Amarcord - pensieri e parole - 1998 - 2005 -- Novembre 1998



LA RINASCITA
DELL’ARCHITETTURA

In occasione della “Giornata Mondiale dell’Architettura” promossa dalla Union Internationale des Architectes (U.I.A.) il Consiglio Nazionale Architetti ha deliberato di
indire per il 19 novembre nella Sala Teatro della Cittadella di Assisi una Conferenza internazionale per “una politica dell’Architettura in Europa” che si terrà sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e di diversi altri Organismi Europei e dello
Stato italiano.
L’iniziativa vuole ribadire il ruolo essenziale che l’architettura ha avuto e deve continuare ad avere nel campo culturale, economico e sociale nel momento in cui
l’Europa si unisce sul piano monetario ed a tal fine questo appuntamento di Assisi diverrà ogni anno occasione per il riconoscimento di architetture realizzate di
grande qualità.
L’ultima settimana di novembre sarò poi dedicata, da diversi Ordini provinciali italiani, allo svolgimento di iniziative per sensibilizzare la pubblica opinione sui
valori dell’architettura.
Tutti gli architetti iscritti all’Ordine sono perciò invitati a contribuire in qualche modo all’affermazione dei principi che riteniamo possano essere trasmessi e sostenuti anche nel nostro lavoro quotidiano.
Purtuttavia nel ribadire il convincimento e l’adesione a quanto sopra scritto, è pure necessario guardare la realtà per non rischiare di scivolare nella “retorica”.
Ad una recente Assemblea dei Presidenti, tenutasi a Roma, sono stati forniti questi dati:
Nelle diverse Facoltà di Architettura sparse in Italia sono attualmente presenti circa 84.000 studenti, di cui 38.000 fuori corso, a fronte di circa 75.000 architetti iscritti negli Ordini italiani. Si tratta di un record europeo poco invidiato.
Considerando che il periodo medio di laurea è pari a 7/8 anni, significa che in meno di un decennio l’attuale già elevato numero di architetti italiani è destinato a
raddoppiare.
E la nostra categoria soffre già ora di vasta sotto occupazione, di carente  specializzazione, di poca duttilità di mestiere.
Servirebbe il tirocinio post laurea ma l’Università ha fin qui continuato perlopiù a scaricare i problemi sul mondo del lavoro e quindi, sulle categorie professionali e
sugli Ordini.
Essendo consapevoli della necessità di riforme incisive, da anni i rappresentanti degli Ordini stanno cercando dal mondo politico meno distratta attenzione
Ora avviene che il Presidente del Consiglio Massimo D’Alema nel suo discorso programmatico alla Camera abbia pronunciato la seguente frase:
“…Non è possibile che il talento e la professionalità di un giovane debbano sottostare ai vincoli di un ordine professionale che non lo accoglie soltanto perché quel ragazzo non ha avuto la fortuna di nascere nella famiglia giusta”.
Non sappiamo chi fosse l’obiettivo di tale pesante considerazione pronunciata
ed inserita in un discorso ufficiale, ma resta un giudizio, per quanto riguarda gli Ordini degli Architetti, non vero, dato che:
1) l’Esame di Stato è un obbligo costituzionale (Art.33) per alcune professioni
tra le quali la nostra; non spetta agli Ordini un eventuale modifica ma al Parlamento.
2) A presiedere le Commissioni di Esame di Stato sono sempre dei Docenti, spesso coloro che hanno laureato qualche settimana prima l’esaminando; ciò non toglie che siano proprio essi a constatarne l’impreparazione grave.
3) La qualità delle prove della maggioranza dei candidati è scarsa, specialmente nel settore compositivo; tutti coloro che hanno avuto esperienza in questo senso lo
possono confermare. Non è vero che le selezioni vengono affidate al censo.
4) L’abilitazione attraverso l’Esame di Stato consente l’iscrizione ad un Albo e quindi l’esercizio professionale, con responsabilità sociali e civili importanti; è casomai poco serio il modo in cui si esaminano in breve i candidati. (a Venezia oltre 900
candidati a sessione).  Ma anche questo non dipende solo dagli Ordini.
5) Non esiste ancora un “tirocinio” obbligatorio post laurea e cresce il distacco tra teoria e prassi, verificabile anche con un esame scritto di 8 ore. Il rapporto degli abilitati rispetto agli esaminati varia dal 30/40 % in media a sessione. Il laureato che non intende esercitare una professione non ha alcun obbligo di sostenere l’esame di Stato. 
La “riforma dell’Esame di Stato” e quello degli Ordini sono da tempo al
vaglio del Parlamento, ma sappiamo come risulti più facile per uno Stato come il nostro che ha una sua amministrazione da riformare e che è in ritardo con leggi e con strutture, cercare “scorciatoie”.
Poiché vi sono anche nostre responsabilità è necessario contribuire al dialogo, capire le ragioni di tutti, avendo dei principi e dei valori da difendere.
Quando però il Consiglio di Stato autorizza la lottizzazione di villette sulle colline del Garda attorno al “Vittoriale”, quando il paesaggio, la tutela dell’ambiente e del futuro pare non avere più nei fatti un grande significato, allora ci chiediamo quale sia il senso che si dà al termine di “architettura”, se tutti i parametri ”saltano”, se ogni cosa diviene relativa ed altamente opinabile. Vogliamo tornare a rilanciare ed a credere al senso del nostro mestiere, trasmettendo da Assisi, la città di S. Francesco, da una terra martoriata dal terremoto, cose per le quali vale la pena di battersi
e di dare testimonianza.
Se guardandoci attorno troviamo che ciò che è stato costruito degrada l’ambiente od il contesto, che non si rende utile né gradevole il senso dell’abitare, siamo in una realtà compromessa.
Con la progressiva perdita del valore dell’architettura originata anche da una perdita di interesse nella società a considerare importanti questi temi, si è perduto anche il ruolo del nostro lavoro.
Per ritrovarne il senso dobbiamo tendere a rilanciare l’architettura come valore sociale e culturale, non solo economico, diffondendolo nella società costantemente. Decenni di progresso imponente ma inconsulto, di degrado ambientale diffuso, di ancora lenta rinascita, unite anche ad una minore arroganza intellettuale che spesso ci appartiene, possono dare all’architettura risposte importanti da affidare all’avvenire. I giovani devono tendere al futuro ricostruendo e battendosi perché le condizioni sociali e culturali siano favorevoli alla valorizzazione del nostro antico
mestiere.
Proviamoci anche contro ogni difficile realtà.

Gianfranco Vecchiato

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