MADE IN ITALY di Gianfranco Vecchiato
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Scooter Vespa |


Fin
dagli inizi del ‘900 alla crescente produzione industriale serviva
una nuova politica commerciale per un pubblico diventato cliente. La pubblicità
utilizzò manifesti e simboli
capaci di attirare l’attenzione sul prodotto. Poi nelle due guerre
mondiali, i disegnatori, che erano spesso artisti e pittori, furono
impegnati nella propaganda bellica. L'utilizzo delle grafiche e la qualità dei manifesti divenne un settore di specializzazione in molti Paesi prima che ai giornali si affiancassero la radio e poi le televisioni come nuove più moderne icone .


Anche la psicologia e la sociologia fecero la loro parte. Si studiavano i comportamenti e le sensazioni agli stimoli ed al messaggio dei prodotti commerciali. Gli Stati Uniti avevano in questo campo una maggiore esperienza e tradizione. In Europa l'Italia utilizzò la indiscussa capacità di molti suoi artisti e grafici. La Fiat, le Industrie alimentari, quelle legate alla moda furono impegnate a inventare soggetti che
precorsero il "design".La Olivetti ad esempio, sperimentò fin dal 1912 una
campagna pubblicitaria con artisti di grande esperienza come Wolf Ferrari e Marcello Dudovich. Dagli anni '30 si sviluppò una grafica pubblicitaria che proseguì negli anni successivi e coinvolse molte aziende anche in campo internazionale. La svolta avvenne con la fine
della guerra. La
fantasia di tanti giovani architetti unita a quella
di nuovi imprenditori, accompagnò il successo di numerose iniziative
industriali. Nel 1946 uscirono da fabbriche in ricostruzione, i primi
esemplari della Vespa”, ideata dall’ingegnere Corradino
D’Ascanio. Nel 1947, su disegno di Cesare Pallavicino e Pierluigi
Torre, venne prodotta la concorrente “Lambretta”. Erano moto dal
disegno originale, spartane, maneggevoli, e aprivano la strada alla
motorizzazione del Paese. Sarebbero divenuti un’icona dello
stile italiano.
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Treno "Settebello" 1952/1955
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Tra gli anni ’50 e ’60, si consolidò il primato
del design in tutti i campi. Dal treno “Settebello” alle prime automobili Fiat “600”, dalle macchine da scrivere disegnate da
Marcello Nizzoli alle sedie di Vico Magistretti e di Franco Albini, elettrodomestici disegnati da Ezio Pirali, Marco Zanuso, Gino Valle,
Achille e Pier Giacomo Castiglioni, fino ad architetture originali come

la
“Torre Velasca” a Milano progettata dallo studio BBPR (Banfi,
Belgioioso, Peressutti e Rogers ) o l’edificio Pirelli di Giò
Ponti. Nel 1954 con il patrocinio della “Rinascente” viene
istituito il premio triennale Compasso d’oro che è un
riconoscimento assegnato dall’Associazione Disegno Industriale
(ADI) al valore e alla qualità del design italiano. Il
Premio che fa riferimento al compasso di Adalbert Goeringer ed alla
proporzione aurea, disegnato dal
grafico Albe Steiner su opera
degli architetti Marco Zanuso e Alberto Rosselli, è giunto nel 2014 alla XXIII^ edizione ed ha raggiunto un indiscusso valore in campo mondiale. Sono circa 400 i "pezzi" premiati in 60 anni di attività. A breve un edificio a Milano ospiterà una Esposizione permanente della Collezione Compasso d'Oro ADI, dove saranno collocati oggetti che hanno fatto la storia del disegno industriale italiano. Scorrendo le classifiche troviamo oggetti riconoscibili di cui spesso non si ricorda l'autore.


Nel 1954 figurano i nomi di Bruno Munari e di Gino Sarfatti con una lampada da tavolo
di Arteluce ancora in produzione, di Giovanni Gariboldi per un servizio da tavola in colonna
per la Richard Ginori. Nel 1955, l'arch. Franco Albini con la sedia
Luisa , Giuseppe de Gotzen
con una spazzola elettrica aspirapolvere; nel 1956 Gino
Valle per l’orologio elettromeccanico Cifra 5, nel 1959 Dante
Giacosa per il progetto della Fiat 500, Ettore Sottsass
per la Olivetti Elea 9003; nel 1960 un premio per l'auto Abarth 1000 ad Ugo Zagato, l’aereo da turismo Aviamilano Falco F.8L di Stelio Frati. Il
lavabiancheria Castalda, la tenda da campeggio di Mario Germani. Nel
1962 la cucina Modello 700 dell’Ufficio della Industria Rex, un
tavolo da Pranzo di Mario Bellini, il televisore Doney di Marco
Zanuso e così via. Fino ad apparecchi telefonici, lampade,
condizionatori d’aria, poltrone divano, caffettiere, elementi di
arredo urbano in una miriade di oggetti che sono entrati nella n
ostra
vita quotidiana. Nelle ultime edizioni troviamo oggetti vari:
dall’impianto frenante della Brembo, all'auto "Brera" Alfa Romeo di G.Giugiaro, al Manuale di identità visiva della


Soprintendenza Archeologica di Pompei, alla barca a vela Shaka, alla
lampada a sospensione Hope di F.Gomez e Paolo Rizzato per Luceplan,
fino a Sunset, una casa mobile disegnata da Hangar Group e Movit. La grande storia del "design" italiano si può leggere anche dalla storia dei manifesti e degli oggetti . Essa risiede ancora nella tradizione e nel nostro individualismo. Se così è c'è da chiedersi perchè l’arredo
urbano di molte città italiane lasci a desiderare. Pochi Comuni hanno delle Commissione per l’Arredo Urbano e dei cataloghi di orientamento generale su forme e oggettistica da valutare
insieme alle Soprintendenza nel caso di inserimento nei Centri
Storici. In questo settore si può migliorare. Troppe Insegne e
oggetti riempiono aree urbane storiche e ne cambiano i caratteri. Lasciare la trasformazione di zone tutelate al mercato è sbagliato. Sarebbe necessario far ordine su una produzione ormai incredibile di oggettistica non sempre di buon gusto.
Negli ultimi anni molte imitazioni e arredi di provenienza extracontinentale, a basso prezzo, hanno invaso i mercati. L'Unione Europea non ha salvaguardato le eccellenze in nome del libero commercio. Sarebbe bene che le regole di tutela dei Beni primari e delle loro identità culturali fossero rispettate. Molti architetti sbagliano nel considerare l'arredo urbano svincolato dalle suggestioni delle preesistenze, temendo di rinunciare alla loro capacità inventiva e di innovazione. Si tratta invece di testimoniare il presente
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Divano |



rispettando con scelte di sobrietà, e di stile il valore dello spazio vuoto e dei materiali. In molti casi la "pulizia" di un'antica area urbana da cartelli, insegne, cestini, ed altri "ingombri" visivi ha dato risultati sorprendenti. Ritornava l'identità del luogo. Il “moderno” può manifestare con pieno diritto il suo posto accanto all'antico ma questo richiede molta attenzione e ricerca. Si è constatato sovente che il decadimento del "nuovo" fa prevalere l'antico nel dialogo con il tempo. La storia del disegno industriale ha portato a grandi innovazioni nelle abitazioni e nelle disponibilità delle scelte progettuali. Forme d'arte nuove e in continua evoluzione segnano la nostra epoca. L'epoca in cui l'architetto Rogers indicava il compito del progettista "dal cucchiaio alla città" è scomparso per la complessità dell'evoluzione sociale e industriale. Ma è ancora un lavoro affascinante per un grafico contemporaneo.

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