lunedì 26 giugno 2017

IL NUOVO

IL NUOVO      di Gianfranco Vecchiato

Ex scuderia ottocentesca abbattuta
Scritta militare scomparsa

Anno 1797. Cade la millenaria Repubblica di Venezia. Un evento storico tragico e doloroso dalle conseguenze traumatiche per tutto l'assetto statale e culturale dei territori che erano nella Serenissima, dall'Adda fino alla Dalmazia e all'Egeo. Forti e strutture militari, Chiese e conventi religiosi, sedi amministrative, case patrizie e opifici, proprietà terriere, la filiera che reggeva pur in crescenti difficoltà, il mosaico di rapporti civili, economici, militari, politici e religiosi, si sfaldò con l'arrivo delle armate francesi che già avevano occupato parti di  territori veneti per il loro transito nel conflitto verso l'Impero d'Austria. La decadenza della città, ricca di straordinarie qualità artistiche, ebbe inizio con la perdita della sua autonomia. Furono requisiti o chiusi conventi e proprietà religiose e così si abbandonarono luoghi da secoli abitati come quelli nelle piccole isole della laguna che erano fiorenti di commerci e di relazioni vitali. Diversi Monasteri si svuotarono e furono trasformati o in caserme o in strutture civili. Tutt'ora gli effetti di quello "tsunami" politico e urbanistico, sono
Moti del 1848 a Mestre a lato
della Chiesa delle Grazie
visibili sul territorio. Questo destino toccò anche al Convento della Madonna delle Grazie che si trovava nel 
borgo delle Monache (Muneghe in dialetto)  di Mestre e che fu trasformato dagli inizi del XIX° secolo in Caserma e poi in Distretto Militare. Il Convento era sorto nel XVI° secolo e la Chiesa era luogo di pellegrinaggio per l'immagine della Vergine delle "Grazie". La piccola Caserma fu teatro di scontri nei moti risorgimentali del 1848, finché nel Regno d'Italia ospitò anche due scuderie per la cavalleria. Seguì dopo il 1946 un periodo di progressivo abbandono fino a quando prese vigore, in anni recenti, il progetto di recuperarla e di destinarla ad uso Museale e commerciale. La "Fondazione Venezia" in accordo con il Comune, elaborò un articolato progetto di recupero e bandì poi un Concorso di Architettura internazionale per la costruzione di un museo "interattivo" dedicato alle trasformazioni del Novecento. 
Scritte militari ed altre pitture affioranti
Il Concorso fu vinto dallo Studio architetti
Vista dell'ex Convento/Caserma
Sauerbruch e Hutton di Stoccarda  che hanno proposto un complesso  nuovo integrato con le parti antiche dell'ex Convento ed ex Caserma militare. Nelle schede 
urbanistiche del Piano del Centro Storico di Mestre, figuravano due
 strutture di origine ottocentesca, vecchie scuderie e stalle, di cui una integralmente sopravvissuta e una parzialmente crollata. Entrambe erano indicate con il vincolo di "Restauro Conservativo". Ciò significa che pur cambiandone l'uso  dovevano essere mantenute con la struttura esterna ed interna in mattoni a facciavista e la copertura in legno e falde in coppi e con materiali il più possibile originari. Potevano essere salvate? Pare di no per motivi di cantiere e di statica.
Nella nozione di "Restauro conservativo" occorre vedere se un fabbricato è integro. Se non lo è,  la ricostruzione giuridicamente viene assimilata come una nuova opera.
Resti II^ scuderia ottocentesca
schedata "Restauro conservativo"
e  demolita insieme alla prima
In questo caso si era dichiarato che i materiali anche se demoliti erano stati accantonati per ricostruirli  dopo la  ricopertura dell'interrato. Si poteva dunque decidere di ripristinare quanto era documentato da fotografie d'epoca, da planimetrie e dati storici. Nelle parti murarie mancanti o crollate la ricostruzione poteva essere fatta con rammendi di materiali simili per forma e composizione. Grande è stata quindi la mia delusione nell'apprendere, a cose fatte, che le scuderie in mattoni, sono state prima demolite per lo scavo di un vasto piano interrato e poi sostituite da nuovi volumi con pareti in cemento a facciavista eliminando perciò anche le "lunette" decorate in mattoni e  visibili nelle fotografie e nei disegni iniziali pubblicati dallo Studio Sauerbruch.

Si potrà obiettare che erano poca cosa dinanzi alla vastità e complessità dell'intervento. Ma ciò è meno vero per le finalità di un Museo intitolato al "Novecento". E' quindi stato compiuto un danno, nel contesto della storia del luogo, con l'assenso della locale Soprintendenza. L'apertura di vetrate continue  lungo i portici sulle due pareti parallele tra chiostro e strada pubblica,  intervallate da pilastrature, ha poi cambiato i prospetti, aprendo vedute tra il chiostro e la strada. Da una parte ciò ha tolto dall'isolamento il chiostro ma dall'altra si sono perdute tracce di antiche pitture, che permanevano sui vecchi muri interni del portico. Pitture e scritte in parte risalenti al periodo militare e altre probabilmente antecedenti, risalenti all'uso conventuale. Perché anche in questo caso non si poteva mediare, lasciando dei "lacerti" dipinti che raccontassero un poco la storia di quelle mura, anziché cancellarne il ricordo?  Tutto è avvenuto con la forza d'urto di una corazzata potente in uomini, rapporti politici, amministrativi e culturali, mezzi economici e relazioni di ogni tipo. Di fronte non si è alzato ad opporre qualche timida difesa, quasi nessuno. Blande denunce di qualche isolata Associazione e nulla più. Per questo ho preso la parola, pur sapendo che sarebbe stato ormai inutile e
Portico interno con nuove strutture
a vetri
non di personale vantaggio. Esprimendo  opinioni critiche sulla stampa per il metodo seguito riguardo a questo punto. Non mi pare coerente che un Museo creato per documentare le trasformazioni spesso violente, compiute sul territorio dalle urbanizzazioni civili ed industriali nel secolo scorso, elimini parte di quel poco che restava e che era raro testimone da 150 anni di relazioni impresse su pietre.  Cose modeste? Forse si  ma anche in questo caso si ripresenta il tema  del "Nuovo" che impone il suo potere sul "Vecchio" e  lo elimina per non dargli posto nel futuro. Così  non lo si riconosce né come un valore né come una testimonianza.
Diventando un ingombro e un relitto da abbattere e da dimenticare, prevale una idea del "Nuovo" già conosciuta altre volte in passato. E' la convinzione per cui si sono demolite tante costruzioni non solo a Mestre, che sarebbero state degne di tutela, nell'indifferenza della Soprintendenza, per sostituirle con condomini di scarsa qualità. Il progetto del Museo "M9" è un investimento importante e degno di grande apprezzamento.  Non si può paragonare ad una speculazione urbanistica anche se la quantità di volumetria costruita sulle aree è stata molto elevata rispetto alle indicazioni del Piano.
La città attende quest'opera come un volàno di trasformazione urbana e culturale e dalla Fondazione lo si è voluto paragonare all'esempio del Guggenheim di "Bilbao", che ha certamente contribuito a rilanciare quella città sul piano internazionale. Se però "M9" deve essere un progetto includente e non "estraneo" al suo territorio,  le piccole scuderie potevano e dovevano restare delle testimonianze  fra il passato e il futuro.  
Rifarle tali e quali, con i mattoni, le lunette, gli abbeveratoi dei cavalli in pietra, le travi in legno e i coppi in cotto non rientrava più nel progetto; non si sapeva come usarle.  Questo fatto segna quindi, a mio parere, la visione culturale di chi ha avvallato questa operazione e che verrà giustificata, all'occorrenza,  da decine di "soloni".  Io invece ritengo che non si fa così rudemente tabula rasa del passato per l'avvenire.
Fotografica di prima e dopo
Sono temi che hanno avuto risonanza fin dal XIX° secolo e nei primi decenni del Novecento, con Gustavo Giovannoni che fu un esponente della corrente che voleva conservare i quartieri antichi nel loro insieme.  Già nel 1911 nella rivista "Nuova Antologia" si argomentava nel merito sui valori della testimonianza storica. Sappiamo che negli anni '20 e '30, durante il Fascismo, le linee che prevalsero furono quelle delle demolizioni dei tessuti storici urbani, per obiettivi politici, economici e di immagine. Purtuttavia si deve ad una legge , la n°1089 del 1939, la tutela delle cose di interesse artistico e storico. Nel 1960, nel Convegno di Gubbio, si stabilirono i principi
Vista del cantiere iniziale
Le ex scuderie sono state demolite
della salvaguardia integrale dei centri storici. Cesare Brandi sostenne l'inconciliabilità dell'architettura moderna con quella storica. Roberto Pane, Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni, Italo Insolera, Giovanni Astengo, Antonio Cederna, furono esponenti di una stagione di confronti di alto profilo intellettuale. Nel 1964 la "Carta di Venezia" affermava che la nozione di monumento andava estesa all'ambiente urbano o paesistico, come testimonianza di una civiltà. Negli anni seguenti il tema del "recupero" è stato al centro di intensi dibattiti.  "Signori Architetti, vi prego di riflettere su ciò che fate." E' una invocazione che già nell'Ottocento si alzò in Francia nelle discussioni sui restauri di 

La Memoria di Tonino Guerra...
Notre Dame.  Ed è ancora una invocazione che si può alzare oggi perché tutto, a volte si ripete in maniera monotona e quasi disperante.
Un poeta dovrebbe essere sempre accanto ad un Architetto quando progetta. Nella mia visita di qualche tempo fa a Pennabilli, il Paese in cui visse gli ultimi anni di vita lo sceneggiatore, poeta, artista  e scrittore, Tonino Guerra, vidi che molti suoi pensieri erano stati incisi su formelle poste sui muri e sulle strade della cittadina. Quelle parole, fatte di poesia, sono racconti parlanti che marcano le pietre  non più mute. Una dice: "Noi siamo già stati in Paradiso e a volte ci torniamo quando entriamo dove vive la memoria." E la Memoria non deve  essere mai demolita se non vogliamo perdere con essa anche l'anima che la possiede. 
Disegno Studio Sauerbruch-Hutton


Area prima dei lavori
Area di cantiere e  nuovi volumi in cemento che
sostituiscono le ex Scuderie ottocentesche demolite


Ex chiostro coperto
Scavo interrato di cantiere
Scavo interrato di cantiere

Fase cantiere:  nuovi volumi
Scavo corte interna ex Convento
Costruzione in cemento sostitutiva
delle ex Scuderie








lunedì 12 giugno 2017

VEDUTISTI

VEDUTISTI         di Gianfranco Vecchiato

Canaletto:  Canal Grande 1730
Neurone umano
I ricordi fanno parte della storia individuale e collettiva. Essi permangono in una zona del nostro cervello chiamata "ippocampo" e che si trova nel lobo temporale. L'alterazione  delle connessioni fra neuroni, chiamate sinapsi,  genera segnali elettrici che nel provocare variazioni chimiche e strutturali, producono una catena di reazioni che coinvolgono diverse molecole e potenziandone gli effetti generano ciò che 
noi chiamiamo "memoria". Altre aree cerebrali hanno poi funzioni specifiche e complementari sulla registrazione dei ricordi vicini e lontani nel tempo. Le immagini di potenti microscopi elettronici, ci hanno rivelato le strutture dei neuroni nel cervello umano e si è così scoperto che c'è un vero micro universo interno a ciascuno di noi.
Pietro Bellotti : Il Canal Grande verso la Salute
Se a fissare i ricordi concorrono tutti i nostri sensi, dall'udito al tatto, dall'olfatto al gusto il più potente tra tutti è quello della vista. L'immagine che si imprime nel nostro inconscio è fonte di reazioni gradevoli o sgradevoli che coinvolgono la psiche e altri sentimenti. I nostri comportamenti sono stati influenzati nelle ultime generazioni dalla 
invenzione della fotografia e del cinema che hanno sospinto  i progressi tecnici, sociali, culturali e politici contemporanei.  Le ulteriori scoperte scientifiche hanno condotto alla invenzione  della microelettronica  digitale, che ha diffuso la fotografia, un tempo limitata dall'uso della pellicola e dai processi di sviluppo e stampa, a miliardi di persone che ne fanno abitualmente uso nei luoghi e nelle circostanze più diverse. Si tratta di un aiuto formidabile ed accessorio per la "memoria" del mondo, sia nella vita privata che pubblica.
Storicamente in tempi precedenti alla invenzione della fotografia, ebbero importanza le correnti pittoriche che si richiamavano al "vedutismo". A Venezia questo genere si sviluppò nel XVIII° secolo come richiesta
Francesco Guardi: La partenza del Bucintoro
culturale di chi era un turista facoltoso e voleva tenersi in casa una testimonianza virtuale ma veritiera, di un luogo della città che aveva visitato. Oppure si trattava di avere un disegno che mostrasse quei luoghi lontani, con i colori e i tesori artistici, sentiti decantare. D'altra parte la bellezza dei luoghi non aveva bisogno di invenzioni. Bastava fissarne le realtà per superare ogni possibile fantasia. Si distinsero in quell'epoca, che si protrasse anche nel secolo successivo, pittori come Antonio 
Canal, Luca Carlevarjis, Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Michele Marieschi, Gaspare Vanvitelli, Johann Richter, Antonio Visentini, Francesco Tironi, Antonio Stom, Giacomo Guardi,  ed altri. Una apoteosi di raffigurazioni si diffusero in Europa ed ebbero origine anche dalle idee razionaliste dell'illuminismo. Ciò dimostrò una grande utilità quando di tali quadri vedutisti, ci si servì  per documentare lo stato dei luoghi antecedenti alla loro scomparsa per eventi naturali o bellici e nelle forti trasformazioni urbanistiche.
Luca Carlevarijs: Veduta piazza S.Marco
Il vedutismo ci ha fatto osservare ciò che vedevano i nostri antenati e che il tempo ha fatto scomparire dalla contemporaneità. Più le descrizioni dei pittori si 
rivelarono esatte e maggiore divenne il valore documentale di quei dipinti. I centri storici di Varsavia e di Dresda, ad esempio, vennero cancellati dagli eventi bellici ed in diversi casi i quadri del veneziano Bernardo Bellotto  che aveva dipinto quelle antiche capitali alla metà del settecento, furono utili per ricostruire alcuni prospetti di edifici e di piazze, nelle loro proporzioni e colori. 
Questo vale anche per i paesaggi, dove il confronto con la realtà è motivo di scandalo.
Bellotto: Una veduta di Varsavia
Bernardo Bellotto : Veduta di Varsavia
Piranesi con le sue celebri incisioni di rovine della Roma antica, a fine settecento, coglie una città Eterna tra antica grandezza e decadenza dove  pascolano  greggi di pecore tra le rovine di templi dimenticati. Alcuni dipinti mescolavano realtà e invenzioni. L'Artista manifestava la sua volontà di testimoniare, nel ristretto spazio di una tela, sentimenti contrapposti: memorie suggestive  o malinconiche, paesaggi sullo sfondo di vedute reali e nuovi soggetti come viandanti, lavandaie, boscaioli o cavalieri di passaggio. Una nuova umanità quotidiana 
sostituiva le figure di principi e di santi, si apriva ad un realismo, paragonabile a quanto 
Francesco Guardi: La Piazzetta verso l'isola di san Giorgio
Francesco Guardi: La Piazzetta
avvenne nel cinema con il "neorealismo". Il vedutismo si diffuse in tutta Europa. La nostra memoria collettiva acquistò allora degli ingredienti di contemporaneità o modernità. I ricordi entrarono con la pittura nel nostro inconscio. Sarebbero stati protagonisti nella evoluzione della sociologia e psicanalisi. E l'Architettura ebbe dinanzi la scoperta della sua forza emotiva divenendo soggetto principale del suo rapporto fra noi stessi e il tempo.
B:Bellotto: Veduta di Dresda dal fiume Elba(1748)
B.Bellotto: Dresda e piazza del mercato (1749)