella incessante ricerca di una terra promessa. Ma forse non bisogna andare troppo lontano da se stessi per scoprire dove stia il traguardo. Seguire i "sogni" della propria giovinezza, coltivare "emozioni", indignarsi per le ingiustizie, porsi in posizione critica e disponibile anche verso noi stessi nei rapporti con gli altri, sono tutti elementi che aiutano a vivere nelle complessità della vita ed a lasciare, qualche volta, un segno di poesia lungo il cammino.
Architettura emozionale : Paluzzo (UD) Arch. Ceschia-Mentil |
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