venerdì 31 dicembre 2021

LINEE DI CONFINE

LINEE DI CONFINE     di  Gianfranco Vecchiato

Esiste una geografia politica ed una geografia dello spirito. Ed è a quest'ultima che restò fedele in vita Dante Alighieri che morì a Ravenna il 14 settembre del 1321 all'età di 56 anni. Esiliato dalla Sua città rimase sempre un fiorentino tenace ed un poeta universale.  Al "Sommo Poeta" e ad altri grandi artisti di quei secoli gli storici sono concordi nel riconoscere di aver formato con la poesia. la letteratura,  le Arti, una comune consapevole coscienza nazionale. Da essa germogliò la pianta della civiltà italiana. Fu una appartenenza di spiriti riuniti dalla Cultura anche popolare e radicati nella varietà dei Paesaggi lungo la Penisola. Questo  precedette di secoli la coscienza politica e la nozione di Stato unitario che raccolse genti sparse ma unite dall'antica civiltà romana. 
F. Borromini scala di Palazzo Barberini Roma
Prima dei confini geografici furono i perimetri interiori  ad essere forgiati dai caratteri e dalle tradizioni.  Noi contemporanei dovremmo preservare alcuni di quei segni distintivi che da tempo sono sottoposti alle omologazioni dell'urbanesimo deviato dai ritmi ossessivi proposti da modelli di mercato sostenuti dai  consumi. Ci sono fattori comunitari che se hanno in parte positivamente dissolto alcuni perimetri geografici e politici hanno anche trovato resistenza tra le identità e le storie dei popoli. L'Italia ha una forma geografica simile ad uno stivale e questo la rende originale e riconoscibile  sul pianeta. Lunga circa 1300 km e prevalentemente montuosa, la Penisola è delimitata
Vincenzo Vela (1820/1891):
scultura a Giuseppe Garibaldi

a nord dal versante delle Alpi meridionali da dove nascono i fiumi che scendono nella valle del Po verso l'Adriatico o verso il mar Ligure. La spina dorsale è costruita dagli Appennini. Lungo le Alpi il confine politico non combacia pienamente  con il confine geografico. Dei 322mila Kmq che la costituiscono, circa 20mila kmq sono fuori dai suoi attuali confini politici mentre circa 737 Kmq sono interni allo Stato ma  non farebbero parte dei suoi confini geografici. E' la storia che li ha così fissati. Ma quei territori dove la Cultura italiana è presente con l'architettura, la pittura, la lingua, le tradizioni, sono parte di noi. Parliamo della penisola istriana, per secoli modellata dalla Repubblica di Venezia specie lungo le coste, a Pirano, Capodistria, Rovigno, Parenzo, Pola, Albona, Fiume, isole. Chiese, case, tradizioni, dialetti che il tempo e la storia hanno quasi consumato ma che restano testimoni di radicate identità. La cultura italiana è presente nel Canton Ticino, da dove provennero schiere di artisti e scalpellini che marcarono palazzi, città, monumenti.  
la veneziana Rovigno - Rovinj
Tra i più noti l'architetto Domenico Fontana,  Francesco Borromini e schiere di scultori fino a Vincenzo Vela grande ammiratore di Giuseppe Garibaldi, apostolo dell'unità nazionale. Una Mostra  che qualche anno fa raccolse in Ticino personalità che dal 18° secolo al 1900 sono giunte in quella regione per un tratto della loro vita, portava il titolo: " I personaggi illustri - la geografia dello spirito". E quella geografia dello spirito è presente anche in Corsica, per secoli culturalmente legata alla Toscana, alla Liguria ed a Roma, dove i còrsi hanno la loro Basilica quella di San Crisogono, una tra le più vecchie chiese della capitale, nel quartiere di Trastevere. Una radice culturale che lega anche l'area provenzale attorno a Nizza, città natale di Giuseppe Garibaldi. La cultura italiana è stata per secoli dominante lungo molte città costiere della Dalmazia e anche in altre zone del Mediterraneo. Nel riflettere su queste cose non vi sono spazi per revanscismi su fatti della storia che hanno fissato nel continente europeo i confini attuali. 
Corsi a Roma : festa de Noantri Trastevere
Ma essere portatori della propria cultura, difenderla e testimoniarla è utile alla comprensione comune. Se nel campo dell'arte il filosofo e matematico greco Eratostene sosteneva  23 secoli fa che  " il sensibile è in rapporto a ciò che si può comprendere nello stesso modo in cui l'opinione lo è alla scienza",  significa che è sempre necessario trovare un equilibrio fra intelligenze e sensibilità. Questo è l'equilibrio che  la Cultura cerca quando spezza una linea di confine, quando unisce e non divide, o trasforma e migliora i contesti in cui si radica. Essa reagisce a ciò che offende la dignità e la coscienza. Non impone ma propone un dialogo tra diversi pensieri, componendo  diritti e
doveri. Non ci sono culture superiori ma solo diverse. Tutte necessarie alle storie del mondo e degli uomini. Un istituto come la Società Dante Alighieri fondata nel 1889 da alcuni intellettuali tra i quali Giosuè Carducci,  persegue con i suoi 401 comitati l'obiettivo di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo. Si richiama a Dante Alighieri perchè rappresenta anche la storia  di un uomo, che si racconta, smarrito, perduto nella foresta della vita, senza patria, senza beni, e che sa rinascere dopo un lungo percorso travagliato, sorretto dalla Fede. Dante lancia questa speranza al futuro affidando un  messaggio universale dove la cultura e la lingua italiana hanno viaggiato nel mare tempestoso attraverso i secoli, sopra a tutte le linee di confine. Testimone fiero della nostra terra ma anche della universale storia umana. Così nel tumulto delle migrazioni, nella crisi che la denatalità  prospetta al futuro del nostro Paese è importante che permangano i tanti valori trasmessi dalla Cultura italiana come  fertile testimonianza di progresso fra le genti.

Chiesa dei Còrsi a Roma: S. Crisogono (IV°sec)

Pola - Anfiteatro romano


sabato 18 dicembre 2021

LA STORIA SIAMO NOI

LA STORIA SIAMO NOI  di  Gianfranco Vecchiato

U
n tempo abitava vicino a casa mia un Maestro elementare. Lo ricordo anziano, camminare con passo lento, il cappello in testa, l'aria severa, l'animo tormentato da un lutto lontano. Il figlio maggiore gli era morto in guerra, durante la Campagna di Grecia nel 1941. E così la vita di quella famiglia era cambiata. La casa dove abitava aveva un giardino posteriore con degli alberi da frutto. Nei giorni di sole i giardini del vicinato si riempivano di biancherie colorate stese ad asciugare. I negozi del quartiere erano luoghi di incontro e di scambio e la vita sociale si animava di semplicità comuni. Non era un mondo ideale ma pareva aver trovato degli equilibri fra i bisogni materiali e alcuni valori morali. Poi lo sviluppo urbano alimentando demolizioni, ricostruzioni, cantieri, nuovi residenti,  inghiottì uno alla volta i giardini facendo crescere nuove case e disegnando altre
prospettive. Occorreva ripensare nuovi spazi di relazione per altre generazioni ma si crearono periferie urbane anonime.  Fu solo questione di tempo e da lì a qualche anno anche il vecchio Maestro un giorno traslocò perchè la sua casa fu demolita e l'area si trasformò in un cantiere. Morì qualche mese dopo in un appartamento duecento metri più in là. Le tappe della vita sono costellate da passaggi e da cambiamenti che legano diversi racconti con la memoria dei singoli. L'architettura e l'urbanistica sono protagoniste  di questi processi ma non guidano i rapporti con le storie individuali che esse ripropongono e riprogettano a tavolino, attraverso i piani. Francesco De Gregori autore della canzone
"La storia siamo noi" ha scritto:  "Siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo. La storia entra dentro le stanze e dà torto e dà ragione. Nessuno la può fermare, non ha nascondigli, non passa la mano, siamo noi questo piatto di grano..." Ogni finestra si affaccia su un mondo che non dà risposte ma  pone invece domande. Vorrei osservare tre aspetti. La prima riflessione è sul presente che vince sul passato nella scienza e nelle tecnologie. Questi progressi se usati con intelligenza, trasformano in meglio la qualità della vita di moltitudini di persone.  La seconda è sui rapporti umani, minati dalla perdita diffusa di identità, un collante sociale importante che tiene fra loro insieme le generazioni.  La terza è la questione ambientale, una grave emergenza per il pianeta. La struttura politica e le filosofie dei popoli dovranno ricomporre e connettersi fra loro, cercando di tenere insieme questi tre aspetti. Quale posto avrà in questo processo l'architettura? Si può sperare che  lo possa avere
da protagonista ma se sarà complementare o forse addirittura strumentale ai modelli economici di mercato, perderà significato e ruolo. Il quotidiano finanziario "Il Sole 24 Ore", pubblica ogni anno una classifica sulla qualità della vita tra i 107 capoluoghi di provincia italiane.  Novanta indicatori e sei grandi categorie tematiche, incrociano una serie di variabili. Le aree sono:  1)Ricchezza e Consumi 2) Affari e Lavoro 3)Demografia, Società e Salute 4) Ambiente e Servizi 5) Giustizia e Sicurezza 6) Cultura e Tempo Libero.  Quest'anno al primo posto si è collocata Trieste. Il primato la città lo ha nel settore cultura, in quello degli affari e lavoro, in ambiente e servizi. E' stata la caduta delle frontiere a rilanciare Trieste che aveva perduto il suo hinterland  nel dopoguerra. La sua collocazione strategica premia una qualità della vita dove la storia si mescola con quella della sua gente.
Ma è così anche altrove. A quella graduatoria aggiungerei un dato non facilmente identificabile ed è quello che se "la storia siamo noi",  sono i nostri rapporti che modellano i luoghi, gli ambienti e le stesse città. Occorre quindi dare valore ai rapporti umani perchè da essi proviene il senso quotidiano di ogni paesaggio e di ogni architettura. D'altra parte proprio Trieste dimostra quasi in maniera metaforica, con lo spirare dei venti di "bora" che ogni tanto l'attraversano, che c'è forza in ciò che non si vede. Iniziando  a ricostruire un tessuto sociale partendo dai rapporti interpersonali, si costruisce un'altra urbanistica, un mondo di relazioni, una solida strada sulla quale porsi in cammino. Tornano le antiche teorie sociali dei primi decenni dell'ottocento, quando il mondo non giungeva al miliardo di persone mentre oggi siamo quasi 8 volte tanto. Sono miliardi di storie da raccontare in un affresco dove rilanciare una idea di sviluppo, di fantasia, di creatività, di relazioni, seguendo la solidarietà e la giustizia sociale. Teorie ed illusioni non tramontate. E' da quel periodo che nacque una idea nuova, moderna e diversa di architettura, non fatta per privilegiati ma per uguali nei diritti e nei doveri. Questa storia è ancora e forse sempre sarà, tutta da scrivere. 




venerdì 29 ottobre 2021

MANO APERTA

LA MAIN OUVERTE              di Gianfranco Vecchiato

La Main Ouverte (Le Corbusier 1952)
La "Main  Ouverte" disegnata nel 1950 da Le Corbusier e divenuta nel 1952 un monumento alto 26 metri collocato nella città di Chandigarh in India da Lui progettata,  è una immagine simbolica dal forte valore universale. Talmente forte che è  stata a lungo una icona dell'architettura del Novecento e delle idee sociali del celebre architetto.  L'Autore la volle così descrivere:  "Questo segno della mano aperta per ricevere ricchezze create, per distribuirle ai popoli del mondo, deve essere il segno della nostra epoca". 
Le Corbusier (1887/1965)
Il Modulor
E' un messaggio politico di eterna attualità che si rivela quando si discute di vera architettura,  perchè affianca e propone grandi ideali. Anche il simbolo del "Modulor"  ideato da Le Corbusier come una scala dimensionale per le proporzioni umane da considerare nel progetto degli ambienti e degli arredi, conteneva analoghe finalità sociali: seguire l'Uomo nelle sue funzioni secondo i bisogni e l'età evolutiva. Un richiamo all'Uomo Vitruviano disegnato da Leonardo da Vinci dove il rapporto tra geometria e forma è affrontato controllando i rapporti a grande scala tra architettura e territori. Gli obiettivi dell'architettura moderna, secondo queste teorie,  si fondavano su fattori semplici ma  fondamentali : l'utilità, i materiali e il sistema costruttivo, l'estetica nella sua interezza, i rapporti con l'ambiente. Concetti già in passato affrontati nel nostro Rinascimento ma che mutarono con la creazione di grandi città moderne e con la mobilità individuale e collettiva dei trasporti. Teorie che hanno a lungo nutrito le scuole di architettura come dottrine laiche non eludibili. Questo bagaglio culturale è rimasto ma col tempo molto è andato perduto. 
I valori labili 
Adolf Loos (1870/1933)
mettono sotto esame le coscienze e risvegliano lo spirito critico. Adolf Loos (1870/1933 fu un antesignano del Movimento Moderno ma non appartenne alla cerchia di Le Corbusier. In quel circolo di modernisti lo ritenevano ambiguo col passato. Eppure Loos produsse rotture clamorose con le  tradizioni accademiche e anche Le Corbusier utilizzò alcune sue  idee come quelle del "Raumplan" sul piano delle strutture spaziali, le coperure a terrazza e i volumi sfalsati su più dislivelli. La casa Scheu sorta a Vienna tra il 1910 e il 1913 è
Pianta urbana di Chandigarh
ancora oggetto di studio ma oggi sarebbe irrealizzabile secondo i parametri di rispetto energetico in vigore.  I compiti che sono stati affidati alla  tecnologia stanno prevalendo  sulle forme dell'architettura e le condizionano.  Il Destino si muove sotto l'oscillare dei contrasti.  Il passato, anche più lontano, sta dentro al presente e gli orizzonti divengono sempre più vicini, con la Natura che non trova pace, scossa da troppe variabili imposte al Pianeta: consumo incontrollato delle risorse naturali, danni vasti e irreversibili all'ambiente, inurbamenti giganteschi, dottrine politiche inadeguate rispetto ai processi in atto,  economie da ripensare, esplosione demografica in vaste aree geografiche e assenza di un governo universale. L'Arte è un concetto fragile che si rivela per rispondere a moti dell'anima interiore
A.Loos - villa Winternitz Praga
in dialogo con quella esteriore. Nuovi materiali sono oggi a disposizione:  pannelli fotovoltaici capaci di accumulare energia e di trasferirla ai bisogni collettivi, elettronica in grado di governare in modo intelligente le funzioni di un edificio: riscaldamento, illuminazione, sicurezza, qualità dell'aria e dell'acqua, seguendo le età evolutive e le patologie che possono colpire in diversi momenti della vita. Le abitazioni devono essere adattabili, strutturate con sistemi di automazione privata,  i trasporti elettrici, le comunicazioni  veloci ed intelligenti consentono di lavorare da casa, di ricevere merci con ordini on-line,  sviluppano sinergie con l'ambiente circostante e possono
migliorare i servizi a scala urbana e continentale. Tutto ciò sarebbe apprezzato da Le Corbusier che aveva parzialmente intuito e anche temuto quasi un secolo fa  l'evoluzione dell'urbanesimo sui territori.  Alcune variabili cambiando le scelte, modificano i percorsi e introducono nuove domande. Il Modulor  non ha retto nei progetti a  larga scala per la costruzione delle nuove città, non è stato amato dai progettisti e nemmeno dai costruttori. La "main ouverte" invece si rivela ancora fondamentale nel nostro tempo e per il futuro.  E' una mano  che duemila anni fu trafitta sulla Croce, ed è quella che ancora rivela l'amicizia tra individui. Essa segue quindi il nostro destino e fa parte dei nostri sensi e delle nostre paure. Si incrocia con un pensiero profondo di Adolf Loos che nel libro "Parole
Interni progettati da A.Loos
nel vuoto", scritto nel 1910, rifletteva: "  ... A differenza dell'opera d'Arte che non ha bisogno di piacere a nessuno, una casa deve piacere a tutti. Dunque la casa non avrebbe niente  a che vedere con l'Arte  e l'Architettura non sarebbe da annoverare tra le Arti: proprio così... Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un Uomo. Questa è Architettura". Anche la "Main Ouverte"  che è un simbolo,  talvolta può essere una rivelazione.

martedì 28 settembre 2021

BORGHI D'ITALIA

BORGHI D'ITALIA                      di  Gianfranco Vecchiato

Stemma della Associazione
Cervo (IM)
Vent'anni fa per iniziativa di 51 Sindaci aderenti all'Associazione dei Comuni Italiani (ANCI), ad imitazione di esperienze francesi, si creò un sodalizio denominato "Borghi più Belli d'Italia". Si trattava di luoghi da promuovere per particolari caratteristiche storiche, culturali, gastronomiche, paesaggistiche, e da far conoscere traendoli dalla marginalità in cui erano relegati dalla cultura ufficiale. Si riscoprì allora che quella Italia "minore" era assai numerosa e formava un mosaico di eccellenze  sparse nella penisola italiana. Oggi questa associazione allargata conta 310 Comuni, un numero che è in costante crescita, pur dovendo rispondere a 73 requisiti di qualità, e molti  luoghi un tempo sconosciuti hanno attirato  turisti in cerca di nuove
Mezzano di Primiero (TN) 
 sensazioni. Per vicinanza alla mia residenza frequento e conosco l'area trevigiana, una terra ricca di storia, solcata dai fiumi Sile e Piave, delimitata dal massiccio del Monte Grappa e dalle propaggini collinari del Montello e dell'Asolano, tra le colline del "Prosecco" con antiche pievi e castelli che giungono a lambire l'altopiano del Cansiglio. Si tratta di territori dove tra il novembre 1917 e il novembre 1918 si assestò il fronte della Grande Guerra dopo la rotta di Caporetto. Molti paesi che si trovavano lungo il fronte vennero distrutti e poi ricostruiti nel primo dopoguerra. Si conservano ancora tracce profonde di quelle ferite, sia nella memoria dei territori che tra le generazioni che si sono succedute. La memoria una componente importante per dare senso alle cose anche più diverse. 
Vernazza (La Spezia)
La civiltà contadina ad esempio, che era prevalente fino a sessanta anni fa, resta sullo sfondo. A Mosnigo della Battaglia, che fu  teatro di aspri scontri nell'ottobre del 1918, si ricorda che in quella località avvenne l'ultima decisiva spallata dell'esercito italiano, che attraversato il fiume Piave, spezzò la tenace ma logorata difesa austroungarica.  Nelle anse sabbiose che spuntano dai rami del fiume, appare "l'isola dei morti", e un parco silenzioso guarda verso le colline del Montello sull'altra sponda. Nelle vicinanze c'è un luogo particolare, formato da vecchie case  abbandonate, che sono state trasformate, per iniziativa di abitanti del posto, in un museo a cielo aperto che espone gli strumenti, gli abiti, i mestieri di una antica civiltà contadina scomparsa. Nelle stanze delle case abbandonate si racconta la passata vita quotidiana. Tra i fantasmi dei ricordi le emozioni non mancano se si sa ascoltare. Anche  a  Mezzano di Primiero, in Trentino, un piccolo Comune a poca distanza da Feltre, si respira aria di ricordi. Collocato nell'ampia valle che ha
Pienza (SI)
sullo sfondo le dolomiti delle Pale di San Martino, all'inizio del paese appare la targa dei "Borghi più Belli d'Italia".  Si nota subito che la tanta legna accatastata ( i canzèi) posta all'esterno di antiche case porta l'impronta degli artisti chiamati ogni anno a creare sculture in legno e dipinti di fantasia. Questo insieme di dettagli e le informazioni sulle pareti delle case, creano una atmosfera assai gradevole. In alcuni Tabià si raccolgono le tradizioni ed i costumi di questa località che fu parte del Tirolo austriaco fino al 1918, con popolazione di lingua italiana. Si coglie la consapevolezza degli abitanti, di attrarre interesse per le loro tradizioni e le storie semplici, verso turisti frettolosi che nel ritmo del lavoro e nella omologazione dei loro  comportamenti, hanno perso il senso comunitario. 
Arquà Petrarca (PD)
L'architettura anche in questi casi, è una discreta ma essenziale presenza.  Paesaggio, identità locale, costumi, tradizioni, arte e alimentazione, sono un mix vincente. E possono esserlo dovunque perchè nella contemporaneità c'è anche la storia del passato. Per fornire stimoli ed idee utili alla trasformazione del nostro tempo, si possono cogliere dallo spirito dei luoghi idee per oggetti di design ed elementi di estetica urbana. Molti Borghi riscoperti con questa iniziativa, possono fornire esempi positivi ed utili anche per una grande città dove vi sono quartieri con caratteristiche diverse. Le nuove zone di espansione urbana potrebbero trarre spunti dalla storia locale e da ciò che resta come riferimento socio culturale dal passato. In questo il positivo esempio che proviene dai Borghi può insegnare molto. 
Mosnigo (TV) Borgo contadino
Ogni città è infatti costruita da strati urbani e da un insieme di parti nel cui nucleo si cela quello che fu in origine un piccolo borgo. Ebbene è in quel "cuore" urbano che si deve far ripulsare un battito rigeneratore utile al resto dell'organismo. Si tratta a volte di far ripartire una lettura della memoria non nascondendola o tradendola cancellandone le rughe e i ricordi. L'architettura che vive di tali sensazioni, si arricchisce e si consolida. Non a caso molti di questi borghi sono diventati luoghi di sana sperimentazione dove l'antico e il nuovo convivono magnificamente. Ciascuno offre all'altro una parte di sè. 
Mezzano di Primiero (TN)
Le Amministrazioni locali dovrebbero favorire l'evolversi di queste contaminazioni che possono giovare anche all'architettura più recente, spesso autoreferenziale e che quando è priva di passato è anche povera di futuro. Il consiglio migliore è quello di suggerire e di ascoltare, assimilare e trasformare. La storia delle centinaia di Borghi italiani, riscoperti e rifioriti grazie alla consapevolezza dei loro tesori, fatti di semplicità e di bellezza, conferma che non si può procedere in avanti senza voltarsi, ogni tanto, indietro.

venerdì 3 settembre 2021

IL MECENATE


 IL MECENATE      di  Gianfranco Vecchiato

Il facoltoso patrizio romano Gaio Cilnio Mecenate
Enrico Mattei (1906/1962)

vissuto nel primo secolo avanti Cristo durante l'impero di Augusto, ha legato il suo nome alla storia per la  protezione e l'aiuto che diede agli artisti ed ai letterati del suo tempo. Fondando un Circolo che oggi definiremmo di politici ed intellettuali, sorresse personalità letterarie come Orazio, Virgilio, Ovidio, Tito Livio, a cui dobbiamo la realizzazione di opere classiche fondamentali. Mecenate è diventato sinonimo di chi aiuta talenti a realizzare opere meritevoli e se nel Rinascimento in Italia vi furono suoi epigoni tra i Medici a Firenze, di Papi
Operai della Olivetti in biblioteca
come Giulio II della Rovere a Roma, e in Europa  sovrani come Caterina di Russia e Cristina di Svezia, oltre a molti  principi ed ecclesiastici, in epoca industriale tali compiti furono assunti da istituzioni bancarie e finanziarie e di recente da imprenditori nel campo della moda, depositari spesso di grandi fortune economiche. L'architettura ha avuto bisogno spesso di mecenati e il dover lavorare per un Committente è stato a volte complicato da un rapporto di sudditanza del progettista, quando chi finanzia un'opera ritiene di essere in diritto di imporre le sue scelte. In questi casi non si potrà mai parlare di mecenatismo perchè il lavoro intellettuale subirà devianze per le scelte  costrette da un "padrone". 
Adriano Olivetti (1901/1960)
Due figure diverse possono essere riproposte invece come esempi positivi di rapporti fecondi tra finanza, libertà intellettuale e scelte progettuali.  Sono due uomini che appartengono ad un'epoca non lontana nel tempo e non sono stati dimenticati: Adriano Olivetti con la sua Ivrea ed Enrico Mattei con l'Eni. Olivetti e Mattei assunsero un ruolo di primo piano anche nel panorama internazionale, quando nel dopoguerra lanciarono l'Italia alla conquista di spazi di libertà di impresa. Entrambi trovarono ostacoli e divenne in qualche modo utile se non necessario, per coloro che ne temevano l'ascesa, che venissero eliminati fisicamente. Olivetti fu tra l'altro un illuminato creatore di una urbanistica
Edoardo Gellner: Colonia Eni 1954/60

democratica e di novità di impresa  che condensò nell'idea di partecipazione alle scelte con il lavoro e la ricerca con lo sviluppo individuale e collettivo. Un imprenditore privato illuminato che diede un ruolo internazionale all'Italia in un settore strategico, quello dei nascenti calcolatori. Enrico Mattei fu un imprenditore di Stato che sviluppò una idea vincente di partecipazione e parternariato ai profitti, allargando un ruolo per l'Italia nel mercato internazionale dove prima un ristretto club di Società prevalentemente anglosassoni, dettavano legge. Questa sua tenace capacità di impresa che fece dell'Italia un Paese energeticamente competitivo,   fu causa della sua morte con un esplosivo sul suo aereo personale nel 1962. 
E.Gellner: disegno casa vacanze a Borca

Se ad Olivetti possiamo affiancare i nomi degli architetti Figini, Pollini, Gabetti e Isola, a Mattei possiamo accompagnare le architetture organiche  di Edoardo Gellner. Il binomio tra Olivetti e Mattei, persone che si conobbero e stimarono, fotografa una bella immagine dell'Italia del secondo dopoguerra, carica di speranze, di volontà, di capacità inventive. Troppo indipendente sul piano economico e perciò meno ricattabile sul piano internazionale, l'Italia sconfitta dalla guerra riemergeva protagonista nel panorama internazionale, crocevia di opposti conflitti. In un libro "Capitalismo predatore, edito nel 2014, due scrittori  Bruno Amoroso e Nico Perrone, sostengono il racconto che furono ambienti USA a fermare i progetti di Mattei e di Olivetti per "normalizzare" l'Italia, nel senso che vollero ridurne il peso nel contesto internazionale, usando nel tempo anche lo sconquasso derivante dai processi di Mani Pulite, che decapitarono la classe politica ed i partiti tradizionali, che hanno da oltre vent'anni messo il Paese in forti difficoltà. 
Arch.Figini e Pollini Olivetti Ico
Ivrea 1934/1942/1949
Ma nessuna tesi complottista può essere del tutto vera nè del tutto sufficiente per spiegare alcuni salti della storia. E specialmente i limiti ed i difetti di una classe politica che deragliò ad un certo punto dalla strada delle riforme e dalla legalità. Quel che invece resta certo è che le opere commissionate da Olivetti e da Mattei non furono quelle di due imprenditori padroni ma di due imprenditori appassionati e fortemente proiettati verso il futuro. Due figure di mecenati moderni. Si ha una conferma visitando i progetti della Olivetti realizzati ad Ivrea da Figini e Pollini e da Gabetti e Isola ed  a Borca di Cadore quelli commissionati da Mattei a Edoardo Gellner per capire la qualità delle proposte e anche dei loro Committenti. Mi sono recato più volte in visita a questi luoghi, come fossero mèta di un pellegrinaggio laico. Ogni volta un segnale emotivo lascia traccia, segno che la presenza ed il messaggio che proviene da quei luoghi non ha cessato di parlare a chi sa porsi in ascolto. Si può tentare di replicarne il senso ma i contesti in cui viviamo sono ormai profondamente mutati. 
Primi negozi Olivetti 

Un mecenate lo si riconosce se  la sua presenza conforta, stimola, sostiene, incoraggia. Ci sono dei passaggi nell'idea progettuale che sono fondamentali e si ritrovano nelle fasi iniziali quando come avviene per uno scultore, od un pittore, il progettista intravvede il risultato prima nei suoi pensieri, poi nei primi schizzi, e infine nel trasformarsi di segni in immagini emotive. In quei passaggi il Committente quando è presente e conforta, suggerisce e aiuta la migliore realizzazione a divenire fisicamente biunivoca. Passa dalla mente del progettista a quella del Committente e ad un certo punto apparterrà ad entrambi. 
Ivrea: Palazzo Uffici Olivetti
Arch. A. Fiocchi E M.Nizzoli
Arch.Gabetti e Isola: Ivrea  residenze
olivetti per famiglie operaie
Olivetti pensava all'immagine dell'albero con le sue radici, attraverso cui la linfa procede sui rami e alle foglie, così come a quello di una società e di una architettura che si devono espandere tra il sole e l'aria, crescendo ed utilizzando ogni componente come parti unitarie e definite. Le sue opere lasciate ad Ivrea sono state nel 2018 dichiarate dall'Unesco un patrimonio dell'umanità.   Anche Mattei aveva una idea organica della società, dove l'impresa era un progetto in cammino, e l'emblema del cane a sei zampe, disegnato da Luigi Broggini  con la collaborazione di Giuseppe Guzzi nel 1952, leggermente modificata poi nel 1972, è divenuta una icona che tutt'ora distingue questa azienda nel mondo. Le sei zampe simboleggiano le 4 ruote dell'automobile e le altre due le gambe del guidatore, riunite in un animale di fantasia che genera l'idea della velocità. 
Questo spirito nel nostro Paese non è
Ponte di Rialto  /1591 Andrea da Ponte
scomparso ed ogni tanto riappare a ricordare che l'Italia è il paese che diede i natali a Mecenate. E quindi si possono citare tra  altri gli imprenditori Diego Della Valle che ha contribuito al restauro del Colosseo a Roma, Brunello Cucinelli che ha restaurato il borgo umbro di Solomeo, sposando nel lavoro le tesi di Adriano Olivetti, Renzo Rosso  che ha finanziato il restauro del Ponte di Rialto a Venezia, investendo nella operazione oltre 5 milioni di euro. In questo ultimo caso hanno lavorato 25 restauratori per riparare 300 gradini, 364 colonnine della balaustra, 1100 metri quadrati di pavimentazione, 2700 metri quadrati di facciate in pietra d'Istria e 700 metri quadrati di copertura con lastre di piombo. Non privo di polemiche il fatto di averne immortalato il nome con una targa posta sul pavimento del ponte. Ci sono squilibri e si manifestano ogni tanto. Di recente il Ministero per i Beni Culturali ha riproposto un progetto ideato nel 2015 che prevede per il Colosseo la costruzione di un piano retrattile e di copertura dell'ipogeo per l'utilizzo a funzioni pubbliche dell'arena antica con forti suggestioni per il suo riuso nel campo dell'arte. Si tratterà di un intervento di grande rilevanza culturale e tecnica che  sarebbe stata apprezzata da Mecenate al quale si attribuisce questo pensiero: "... L'arte è il mormorio della storia, udibile al di là del rumore del tempo. L'arte non esiste per sè: esiste per il pubblico". 

Progetto per nuovo ipogeo nel Colosseo di Roma


venerdì 13 agosto 2021

OLIMPIADI


 OLIMPIADI                          di   Gianfranco Vecchiato

L
Berlino: Olympiastadion Walter March
a pellicola scorreva e i fotogrammi indugiavano sui volti, sui dettagli,  inquadrando gli atleti, gli spettatori, le bandiere, le svastiche, le competizioni Dopo i documentari di propaganda politica girati a Norimberga, primo fra tutti " Il trionfo della volontà" uscito nel 1935, le capacità di regia dimostrate da Leni Riefenstahl la posero all'attenzione internazionale. L'occasione delle olimpiadi ne decretò il successo definitivo perchè nel 1936 seppe rappresentare quell'avvenimento a Berlino come mai prima di allora era avvenuto. La macchina da presa diede un valore ulteriore alle gare fissando anche lo spirito che aleggiò sulle vittorie del negro americano Jesse Owens, divenuto un simbolo inconcepibile  per Hitler che se ne andò dallo Stadio per non doverlo incontrare. Leni lo riprese mentre si agitava, nervoso, in tribuna e questo rivelò tra le altre cose, il limite tra propaganda politica, finzione e realtà. Quella olimpiade si caricò di oscuri presagi. Mancavano tre anni all'inizio della guerra. Le competizioni sportive sono attraversate  spesso da contrasti e varie convenienze.  
L'antica Grecia ha lasciato alla
Roma, proposta di parco polisportivo
 storia contemporanea  il richiamo alla Dea della Vittoria Alata, Nike e il luogo di confronto fra atleti, lo Stadio,   carico di  sacralità e  non  facile da rappresentare in architettura per i potenti esempi che ci vengono dal passato.  A Berlino L'Olympiastadion è rimasto comunque dopo tante traversie, il testimone di un'epoca e di una storia tormentata. Progettato da Werner e Walter March, figli di Otto che nel 1909 aveva ideato in quell'area un ippodromo,  è stato rimaneggiato una ventina di anni fa  da Von Gerkan e dallo studio Marg und Partner,  ed è ancora una architettura di notevole valore. Si tratta di  costruzioni che parlano anche in un'epoca in cui prevale l'effimero. Gli Stadi nel caso delle olimpiadi, non hanno un recinto solo sportivo ma esprimono la tecnica, la qualità estetica, il peso ed il ruolo del Paese ospitante.  Così avvenne per 
Roma quando si tenne la 17^ edizione dei Giochi nel 1960,  dove si colse l'occasione per completare o rivedere infrastrutture iniziate durante il fascismo.
Leni Riefenstahl (1902/2003)
Allora si mostrò al mondo una nuova Italia rinata dalla guerra, in pieno boom economico, capace di proiettarsi nel futuro. Da allora le cose sono cambiate e gli investimenti per le olimpiadi sono divenute un peso a volte insostenibile che contrasta con lo stesso spirito olimpico. A Roma le infrastrutture sportive fecero da sfondo al nuovo quartiere dell'EUR sorto per ospitare l'Esposizione Universale nel 1942, fermata per la guerra, e dove le visioni di chi l'aveva concepito furono riadattate. Gli architetti Giuseppe Pagano. Luigi Piccinato, Adalberto Libera, Luigi Moretti coordinati da Marcello Piacentini svilupparono negli anni '30, un progetto urbanistico ambizioso che ebbe a simbolo l'edificio della Civiltà italiana  soprannominato il "Colosseo Quadrato". Durante la guerra gli edifici costruiti furono depredati dai civili e dalle truppe di occupazione tedesche ed alleate. Dopo il 1950 si completò il settore residenziale e si insediarono delle strutture istituzionali come il Palazzo dei Congressi e l'Archivio centrale dello Stato, alcuni Musei e Ministeri, mentre il quartiere divenne tra i più verdi di Roma. Di recente è stato presentato un progetto per un parco polisportivo, che esclude lo stadio ma che si estende su ben 136 ettari e coinvolge aree a tema, parti naturalistiche, zone residenziali, spazi per atletica e altre attrezzature che tendono a ridisegnare un'area complessa racchiusa in una ampia ansa del Tevere. L'urbanistica trova in tal modo suggerimenti per intervenire nella ricucitura di zone periferiche, riannodando brani sparsi e funzioni multiple. Il tema degli investimenti è delicato perchè spesso le proposte contengono intenti speculativi o non  integrati per destinazioni a lungo termine. Ci sono peraltro esempi virtuosi come avvenne, pur se con qualche problema,  nella organizzazione dei Giochi a Barcellona che riuscì ad assumere e migliorare le sue caratteristiche  di capitale moderna e razionale, Non avvenne allo stesso modo  ad Atene dove  le opere sovradimensionate rispetto all'uso della città rese  necessario  demolirle alla fine dei Giochi.
Barcellona
Le più spettacolari per costi e interventi furono le olimpiadi  di Pechino, emblema di una Cina proiettata a leader mondiale non solo in economia.
Lo stadio nazionale progettato da Herzog e De Meuron è considerato tra i più belli del mondo.  Le recenti olimpiadi di Tokyo sono state poi spostate di un anno a causa dell'epidemia che ha colpito il mondo ma hanno ricevuto il plauso sotto il profilo organizzativo, dato che sono avvenute senza la presenza di pubblico negli stadi. Un fatto entrato nella storia di questa competizione mondiale.  Le ragioni che portarono alla loro riproposta, dopo 15 secoli di oblio, fu merito  del barone Pierre De Coubertin. Era l'anno 1896 sul finire di un secolo  iniziato con Napoleone Bonaparte e che terminava con lo sguardo  su un futuro  dinamico e industriale. Era un periodo di pace internazionale.
Ma dopo solo 5 edizioni le gare vennero sospese per la guerra. Due altre volte accadde nel 1940 e nel 1944. Nessuno peraltro sospese i contrasti come avveniva nell'antica Grecia. 
Se nella Roma imperiale il motto di "panem et circenses" riassumeva  non solo la politica verso il popolo ma quale fosse il recinto sociale nel quale tutto avveniva, il passaggio all'era moderna è dato dal prevalere della Ragione frutto dell'illuminismo,  sulla superstizione e sui riti pagani. Guidati dal pensiero critico nella società e tra i popoli, anche gli appuntamenti delle olimpiadi possono avere un compito morale costruttivo. I problemi e le carenze sociali non sono dimenticati se l'osservazione, l'esperienza, il ragionamento e la comunicazione, tengono aperta la  visione del mondo e i molti gravi problemi tra emigrazioni, crisi ambientali, soprusi e mancanze di libertà.  "La condizione prima dello sviluppo umano, sosteneva il politologo Graham Sumner (1840/1910), è la facoltà della critica. Nostra unica tutela contro l'illusione, l'inganno, la superstizione, la ignoranza di noi stessi e del mondo circostante". 
Nell'antica Grecia durante le gare olimpiche si riteneva che 
Roma EUR : Palazzo del Lavoro
gli atleti gareggiassero sotto l' attenzione degli Dei. Cessavano durante i giochi, i conflitti armati e sotto lo sguardo di Zeus,  il leggendario Olimpo si avvicinava alla Terra ed agli uomini. La lotta fra i rivali si chiudeva con una corona d'alloro che cingeva il capo dei vincitori, e Nike Dea della Vittoria Alata ed Atena, ne custodivano la gloria. I fratelli di Nike erano Zelos che simboleggiava la Rivalità, Kratos il Potere e Bia la Forza. 
Figli di Stige
Pechino Stadio Nazionale: 
Architetti Herzog e De Meuron
nella mitologia furono descritti come utili a Zeus nella guerra contro i Titani. Nelle gare si coglieva parte della nostra natura umana e quando nell'anno 393 d.C.  si fermarono  i Giochi olimpici, anche per le conseguenze del massacro avvenuto nella stadio di Tessalonica, quando  la espansione della nascente dottrina cristiana condannando il paganesimo vedeva nei giochi ciò che li rappresentava mentre aleggiava il cupo tramonto della civiltà romana  insidiata dai barbari. Nelle olimpiadi regole e discipline sono basate sui valori della pace, della amicizia, della correttezza e della uguaglianza tra i popoli e le Nazioni. Se invece kratos, Bia e Zelos, prevalgono sugli altri  torna a correre nel mondo la discordia e il dolore. Dopo le olimpiadi la capacità critica e culturale può accompagnare la forza e la rivalità, che possono essere componenti positive nelle dinamiche sociali, anche con la Ragione. Essa non ha bisogno di appuntamenti per misurarsi ma va coltivata ogni giorno come traguardo.