Amarcord - pensieri e parole - 1998 - 2005 -- Dicembre 1998



GIUSEPPE SAMONÀ
A 100 anni dalla nascita

L’ Ordine degli Architetti di Venezia ha voluto ricordare i 100 anni dalla nascita del prof.arch. Giuseppe Samonà in un incontro tenutosi il 10 dicembre scorso nella
sede dell’Ordine alla presenza tra gli altri dell’assessore alla cultura del Comune di Venezia Mara Rumiz, del Vicepresidente del Consiglio Regionale dott. Elio Armano,
dei professori dello IUAV Corrado Balistreri , Pasquale Lovero, Guido Zordan e di numerosi colleghi.
Le riflessioni degli intervenuti sono iniziate constatando la ingiustificata dimenticanza di altre istituzioni nel ricordare questa figura così importante anche nella storia della città, così come era già avvenuto anche per Carlo Scarpa e per Aldo Rossi.
L’assessore Rumiz ha perciò dato atto e ringraziato il nostro Ordine per aver fatto in qualche modo fronte a questi vuoti, sottolineando come all’architettura spetti
anche il compito di mantenere vivi nella memoria i valori di testimonianza che dagli uomini si trasmettono con le opere di architettura.
La figura di Samonà è stata tratteggiata in diversa misura dagli ospiti; una analisi critica e di trasposizione nell’attualità è stata fatta da Pasquale Lovero, che ha indicato come distinta la figura di Samonà nel confuso panorama attuale, ricordandone i tratti di signorilità ed il carattere che gli consentivano un immediato rapporto con tutti gli interlocutori. 
Motivo non secondario delle sue capacità di Rettore di unire e di costruire la “scuola”

di architettura veneziana era la sua naturale propensione di docente anche con i suoi professori che non derivava da sovrastima ma dal carattere aperto che vedeva nell’insegnamento lo strumento da mettere al servizio dell’idea e non viceversa.
Lovero ha tracciato una analisi critica dell’evoluzione del metodo di insegnamento universitario dove oggi paiono saldarsi i modelli acritici ed economici con la
conseguente negazione dei rapporti culturali e di analisi tra architettura ed urbanistica. Il Vicepresidente del Consiglio Regionale Elio Armano ha ricordato la
passione civile, l’impegno politico e la cultura di G. Samonà avendolo conosciuto, allora come Sindaco di Cadòneghe, nell’affidargli quello che fu l’ultimo suo incarico
professionale nel 1981.
E nel riflettere sullo stato degradato dell’architettura nel Veneto, si è chiesto se questa sorta di rimozione del ricordo di G. Samonà non sia anche dovuta ad una cattiva coscienza presente nel riflettere sul suo dimenticato insegnamento; Samonà
provocava il dibattito, cercava le condizioni per analizzare e discutere sul progetto e queste cose paiono oggi fortemente in crisi.
Infine gli architetti Guido Zordan e Corrado Balistreri hanno ricordato l’uomo, le sue doti di persona colta e raffinata e la lunga amicizia ed affetto che legava Egle Trincanato a Samonà. Dall’archivio lasciato da Egle Trincanato ad Emiliano e Corrado
Balistreri è uscito il quaderno di schizzi che stato alla base del ricordo e dell’omaggio a Samonà.
Si riporta il testo che il Presidente dell’Ordine ha letto nell’occasione:
L’incontro nella sede dell’Ordine degli Architetti di Venezia per i 100 anni dalla nascita del prof. Giuseppe Samonà, nato a Palermo l’8 aprile 1898 e morto nel 1983, vuole ricordare chi fu per 25 anni il Rettore dell’Istituto di Architettura di Venezia, anche con la pubblicazione di suoi disegni ritrovati da Corrado e da Emiliano Balistreri nell’archivio personale lasciato da Egle Trincanato.
La qualità dell’insegnamento che Samonà creò a Venezia è un argomento che meriterebbe oggi serie considerazioni, nel periodo in cui stanno avvenendo anche a livello legislativo ed europeo, profonde modifiche ai programmi per la laurea in architettura che avranno ripercussioni anche per la stessa professione.
Dalla scuola alla professione dovrebbero transitare salde e coerenti connessioni e trasmissioni di valori.
E gli insegnamenti che si apprendono da Giuseppe Samonà architetto, riguardano la ricerca critica e complessa del progetto inteso come inesauribile percorso mentale ed ideale che non deve cessare di indagare e di porsi in una prospettiva ed in
una visione storica che muove il corso dei cambiamenti sia sociali che economici e quindi architettonici.
Come scriveva il prof. Alberto Mambriani che curò nel 1990 con il prof. Corrado Balistreri un testo su Samonà:
“...la complessità come regola gli suggerì di usare tutte le forze vive del tempo senza operare una scelta di tendenza dimostrando così“ grande vitalità e grande modernità.
Didatta per natura non poteva consegnare ai suoi allievi chiare indicazioni di come procedere ma invitò gli studenti a sperimentarsi nella stessa complessità urbana, dove all’Istituto Nazionale di Urbanistica già nei primi anni ‘60 si batteva per far comprendere come non si possa pensare di fare un piano senza architettura e non si possa progettare la città per grandi porzioni senza predisporre precisi progetti ben
più dettagliati delle solite previsioni planovolumetriche. E quindi l’estrema attenzione che nel mestiere Egli demandava al disegno come strumento di conoscenza indispensabile per procedere nell’architettura.
Era una Sua costante convinzione che fosse stretto il legame tra urbanistica ed architettura e questo caratterizzò a lungo la scuola di architettura veneziana negli anni del Suo rettorato.
A questo proposito va ricordato come Egli avesse manifestato negli anni ‘70 tutta la Sua contrarietà alla separazione del Corso di Laurea in Urbanistica con quello di Architettura.
In un seminario tenuto a conclusione dell’anno accademico 1982/1983 allo I.U.A.V., poco prima della sua morte, Egli ebbe ad affermare che : “... non ci dovrebbe essere, secondo  me, un architetto urbanista ma solo un architetto... La contrarietà alla creazione di un corso di laurea in urbanistica è originata dal mio convincimento
che la facoltà di urbanistica è la facoltà della specializzazione: cioè a dire delle cose contro cui noi dobbiamo andare, almeno nel nostro campo...”
Su questi concetti Egli pur nella profonda stima che aveva per Astengo, non nascose di essere su posizioni molto diverse.
A questo proposito vale la pena di leggere alcuni brani di una Sua risposta, tratta dalla deregistrazione effettuata nell’occasione dello stesso seminario del 1983, a chi gli faceva notare che l’urbanistica ha una sua indipendenza dall’esistenza di un edificio e di una architettura: Rispondeva Samonà : “... il piano urbanistico oggi non si realizza mai così“ come tu l’hai pensato; a parte se bello o brutto, tu di questo piano realizzi semmai alcune parti, in genere le più brutte perché sono le più facili
da realizzare, oppure si realizzano proprio quelle brutte e quindi il piano urbanistico è sempre catastrofico, perché mai si realizza come tu l’hai pensato...
Luigi Piccinato ha fatto infiniti piani, realizzati ben pochi o solo parti di essi; ebbene a Padova le cose del suo Piano che si sono realizzate sono tutte brutte e mai una di quelle che ne avrebbero dato importanza: si è realizzato il tombamento dei canali
e lui dice che proprio non lo voleva...” Bisognerebbe perciò usare uno strumento
urbanistico di altra natura.
Uno degli aspetti dell’alternativa sarebbe quello di mettere in atto un piano in cui gli elementi fondativi sono i servizi e si deve parlare di servizi prima di arrivare alla residenza, e non il contrario, come sempre avviene.
Però è tutta materia nuova da riproporre, non si può partire mettendo in atto meccanismi di invenzione un pò qua ed un pò là: i servizi devono essere evidentemente plebiscitari, ma deve esserci un discorso che nasce dal fondo e cioè
a dire come un dettaglio che si dilata, ed è un discorso estremamente difficile.... bisogna vedere nuovo e diverso... e intanto vedi a Padova è stato un errore grande aver fatto il centro direzionale nei pressi della Stazione, vedrete purtroppo quanti
fatti negativi ne deriveranno.... ma ormai figli miei non abbiamo più tempo...”
Non c’è dubbio nel rileggere a distanza di oltre 15 anni queste parole di Samonà che molte siano di assoluta attualità, altre non trovino più ascolto.
Ma la frase finale che Egli aggiunge sul tempo che viene a mancare, è anche una umana consapevolezza del limite del nostro itinerario terreno; è una affermazione non già di rinuncia quanto di speranza che altri proseguano nell’indagine che segue
alle evoluzioni sociali, che accompagni i cambiamenti, mantenendo alto il valore del pensiero e l’autonomia delle proposte.
Perciò il nostro Ordine vorrebbe raccogliere questo estremo segnale lanciato
da Samonà per affermare così come si è fatto recentemente con Carlo Scarpa, due anni or sono con Edoardo Ghellner e tre anni fa con Ignazio Gardella il dovere del ricordo e della testimonianza di chi ha operato nel mestiere e creduto all’interesse
pubblico dell’architettura nella società.
Pur comprendendo la complessità dell’itinerario sociale, economico ed anche morale che stiamo attraversando, l’evoluzione della tecnica, della politica, del costume e del pensiero non possono procedere staccati dalla trasmissione e dalla conoscenza
che ci deriva dal passato recente o remoto. E’ questo uno degli insegnamenti che anche Giuseppe Samonà sentiva in modo particolare.
Nato nel 1898 in una Palermo a cui è sempre stato vicino, considerava Venezia la sua seconda isola, terra che come la Sicilia, lo aveva coinvolto in un periodo lungo e fondamentale della sua vita.
Di questo secolo attraversato da estreme violenze l’architettura ha assunto, spesso senza riuscirci, il compito di trasmetterne valori, pensieri, aspirazioni.
Lo scorso anno avevamo pensato di preparare per l’anniversario di Giuseppe
Samonà un omaggio avendo tra i nostri ospiti più graditi la dottoressa Egle Trincanato, che gli fu accanto per lunghi anni ma la Sua repentina scomparsa ha modificato anche i nostri progetti. Perciò stasera siamo qui con un poco di ritardo ma
ci siamo a dire che la realtà è anche quella che noi siamo in grado di determinare
con le nostre azioni.
Come Ordine assistiamo con sorpresa alla vicenda delle difficoltà di acquisizione del lascito dell’archivio di Egle Trincanato allo IUAV. Mi auguro che non vada perduto alla nostra città questa rara e preziosa raccolta di una vita, di una persona che più di altre ebbe fra l’altro stretta consonanza con Giuseppe Samonà e che insegnò per 50 anni ad Architettura.
Ad Egle Trincanato fu tributato un omaggio sentito e partecipato dall’Ordine di Venezia nel 1988, ed era per noi sempre un piacere incontrarla a passeggio per Venezia o Mestre, sempre impegnata a dare testimonianza del suo e del nostro tempo.
In questi anni in cui tutto sta rapidamente evolvendo c’è il rischio che il passato vicino divenga irraggiungibile non tanto per motivi anagrafici quanto per distanze culturali. Giuseppe Samonà, che apparteneva ad una generazione che conobbe idealità e retorica, guerre ed umiliazioni della sconfitta, e quindi la forza della
rinascita su quella che stata descritta come la morte della Patria, non va ricordato solo come professore o come architetto ma anche come uomo di quella generazione, ormai scomparsa.
Così come avviene di ricordarci dei nostri familiari non più viventi, lo pensiamo
dentro a quella grande folla di uomini, di società in evoluzione, di ambienti e paesaggi quasi ormai scomparsi e che gli “schizzi” a matita raccolti nel libretto di suoi disegni, così“ bene ci sembra rappresentare.
Tutto ciò si riaffaccia ogni tanto nella nostra realtà, a ricordarci come i fili invisibili ma stretti tra il passato ed il presente, continuano a porre anche a noi, una sfida da vincere con la memoria e con l’analisi .
Questi d’altra parte sono gli unici strumenti che possediamo, al di sopra ed al di fuori della tecnologia, per comunicare il nostro pensiero e per progettare architettura che resti nel tempo ad indicare il passaggio non già di ogni generazione quanto della cultura che l’ha accompagnata.

Gianfranco Vecchiato

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