mercoledì 20 dicembre 2017

AVANTI SAVOIA

AVANTI SAVOIA              di  Gianfranco Vecchiato

Santuario di Vicoforte



Davanti al Santuario di Vicoforte, in provincia di Cuneo, una bara avvolta in
un tricolore con stemma sabaudo, è portata in Chiesa.  A seguire il feretro solo poche decine di persone.  Tutto è avvolto nella riservatezza. Ma il fatto storico è rilevante.  La basilica è monumento nazionale fin dal 1880, e si staglia maestosa e solenne, sulle colline davanti alle Alpi Marittime. L'architetto Ascanio Vittozzi la progettò su incarico del Re Carlo Emanuele I° di Savoia alla fine del '500 ma furono necessari tre secoli per il suo completamento. Nel 1732 venne realizzata la cupola elittica secondo il progetto dell'ingegnere Francesco Gallo, discepolo del grande architetto Filippo Juvarra. Il Santuario è attorniato da un paesaggio dal sapore di antico Piemonte.  In queste terre quando risuonava un tempo la marcia reale e il motto di "Avanti Savoia" non era solo per retorica ma per espressioni di fedeltà.  In quella bara erano  le spoglie 
del Re Vittorio Emanuele III° che seguivano di qualche giorno quelle della
Regina Elena. La notizia ha ridestato sentimenti contrapposti con dichiarazioni di cronaca che traevano spunto da quel Novecento  dove quel Re  vide  durante il suo regno, più generazioni. La Sua immagine affissa sulle pareti scolastiche, negli edifici pubblici e nelle caserme, mostrava un volto severo, incorniciato dai baffi e da un divisa militare che lo traeva a mezzo busto. Il suo profilo era sulle monete in circolazione, aggiornate dopo il 1939 quando Egli assunse il titolo anche di Re d'Albania e di Imperatore di Etiopia. Ebbe  dei soprannomi popolari: il "Re soldato" per essere stato al fronte durante la I^ guerra mondiale e il  Re "sciaboletta" per via della sua piccola statura. A 100 anni dalla Grande Guerra occorre ricordare che se fu tra i fautori dell'intervento italiano, ebbe anche il merito di decidere che la difesa dell'esercito dopo Caporetto sarebbe stata sul Piave. Gli Alleati avrebbero lasciato tutto il Veneto al suo destino. Educato secondo una rigida disciplina militare, assunse il regno dopo che Suo padre Umberto I°fu assassinato da un anarchico.
Vittorio Emanuele III° 1869/1947
Nel 1908 il Regno affrontò il dramma del terremoto di Messina e Reggio Calabria con 100mila morti. Le cronache dell'epoca raccontano che  la  r
egina Elena si distinse per carità e abnegazione. Ma l'Italia fu spesso in guerra: nel 1911/12 contro l'Impero Ottomano per la Libia, nel 1915 a fianco degli Alleati contro l'Austria-Ungheria. Nel 1922, in fasi tumultuose di disordini e caos, il Re chiese a Luigi Facta, allora capo del Governo : "Ma di questo Mussolini c'è poi da fidarsi?". Pensando di controllarlo e di evitare una rivoluzione interna, aprì le porte alla Dittatura che fu solo in parte stemperata dalla presenza della Monarchia.  Nel 1935/36 ratificò la guerra contro l'Etiopia e nel 1937  l'appoggio in Spagna al Generalissimo Franco. Nel 1938 controfirmò le leggi razziali che il regime aveva emanato dopo l'alleanza con la Germania. Nel 1940, pur incerto, accettò la linea di Mussolini per la guerra a Francia e Gran Bretagna. Quando nel 1943 fu chiara la disfatta militare ed il disastro che stava travolgendo la Monarchia, spinse per la destituzione di Mussolini nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio del '43. Il governo di transizione guidato dal generale Badoglio, doveva trattare la resa e lo sganciamento  dai tedeschi. Niente di ciò accadde e il precipitare degli eventi posero il Re dinanzi ad un bivio. Qui avrebbe potuto riscattarsi. Il giornalista  Indro Montanelli che fu monarchico in gioventù, non gli perdonò di non aver fatto il gesto richiesto ad un Re: quello di affrontare la battaglia e cadere, in difesa di Roma, nelle ore successive all'armistizio. Non furono date disposizioni all'esercito sparso tra Italia,Francia meridionale, Balcani ed Egeo e sappiamo ciò che avvenne.


Poi la rocambolesca partenza da Roma e l'arrivo a Brindisi dove la presenza del Re in quello che venne definito il "regno del sud", mantenne una parvenza di sovranità che consentì una formale continuità politica dello Stato e la cobelligeranza. Un epilogo triste e drammatico. Tra i 650mila soldati prigionieri dei tedeschi, la maggior parte restò fedele al giuramento al Sovrano, scegliendo di non combattere nella Repubblica Sociale di Mussolini. Diversi reparti partigiani si richiamarono alla monarchia, ma fu comunque guerra civile.  Il Re Vittorio Emanuele III°, sostenuto dal governo britannico non venne messo in discussione dai ricostituiti partiti antifascisti, compreso il partito comunista guidato da Palmiro Togliatti, con la guerra in corso.  Ma  nel 1946, dopo aver abdicato a favore del figlio,   il referendum portò alla Repubblica, anche se non fu un plebiscito. Vittorio Emanuele III° morì in esilio ad Alessandria d'Egitto il 28 dicembre 1947. Tutto quel 


tempo ora si racchiude in quella bara . Nelle terre del Piemonte, che ogni tanto ci ricordano episodi scritti da Edmondo De Amicis,  parte di un piccolo mondo antico raccontato da Guido Gozzano, dalle poesie di Giosuè Carducci e dalle parole di Mario Soldati, la modernità si stempera fra terre di vini e di castelli dalle antiche tradizioni militari. Qui  regnò Casa Savoia, che partendo da Chambery valicate le Alpi, trasferì  la capitale a Torino, facendone una grande città moderna europea. Ogni controstoria demolisce i miti ma nel bene e nel male, nella sintesi di emozioni, può esserci posto
Paesaggio a Vicoforte
anche per l'umana pietà  verso la figura di quel
 discusso Re sabaudo, inadatto, ma non fu il solo,  ai tempi tremendi che attraversò. In astratto c'è chi ritiene che la Monarchia avrebbe potuto sopravvivere in Italia trasformandosi sul modello di quelle esistenti nel nord Europa. Occorre ricordare cosa fu il Risorgimento e come avvenne la unificazione dell'Italia per affrontare questo tema.  Il Pantheon di Roma ospita le tombe dei due primi Re d'Italia: Vittorio Emanuele II° ed Umberto I°.  Quel luogo appare precluso a Vittorio Emanuele III° in nome della storia. Tuttavia Egli rappresentò lo Stato e  l'appendice risorgimentale legata al nome "Savoia". Cose oggi poco comprensibili perché il tempo è una livella. Le spoglie riposano ora in Italia 
nel Santuario voluto secoli fa per farne,  sull'esempio dell'Escorial in Spagna, un luogo di sepoltura per i Re dell'antica Casata.  Tra coloro che qui arriveranno in visita alcuni lo faranno per ricordare i torti, altri con dei rimpianti. Alla fine resta il silenzio. E quella scritta sulla bara: Vittorio Emanuele III° - Re d'Italia 1869-1947.

Complesso Monumentale
Interno del Santuario




martedì 28 novembre 2017

GEOMETRIE

GEOMETRIE                      di Gianfranco Vecchiato


Architettura?
Forma: Casa Privata  - Arch.Herzog -de Meuron 

Da qualche tempo osservo un cantiere edile dove si sta costruendo uno strano edificio.  L'area mi è nota perché si trova sul lato di una strada, accanto al parco di una villa storica, nelle vicinanze di giardini pubblici e scolastici e dentro uno spazio verde e alberato, dove questo edificio si è fatto largo tagliando alcuni pioppi e faggi.  E' la conseguenza di uno scambio fra un terreno pubblico e privato. Invece che autorizzare a costruire su un'area verde di fronte ad una Chiesa, rivendicata come privata, il Comune ha proposto uno scambio di zona, per una superficie equivalente su area pubblica, a duecento metri dalla prima. Ora si attendeva che l'esito di tale operazione immobiliare, dopo più di trent'anni di dispute legali, generasse qualità architettonica. Stamani ho visto sulla staccionata di cantiere i disegni di ciò che sorgerà e sono rimasto perplesso. E'  una soggettiva opinione che stimola ad alcune riflessioni.  
New York: Finestre. Foto A.Gaut
Anche tra architetti la pensiamo diversamente.  Ludovico Quaroni sosteneva nelle sue lezioni all'università che la " riconoscibilità delle forme è una condizione irrinunciabile perché il messaggio architettonico venga recepito". Si vedono sempre più di frequente edifici i cui prospetti sono caratterizzati   da grandi quadri di cemento bianchi o colorati che sporgono dalle facciate, delimitando le finestre e creando un effetto  discutibile. Si tratta di uno stile geometrico, che cerca ispirazione  nel razionalismo degli anni'20 e '30 del Novecento. I colori dominanti sono in genere il bianco e il grigio ma a
Finestre: Trade Center's. Foto A. Gaut
volte con innesti di colore diversi. A quale riferimento locale si riconduce tale disegno? A nessuno. Non considera le adiacenze, la villa storica, i contesti. Anche in questo caso, come tante altre volte, gli architetti tendono a celebrare se stessi, con un progetto  indifferente ai luoghi.  Tradizione ed Innovazione non sono parole adatte a commentare quanto sta avvenendo negli studi di architettura medio piccoli, alle prese con i problemi di sopravvivenza quotidiana.   Sono termini troppo impegnativi e culturalmente rilevanti ai quali tali progetti, non ambiscono. Ma fanno tendenza sul mercato, in contesti immobiliari dal  valore commerciale crescente. Scriveva il Metastasio: "E' dell'artista il fin  la meraviglia, chi non sa far stupir vada alla striglia!". Per certi aspetti mi annovero tra
Villa PM-Ragusa Studio Architrend
coloro che si stupiscono e che vanno volentieri a visitare le vecchie case coloniche,  le "arche sacre" della campagna veneta di un tempo, come le descriveva lo scrittore Nino Savarese nel suo viaggio in Italia negli anni'30. 
Rarità sopravvissute alla tempesta dell'urbanizzazione. "Ogni minuto consumati nove metri quadrati di suolo!" Questo è il dato tragico nella sua evidenza,  emerso dalla ricerca della Confcommercio del Veneto, analizzando nel triennio 2012-2015 l'andamento  del consumo di suolo nella regione. E' un tema ambientale ed economico rilevante perché come è stato segnalato, 1 ettaro non urbanizzato trattiene fino a 3,75 milioni di litri d'acqua mentre quello reso impermeabile da costruzioni e strade  ha bisogno di circa 6.500 euro l'anno per la gestione delle reti di
Vienna A.Loos 1911 Looshaus
raccolta delle acque. E fa  sparire terreno fertile che non è sostituibile con altro. L'obiettivo sarebbe quello, più volte annunciato nelle tante assemblee di categoria,  architetti compresi, di fermare il consumo dei territori e rigenerare le città, rivedendo le politiche di insediamenti commerciali e di lottizzazioni  esterne ai centri urbani che hanno spento i centri storici e reso caotico il traffico locale. E in questa rigenerazione gli attori non possono essere solo i progettisti, ciascuno portatore di una singola proposta, né le grandi cooperative, le grandi imprese e nemmeno le Università. E' una nuova e diversa Società fondata su modelli di sviluppo alternativi quella che si imporrebbe.  Ciò non significa essere più poveri ma più autentici. In tale contesto 

Casa rurale in Veneto: Studio PRR architetti
dovremmo aver capito che pur se la progettazione cerca linguaggi diversi,  è con l'armonia del paesaggio e con un insieme di forme unite con la Natura e con le sue regole, che si ritrova la strada per un vivibile futuro.  Se si arriva a Bruges, nelle Fiandre,  una splendida città d'arte, che alterna scenografie naturali e urbane in continua evoluzione, dove da secoli sono le stagioni, i materiali, le forme armoniche, ad esprimere questi concetti, si trovano esempi e lezioni a cielo aperto.  C'è quindi spazio per le geometrie se esse esprimono uno stato dell'animo,
Bruges: rapporti armonici 
una pulsione d'arte come la vedeva Terragni nella sua Casa del Fascio a Como, piuttosto che Mario Botta nelle sue architetture ticinesi o Piacentini a Roma nel Palazzo dell'EUR, o Frank Gery o Boris Podrecca, e via via fino a tanti sconosciuti che si battono per testimoniare che l'architettura è ancora uno strumento sociale oltre che economico.   Accrescere il nostro senso estetico nelle proposte di nuove architetture partendo dai materiali innovativi, dalla ricerca per nuovi abitanti, pone domande anche sul futuro di un pianeta che demograficamente ha Continenti in crescita vertiginosa ed altri, come in Europa, in lenta stasi o decrescita. Tradizione ed Innovazione, sono complementari nei processi altalenanti con cui le società e gli individui si confrontano.

Charlotte(USA) Bechtler Museum of Modern Art
Arch. Mario Botta 
Quando Adolf Loos a Vienna inquietò nel 1911 l'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, completando il suo progetto senza fronzoli barocchi e decorazioni nella Michaelerplatz accanto alla Residenza imperiale, scrisse una piccola pagina di storia. Abbiamo un debito per quell'esperienza. Loos sulla rivista Der Architekt scrisse: "Ne abbiamo abbastanza del genio originale! Ripetiamoci all'infinito! Che un edificio sia simile all'altro!"  Egli pensava ad un linguaggio ampiamente condiviso e ripeteva che "solo chi non inventa arbitrariamente è un architetto-gentlemen"
   

venerdì 24 novembre 2017

BELLEZZA

BELLEZZA                   di Gianfranco Vecchiato


Le sfide dell'uomo hanno quasi sempre come riferimento i propri limiti temporali. Si nasce e si muore. Nell'intervallo fra questi estremi, molte domande restano senza risposta.
Laguna di Venezia (Foto Marco Contessa)
Fin dall'antichità le generazioni in transito hanno cercato e voluto testimoniare la loro esistenza affidando alla memoria incorruttibile, i sentimenti dell'amore e l'estetica della bellezza. Nei Monumenti si prolungano i ricordi oltre la vita umana e con le opere d'arte si gettano nel mare del tempo, dei messaggi per il futuro. Forse qualcuno li raccoglierà.La Bellezza inquieta, intenerisce, esalta, sfugge tra le mani, ritorna come religione nel simbolo di Grazia oltre che come elemento materiale e quindi corruttibile.I rapporti armonici che furono studiati nel campo dell'Arte coinvolsero infine anche oggetti e moblii di uso quotidiano, fino alle scenografie dei giardini e parchi. I territori ostili e impenetrabili vissero poi molti secoli in cui vi fu un legame con gli uomini.
Riflessi sulla laguna di Venezia
Le ultime generazioni hanno perso questo rapporto con la Natura, stravolgendone l'equilibrio ed intaccandone la bellezza. E' entrata in crisi la Cultura  come insegnamento civico e scolastico di massa che è  l'antidoto in grado di formare cittadini consapevoli per una Società che preservi e curi i propri Valori.  Tutto questo ha un costo sociale elevato e lo percepisce chi opera sui territori, architetto o urbanista che sia, ma anche amministrando la vita pubblica. La sostituzione della quantità sulla qualità ha intaccato la bellezza.Essa non è solo un fatto estetico ma il risultato di un equilibrio tra forme e contenuti. Valorizza più l'essere che l'apparire. La caduta del senso estetico porta alla mente una scena di un film italiano degli anni'50: "Un americano a Roma". L'attore Alberto Sordi, interpreta un giovane  perditempo e spaccone, che infine torna a mangiare spaghetti dopo aver tentato di prepararsi una colazione "all'americana" fatta di yogurt, marmellata, salsicce... Quella contaminazione culturale non si è più arrestata, ma la scena del film dà già una risposta. La cucina rappresenta culture e territori in maniera 
A.Sordi: Un americano a Roma
molto forte. Quella italiana ha saputo imporsi nel mondo. Perché non è avvenuto in altri campi? Venezia possiede una variegata bellezza che richiama ogni anno milioni di persone. E' un richiamo irresistibile che vive nel profondo di tutti noi. Così la città è divenuta una vetrina di se stessa corrodendosi nella sua autenticità quotidiana. La cronaca locale ha registrato un episodio che di minore ha solo il nome della località nel quale è avvenuto: Gazzera. E' una frazione piccola del Comune di Venezia,  che un tempo ospitava numerose ville di patrizi veneziani dove in quelle campagne avevano terreni e proprietà che diventavano in estate luoghi di villeggiatura. Tra le antiche Ville rimaste, da 60 anni un condominio costruito a ridosso di una barchessa del settecento, grida vendetta al cospetto dell'intera
Venezia e le dolomiti (foto M.Contessa)
comunità. Occorre quindi demolire il condominio e riportare ad integrità l'intero complesso settecentesco, formato da oratorio, Villa principale, barchessa. La delibera di indirizzo che avevo
Venezia basilica della Salute e il teleobiettivo
sulle dolomiti. (Foto M.Contessa)
predisposto 8 anni fa, quando fui assessore all'urbanistica è stata negli scorsi giorni cancellata dal Consiglio Comunale per motivi economici. Il rischio è che il condominio di 12 alloggi resti in piedi per ancora chissà quanto tempo, se non per sempre. L'Opinione Pubblica si è divisa pur cogliendo il fatto grave di un risarcimento collettivo fin qui mancato. Non mi stancherò di battermi senza timori, perché l'obiettivo della demolizione venga infine realizzato. Ci sono esempi in tutti i Paesi di recuperi e di ricomposizioni urbane e architettoniche  ma in Italia questo dovrebbe valere ancor più per l'eredità culturale e le radici che segnano le nostre strade, i nostri ricordi, la nostra etica. Non è quindi solo una questione politica ma di rispetto per la Storia. Si tratta anche in questo caso di un fatto morale che lo scrittore Fedor Dostoevskij aveva così descritto: " l'umanità può vivere senza la scienza, senza pane ma non senza la bellezza perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo". Un messaggio di due secoli fa che ci appare oggi quanto mai profetico.

Rendering del recupero barchessa di Gazzera
Metafora culturale tra passato e presente







martedì 7 novembre 2017

NEOM

NEOM                   di Gianfranco Vecchiato



NEOM: città-territorio futura in Arabia Saudita
Il Futuro spaventa o fa sognare. Un utopista come l'architetto Antonio Sant'Elia, non lo temeva, forse presagendo che lo avrebbe presto incontrato dove morì in combattimento nella prima guerra mondiale. Progettava città del futuro Sant'Elia che ora potrebbero diventare realtà. Nella concezione spazio temporale dove si avvicendano e si trasformano in ogni istante le condizioni della materia,  la filosofia è entrata per prima come un cuneo tra le diverse dimensioni , per capire i confini tra i saperi e l'ignoto. Dominare il futuro non è possibile ma si può condizionarlo in parte attraverso il presente. Se questo è vero in particolare per la politica e  per l'economia,  la tecnologia ha innescato una espansione di effetti che appaiono sempre più senza un
Antonio Sant'Elia
forte controllo etico.  Tra le organizzazioni più complesse costruite dall'uomo, vi sono le città che oggi competono fra loro avendo dinanzi i problemi giganteschi dell'aumento della popolazione, del consumo e dell'uso di risorse ambientali, delle dinamiche tra geopolitiche senza confini.  Ha fatto scalpore in queste settimane la notizia  del progetto di una nuova città-territorio  in Arabia Saudita dove, ai margini del Mar Rosso, verrà costruita Neom,  fissando nell'anno  2030 un  primo traguardo operativo. Essa dovrà essere una città altamente tecnologica, alimentata da impianti solari ed eolici, dotata dei più sofisticati ed avanzati contributi nel campo della ingegneria e della architettura, concepita nella gigantesca dimensione territoriale di 26mila kmq, (30 volte il territorio di Roma), dove i trasporti, le

comunicazioni, gli spazi di relazione, la qualità della vita, dovrebbero essere i più avanzati al mondo. Lo Stato Arabo ha garantito  investimenti per circa 500 miliardi di dollari al fine di trasferire le enormi riserve economiche derivanti dalla vendita del petrolio ad un nuovo sistema economico articolato che dovrebbe modificare anche la vita sociale e politica del Paese. Questa è una enorme scommessa. Oggi questa Monarchia ereditaria è ancorata nel rigido connubio fra Religione e Leggi,  lontana dalla parità di genere e da standard di democrazia così come concepiti in occidente. Quale città sarà quindi Neom, attorno alla quale già si sono precipitati imprenditori da tutto il mondo per entrare in un gigantesco affare economico, senza confronti nel panorama internazionale? In Cina dove si erano già fatte le esperienze di investimenti per decine di nuove realtà urbane, i risultati sono oggetto di una riflessione e di una analisi critica. In Europa abbiamo avuto  esperienze fin dal XVIII°/XIX* secolo di nuove città. Su tali presupposti sono nate teorie politiche e sociali, con la storia dei territori e delle città, mescolate fra stratificazioni impresse dalla cultura dei luoghi e dall'impronta del tempo. Le sfide urbanistiche  portano con sé, travolte o dimenticate, le analisi del Novecento. Tutte le varianti del Socialismo apparse nell'ultimo secolo e che avevano l'obiettivo di  conseguire libertà ed eguaglianza per tutti, si sono gradualmente spostate sul piano diretto e controllato della finanza dove la tecnologia è utilizzata per allargare la uniformità di pensiero e quindi spingere spesso verso una certa falsificazione della storia.
Herbert Marcuse, scomparso nel 1979, scrisse nel 1964 un saggio che ebbe grande popolarità, intitolato "L'Uomo a una dimensione" dove si analizzavano le distorsioni nelle società industriali, tra potere e democrazia. Queste appaiono ancora attuali e ci spiegano che senza analisi non si sorregge alcun impianto culturale e politico, perché la tecnologia è uno strumento non sufficiente per governare la qualità dei comportamenti collettivi. Georg Simmel (Berlino 1858/ Strasburgo 1918), che fu uno storico e pioniere nella sociologia , scrisse nel 1900 "La Filosofia del denaro e nel 1918 "Il conflitto della cultura moderna". Ad un secolo di distanza l'attualità di tali concetti è sorprendente. E ci
confermano come teoria e prassi, anche in architettura ed urbanistica, sorreggano un articolato e profondo sistema di rapporti individuali e collettivi.  Secondo Simmel la vita è un fluire incessante che produce forme in continua tensione. La vita " è la lava del vulcani che, emergendo dalle profondità, si raffredda e si rapprende con forme sempre diverse generatrici di nuove emozioni. La tensione continua tra contenuto e forme produce il cambiamento culturale". Sui territori dove più sono presenti le generatrici dei rapporti sociali ed economici, la tecnologia si è sviluppata grandemente ma le idee e le emozioni sono spesso chiuse nel recinto perché fanno paura. Progettare città significa ospitare uomini liberi e l'architettura quando è vera, è un inno alla libertà. 

giovedì 5 ottobre 2017

TEMPUS FUGIT

TEMPUS FUGIT                di Gianfranco Vecchiato

Notte del 24 ottobre 1917.      Sono passati
Antonio Canova e l'orrore della guerra Possagno 2015
100 anni ma il ricordo di cosa accadde allora è rimasto indelebile nella storia d'Italia. Sul fronte dell'Alto Isonzo, nella zona di Caporetto, un potente concentramento di artiglierie aprì alle due di notte un fuoco incessante e tremendo, in appoggio alle truppe austro tedesche,  su tutte le prime linee italiane, cogliendo ed annientando nel sonno con il lancio di proiettili a gas asfissianti migliaia di uomini. I gas penetrarono anche tra i filtri delle maschere in dotazione ai soldati. Di seguito vi fu una rapida azione di reparti scelti che imboccarono la strada tra le valli del Natisone, giungendo alle spalle delle
la vallata di Caporetto
prime linee e sorprendendo le retrovie italiane. Fu il caos e la sorpresa portò al crollo di un settore del fronte che dal 1915 era rimasto quasi stabile ma sempre oltre la vecchia frontiera tra le pendici  di Tolmino e la catena montuosa del Colovrat. La battaglia coinvolse tra le due parti oltre 600mila soldati. La resa della Russia aveva consentito di trasferire sul fronte italiano molte nuove divisioni tedesche, comandate dal generale Otto Von Below.  Il fronte italiano arretrò di oltre cento  chilometri, ma non si sfaldò. Erwin Rommel che comandava le truppe scelte nell'attacco scrisse nelle sue memorie che gli italiani avevano ottimi soldati, mediocri ufficiali e pessimi generali. La battaglia coinvolse nella fuga la popolazione civile, quasi un milione di persone, fece perdere grandi quantità di salmerie e di materiale bellico, 265mila uomini caddero prigionieri mentre altri  combattendo con valore rallentarono l'avanzata del nemico. Il morale della Nazione fu scosso ma non si piegò. Al comando dell'esercito il generale Luigi Cadorna fu sostituito da Armando Diaz, 

che fu poi il generale della vittoria.  Molti reparti italiani si ritirarono in buon ordine, come la IV Armata comandata dal Duca d'Aosta. E' un ricordo lontano quel 1917, carico di dolori, di sacrifici, di eroismi, di amor di Patria, di paure e di violenze, di drammi e di rovine. Dal Montello fino al mare,  si  riorganizzò l'esercito anche con le riserve dei ragazzi nati nel 1899, i diciottenni. Il 19 novembre quella spinta offensiva si fermò sull'argine del fiume Piave e il fronte sarebbe rimasto inchiodato ed impenetrabile fino all'anno successivo quando per le vicende della storia, il destino si capovolse e gli occupanti furono sconfitti con lo sgretolarsi del vecchio Impero Asburgico.

Il regista Davide Ferrario ha fatto un film documentario su quegli avvenimenti, attraversando fatti geografici e storici che da quell'epoca giungono ai nostri giorni.  Il filo conduttore è quello della rivincita dopo una sconfitta. Fatti che riguardano spesso anche
reparti tedeschi in marcia in val d'Isonzo
le singole vicende personali. I
 ricordi di quella lontana tragedia, a cui ne seguirono altre solo vent'anni dopo,  servono per allargare i pensieri sul senso del tempo. Tutto ritorna in mano agli storici, spente le passioni, scomparsi i protagonisti, il significato che noi diamo alla vita umana si rivela a volte come un enigma. Il velo della memoria ci aiuta a non soffrire troppo ed a ricominciare ogni giorno a sperare che andare verso il futuro riservi alla Umanità la sorpresa di un  traguardo.  La cittadina di Caporetto si trova in Slovenia a poca distanza dall'odierno confine italiano. Un cimitero monumentale degli anni '30, raccoglie 7014 soldati italiani e un piccolo Museo locale è meta di turisti di passaggio. Niente altro richiama quel passato. Tutto intorno la Natura è tornata sovrana.
I "ragazzi del '99"
"Tempus fugit" quindi,  come pensavano gli antichi che ammonivano sulla inutilità di prevedere il futuro mentre la vita andrebbe vissuta come un insieme di giorni ultimi. Ci sono luoghi nella Memoria degli uomini che  assomigliano a una "Caporetto" personale. Occorre sapere che in quell'andare e venire, nel nascere e nel morire quotidiano, c'è dentro il ricordo di tanti altri giorni e di tanti altri pensieri scomparsi. Quando l'Europa delle Patrie sembra risvegliarsi con i suoi fantasmi e i
suoi crescenti nazionalismi, questo avviene perché si è affievolito il pensiero di una Comunità di popoli liberi nelle visioni e uniti  nei progetti sul futuro.  La crisi del presente si supera anche ricordando i lutti visti con l'occhio dell'antico avversario, salendo la dura strada dove riunire tutte le bandiere, oltre i fanatismi e le paure. Attorno a quelle bandiere occorre vi siano  opere e valori espressi con le opere d'Arte, dalla Musica all'Architettura. Esse possono aiutare perché si nutrono di pensieri eterni e quindi immortali. 
Tempus Fugit
Se l'oblio li nasconde per qualche generazione, tornano poi accanto a noi  per confortare con la Memoria il segno della Bellezza eterna. Quella che pur sconosciuta, avvolge ciascuno nell'attimo estremo della morte. Per il direttore d'orchestra Daniel Baremboim "ogni grande opera d'Arte ha due facce. Una per il proprio tempo e una per il futuro, per l'eternità".  E'
 questo il confronto  a cui tende ogni forma d'Arte,  che non Fugge dal Tempo ma gli dà senso e pace.  


1917: da Caporetto al Piave 
Italiani in ripiegamento verso il Piave







lunedì 28 agosto 2017

BELLA ITALIA

BELLA ITALIA                        di  Gianfranco Vecchiato

Vincenzo Monti 1754/1828
L' antica Fattoria Medicea
"Bella Italia, amate sponde, pur vi torno a riveder... il giardino di natura, nò pei barbari non è..." Correva l'anno 1801 quando  il poeta e drammaturgo Vincenzo Monti sospinto dalla visione di una nuova Italia  allora occupata e divisa, scrisse  parole ispirate alle bellezze della Penisola che agli inizi del XIX° secolo Stendhal ed altri definirono come il "Giardino d'Europa". Attraversando regioni e città del "Belpaese" si colgono ancora varietà e caratteristiche straordinarie ma anche gravi sfregi al suo Paesaggio sia naturale che urbano.  Questa terra fragile, giovane e in movimento, affonda le sue radici in vulcani attivi, dall'Etna, allo Stromboli, al Vesuvio. Le sue straordinarie qualità vennero descritte nel 1871, a dieci anni dall'unità 
Prato : Parco urbano attorno alle cascine
nazionale, da
Veduta rinascimentale di Prato
Antonio Stoppani, abate, paleontologo e geologo, nel suo "Trattato sulle bellezze geologiche italiane". Un testo  che conobbe all'epoca un grande successo e che andrebbe ristampato e riletto per capire quanto è andato perduto o gravemente alterato , nei 150 anni che ci separano da allora. Il Ministero per i Beni Culturali Italiani, nel suo catalogo generale,  in continuo aggiornamento, ha fin qui suddiviso in oltre 2.600.000 schede, i monumenti, le collezioni, le raccolte. gli oggetti di interesse storico e artistico, reperti e siti  archeologici, beni scientifici e naturalistici. Si ritiene da ricerche universitarie e da altre fonti che tale elenco potrebbe nel tempo quadruplicarsi.

Parco alle  cascine a Prato
Nel territorio italiano, in oltre tremila anni   di civiltà e  di rapporti, si sono stratificati dei patrimoni artistici e culturali, più volte depredati nella storia.
Rovine della Fattoria
Le Fattorie qualche anno fa
Nonostante le periodiche devastazioni che la Natura, le guerre e le razzie, hanno causato nel tempo  molte testimonianze, dai Camuni agli Etruschi e  dalla Magnagrecia fino alla civiltà  romana, restano ancora nascoste sotto al nostro suolo. Molto di quello che si vede invece in superficie, a causa della incuria e del malcostume delle ultime
 generazioni, lotta quotidianamente per la sopravvivenza. Tra cambiamenti, avanzamenti ed arretramenti, il territorio è stato intaccato, con l'espandersi di modelli economici e produttivi insensibili ai valori  architettonici e artistici,  alla nostra geografia e al paesaggio. L'abusivismo edilizio è una piaga nazionale che l'Istituto di Statistica (ISTAT) ha stimato in  un quinto del patrimonio edilizio italiano.
Viale alberato che porta alla Fattoria
Si tratta di milioni di abitazioni che sfuggono alla disciplina urbanistica, non danno garanzie di qualità statica, di qualità architettonica, ed evadono i contributi fiscali e le leggi. Si conta sulla tolleranza e sui condoni più o meno mascherati. E sul fatto che i Comuni hanno bisogno di risorse finanziarie e quindi con qualche sanzione, anziché procedere alle demolizioni,  aggiustano le cose.  Si è stimato che nel sud Italia risultino illegali quasi 60 fabbricati su ogni 100 costruiti. Un fenomeno abnorme che non si è fermato nemmeno negli anni di crisi dell'edilizia e che viene fatto non solo per necessità, ma anche per riciclare proventi illeciti e per connivenze con settori del potere politico ed amministrativo. Poi la rigidità burocratica ed interpretativa data dalla inestricabile quantità di leggi nazionali, sommata a quella delle Regioni e dei Comuni, a cui si aggiungono sentenze dei Tribunali amministrativi e del Consiglio
Com'erano le Fattorie
di Stato, se non frena quasi niente a chi vuole delinquere,  rende invece la vita impossibile agli onesti cittadini ed ai professionisti che operano nel settore edilizio. In questa situazione, i terremoti hanno messo duramente in evidenza che  il tessuto edilizio, anche quando è regolare, costruito da secoli nel cuore di tanti antichi centri urbani, avrebbe bisogno di una radicale messa in sicurezza, con le tecniche avanzate di restauro antisismico.  In queste complessità, si annidano le perdite di molti paesaggi naturali ed urbani, dato che oltre il 60% degli edifici italiani, è stato costruito dopo il 1945.  Ma vi sono altri episodi che lasciano sgomenti. Un esempio viene da Prato. Città toscana antica e ricca di contrasti.  Nel suo Comune si trova  la Fattoria Medicea, voluta da Lorenzo il Magnifico, Signore di
Le Fattorie al fermo lavori 2006
Firenze, inaugurata nel 1477 e successivamente  ampliata sotto i Lorena. Circondata da una vastissima area  naturalistica,  sorse questa eccezionale invenzione  produttiva all'avanguardia e con le qualità artistiche proprie del Rinascimento. Vi si produceva miele e seta, vi si allevavano animali come i daini bianchi e i pavoni, fu qui che sorse la prima risaia in Europa. Le Cascine e la Fattoria di Tavola, alla periferia di Prato, sono state in parte cedute un secolo fa ai privati  ma molti ettari sono stati acquisiti dal Comune negli anni '80 e aperti alla cittadinanza nel 1996. Essi  hanno quindi un grande valore ambientale. Purtroppo il complesso storico  della fattoria è oggi in completa rovina

Prato: Palazzo Pretorio
in conseguenza di operazioni immobiliari fallimentari. Sopravvissute ed utilizzate dai Granduchi di Toscana, dopo che  i territori entrarono a far parte del Regno d'Italia, persero le funzioni. In tempi recenti erano ancora integre ma acquistate da una società immobiliare furono oggetto di un progetto per
Fattorie in rovina
trasformarle in un resort con 150 stanze. Diverse vicende e ricorsi fermarono i lavori. La Società fallì ma non prima di aver messo mano alle coperture, scoperchiandole e favorendo così una accelerata rovina.  In attesa di un nuovo proprietario privato sono ridotte a dei ruderi che posti all'asta non hanno fin qui trovato compratori. Dal valore di 6 milioni iniziali le aste sono scese fino a 2,6 milioni ma continuano ad andare deserte. Primo o poi verranno acquisite. L'investimento che si prospetta ad un futuro acquirente per il loro restauro è stimato in almeno 25 milioni di euro ma a tutto questo non si doveva arrivare. Il sequestro dei beni, le inchieste e i ricorsi, hanno  lasciato al tempo ed alla vegetazione il compito di distruggerle lentamente. Il complesso storico residuo ha una superficie di  oltre 11mila mq che comprendono la cascina, il magazzino dei risi e tinaia, il mulino, il
Fattorie in rovina
brillatoio, le scuderie dello stallone ed un appezzamento di 10 ettari. La fattoria che fu un modello nella produzione agricola, ed oggetto di studio e di scuola da parte di sovrani stranieri,  

è in questo stato. Nel visitare quel posto peraltro inaccessibile, ho provato molta malinconia e anche incredulità che un investitore intelligente non si sia fatto ancora avanti. I fabbricati sono  dentro uno splendido enorme spazio verde ad uso pubblico, e ad un campo di golf. Qui sono inevitabili i contrasti. Una città operosa che non ha protetto e salvato, se non poteva acquisirlo, questo bene raro e straordinario, lascia pensare.  E' sperabile che l'attenzione delle Associazioni, della Opinione pubblica locale e dell'Amministrazione cittadina, trovino sulla strada il risanamento e il recupero. Si tratta di un fatto simbolico ma significativo non solo per Prato ma per tutta Italia.  Prato è  città capitale del manifatturiero italiano e  ha ancora un ruolo di primo piano nella produzione dei tessuti. Ospita la più grande comunità cinese d'Italia, in continua crescita. I circa 60mila  cinesi hanno assunto un ruolo economico e sociale che ha modificato anche il tessuto culturale e civico della città.
Centinaia di Capannoni, di case, di negozi, portano sulle strade insegne bilingui: cinese ed italiano. E' una Comunità operosa ma ancora chiusa al proprio interno e diversi episodi di cronaca hanno rivelato che tra quei capannoni ci sono casi di sfruttamento lavorativo clandestino.  Anziché procedere come una città nella città saldandosi in progetti comuni, anch'essi dovrebbero sentirsi parte di quel territorio  ed aiutare fra l'altro una soluzione sull'uso della Fattoria. Essi d'altronde, frequentano numerosi l'adiacente parco cittadino. Prato è città aperta e multiculturale. L'episodio della Fattoria Medicea ha innescato molti dibattiti in città. Diversi aspetti si sono riflessi su una urbanistica caotica della periferia, che  qui come altrove, nel dopoguerra crebbe a dismisura con l'afflusso di migliaia di immigrati dal sud Italia a cui si rispose anche con l'abusivismo edilizio di emergenza. Il contrasto tra la bellezza fragile e gentile del cuore antico della città, ricca di tradizioni e di storia e la contemporaneità, ha molte facce. Occorre spingere, sostenere e proporre ciò che aiuta a preservare i tanti Beni perduti nel nostro Paese.
E' necessario prendere atto che i "barbari" che non dovevano e potevano essere i destinatari  del "giardino italiano" , secondo i versi della poesia di Vincenzo Monti, non vengono da lontano. Siamo in gran parte noi stessi, i posteri di tanta grandezza, i nuovi barbari.   Solo divenendo consapevoli e responsabili, possiamo sperare in una lenta guarigione. Ai pratesi come architetto, va il sostegno e l'augurio che dai contrasti, emerga il "Bello", riproponendo un restauro all'altezza della qualità della Storia della città.