lunedì 28 agosto 2017

BELLA ITALIA

BELLA ITALIA                        di  Gianfranco Vecchiato

Vincenzo Monti 1754/1828
L' antica Fattoria Medicea
"Bella Italia, amate sponde, pur vi torno a riveder... il giardino di natura, nò pei barbari non è..." Correva l'anno 1801 quando  il poeta e drammaturgo Vincenzo Monti sospinto dalla visione di una nuova Italia  allora occupata e divisa, scrisse  parole ispirate alle bellezze della Penisola che agli inizi del XIX° secolo Stendhal ed altri definirono come il "Giardino d'Europa". Attraversando regioni e città del "Belpaese" si colgono ancora varietà e caratteristiche straordinarie ma anche gravi sfregi al suo Paesaggio sia naturale che urbano.  Questa terra fragile, giovane e in movimento, affonda le sue radici in vulcani attivi, dall'Etna, allo Stromboli, al Vesuvio. Le sue straordinarie qualità vennero descritte nel 1871, a dieci anni dall'unità 
Prato : Parco urbano attorno alle cascine
nazionale, da
Veduta rinascimentale di Prato
Antonio Stoppani, abate, paleontologo e geologo, nel suo "Trattato sulle bellezze geologiche italiane". Un testo  che conobbe all'epoca un grande successo e che andrebbe ristampato e riletto per capire quanto è andato perduto o gravemente alterato , nei 150 anni che ci separano da allora. Il Ministero per i Beni Culturali Italiani, nel suo catalogo generale,  in continuo aggiornamento, ha fin qui suddiviso in oltre 2.600.000 schede, i monumenti, le collezioni, le raccolte. gli oggetti di interesse storico e artistico, reperti e siti  archeologici, beni scientifici e naturalistici. Si ritiene da ricerche universitarie e da altre fonti che tale elenco potrebbe nel tempo quadruplicarsi.

Parco alle  cascine a Prato
Nel territorio italiano, in oltre tremila anni   di civiltà e  di rapporti, si sono stratificati dei patrimoni artistici e culturali, più volte depredati nella storia.
Rovine della Fattoria
Le Fattorie qualche anno fa
Nonostante le periodiche devastazioni che la Natura, le guerre e le razzie, hanno causato nel tempo  molte testimonianze, dai Camuni agli Etruschi e  dalla Magnagrecia fino alla civiltà  romana, restano ancora nascoste sotto al nostro suolo. Molto di quello che si vede invece in superficie, a causa della incuria e del malcostume delle ultime
 generazioni, lotta quotidianamente per la sopravvivenza. Tra cambiamenti, avanzamenti ed arretramenti, il territorio è stato intaccato, con l'espandersi di modelli economici e produttivi insensibili ai valori  architettonici e artistici,  alla nostra geografia e al paesaggio. L'abusivismo edilizio è una piaga nazionale che l'Istituto di Statistica (ISTAT) ha stimato in  un quinto del patrimonio edilizio italiano.
Viale alberato che porta alla Fattoria
Si tratta di milioni di abitazioni che sfuggono alla disciplina urbanistica, non danno garanzie di qualità statica, di qualità architettonica, ed evadono i contributi fiscali e le leggi. Si conta sulla tolleranza e sui condoni più o meno mascherati. E sul fatto che i Comuni hanno bisogno di risorse finanziarie e quindi con qualche sanzione, anziché procedere alle demolizioni,  aggiustano le cose.  Si è stimato che nel sud Italia risultino illegali quasi 60 fabbricati su ogni 100 costruiti. Un fenomeno abnorme che non si è fermato nemmeno negli anni di crisi dell'edilizia e che viene fatto non solo per necessità, ma anche per riciclare proventi illeciti e per connivenze con settori del potere politico ed amministrativo. Poi la rigidità burocratica ed interpretativa data dalla inestricabile quantità di leggi nazionali, sommata a quella delle Regioni e dei Comuni, a cui si aggiungono sentenze dei Tribunali amministrativi e del Consiglio
Com'erano le Fattorie
di Stato, se non frena quasi niente a chi vuole delinquere,  rende invece la vita impossibile agli onesti cittadini ed ai professionisti che operano nel settore edilizio. In questa situazione, i terremoti hanno messo duramente in evidenza che  il tessuto edilizio, anche quando è regolare, costruito da secoli nel cuore di tanti antichi centri urbani, avrebbe bisogno di una radicale messa in sicurezza, con le tecniche avanzate di restauro antisismico.  In queste complessità, si annidano le perdite di molti paesaggi naturali ed urbani, dato che oltre il 60% degli edifici italiani, è stato costruito dopo il 1945.  Ma vi sono altri episodi che lasciano sgomenti. Un esempio viene da Prato. Città toscana antica e ricca di contrasti.  Nel suo Comune si trova  la Fattoria Medicea, voluta da Lorenzo il Magnifico, Signore di
Le Fattorie al fermo lavori 2006
Firenze, inaugurata nel 1477 e successivamente  ampliata sotto i Lorena. Circondata da una vastissima area  naturalistica,  sorse questa eccezionale invenzione  produttiva all'avanguardia e con le qualità artistiche proprie del Rinascimento. Vi si produceva miele e seta, vi si allevavano animali come i daini bianchi e i pavoni, fu qui che sorse la prima risaia in Europa. Le Cascine e la Fattoria di Tavola, alla periferia di Prato, sono state in parte cedute un secolo fa ai privati  ma molti ettari sono stati acquisiti dal Comune negli anni '80 e aperti alla cittadinanza nel 1996. Essi  hanno quindi un grande valore ambientale. Purtroppo il complesso storico  della fattoria è oggi in completa rovina

Prato: Palazzo Pretorio
in conseguenza di operazioni immobiliari fallimentari. Sopravvissute ed utilizzate dai Granduchi di Toscana, dopo che  i territori entrarono a far parte del Regno d'Italia, persero le funzioni. In tempi recenti erano ancora integre ma acquistate da una società immobiliare furono oggetto di un progetto per
Fattorie in rovina
trasformarle in un resort con 150 stanze. Diverse vicende e ricorsi fermarono i lavori. La Società fallì ma non prima di aver messo mano alle coperture, scoperchiandole e favorendo così una accelerata rovina.  In attesa di un nuovo proprietario privato sono ridotte a dei ruderi che posti all'asta non hanno fin qui trovato compratori. Dal valore di 6 milioni iniziali le aste sono scese fino a 2,6 milioni ma continuano ad andare deserte. Primo o poi verranno acquisite. L'investimento che si prospetta ad un futuro acquirente per il loro restauro è stimato in almeno 25 milioni di euro ma a tutto questo non si doveva arrivare. Il sequestro dei beni, le inchieste e i ricorsi, hanno  lasciato al tempo ed alla vegetazione il compito di distruggerle lentamente. Il complesso storico residuo ha una superficie di  oltre 11mila mq che comprendono la cascina, il magazzino dei risi e tinaia, il mulino, il
Fattorie in rovina
brillatoio, le scuderie dello stallone ed un appezzamento di 10 ettari. La fattoria che fu un modello nella produzione agricola, ed oggetto di studio e di scuola da parte di sovrani stranieri,  

è in questo stato. Nel visitare quel posto peraltro inaccessibile, ho provato molta malinconia e anche incredulità che un investitore intelligente non si sia fatto ancora avanti. I fabbricati sono  dentro uno splendido enorme spazio verde ad uso pubblico, e ad un campo di golf. Qui sono inevitabili i contrasti. Una città operosa che non ha protetto e salvato, se non poteva acquisirlo, questo bene raro e straordinario, lascia pensare.  E' sperabile che l'attenzione delle Associazioni, della Opinione pubblica locale e dell'Amministrazione cittadina, trovino sulla strada il risanamento e il recupero. Si tratta di un fatto simbolico ma significativo non solo per Prato ma per tutta Italia.  Prato è  città capitale del manifatturiero italiano e  ha ancora un ruolo di primo piano nella produzione dei tessuti. Ospita la più grande comunità cinese d'Italia, in continua crescita. I circa 60mila  cinesi hanno assunto un ruolo economico e sociale che ha modificato anche il tessuto culturale e civico della città.
Centinaia di Capannoni, di case, di negozi, portano sulle strade insegne bilingui: cinese ed italiano. E' una Comunità operosa ma ancora chiusa al proprio interno e diversi episodi di cronaca hanno rivelato che tra quei capannoni ci sono casi di sfruttamento lavorativo clandestino.  Anziché procedere come una città nella città saldandosi in progetti comuni, anch'essi dovrebbero sentirsi parte di quel territorio  ed aiutare fra l'altro una soluzione sull'uso della Fattoria. Essi d'altronde, frequentano numerosi l'adiacente parco cittadino. Prato è città aperta e multiculturale. L'episodio della Fattoria Medicea ha innescato molti dibattiti in città. Diversi aspetti si sono riflessi su una urbanistica caotica della periferia, che  qui come altrove, nel dopoguerra crebbe a dismisura con l'afflusso di migliaia di immigrati dal sud Italia a cui si rispose anche con l'abusivismo edilizio di emergenza. Il contrasto tra la bellezza fragile e gentile del cuore antico della città, ricca di tradizioni e di storia e la contemporaneità, ha molte facce. Occorre spingere, sostenere e proporre ciò che aiuta a preservare i tanti Beni perduti nel nostro Paese.
E' necessario prendere atto che i "barbari" che non dovevano e potevano essere i destinatari  del "giardino italiano" , secondo i versi della poesia di Vincenzo Monti, non vengono da lontano. Siamo in gran parte noi stessi, i posteri di tanta grandezza, i nuovi barbari.   Solo divenendo consapevoli e responsabili, possiamo sperare in una lenta guarigione. Ai pratesi come architetto, va il sostegno e l'augurio che dai contrasti, emerga il "Bello", riproponendo un restauro all'altezza della qualità della Storia della città.