sabato 18 febbraio 2023

LA TUTELA

LA TUTELA                 di Gianfranco Vecchiato

Torre Velasca a Milano (1957)Studio BBPR
Il patrimonio culturale di ogni comunità è un fatto complesso ed è  costituito da cose materiali ed immateriali. Ne fanno parte musei, aree archeologiche, opere d'arte, chiese e monumenti, riserve e paesaggi naturali e migliaia di edifici storici censiti. Tutto questo inventario è in continuo divenire nel succedersi delle generazioni, delle leggi e della cultura dei tempi.  Il vincolo o tutela, secondo diversi gradi di protezione, serve ad evitare la perdita di un bene riconosciuto come simbolo di una epoca storica e di una comunità. La tutela può in diversi casi favorire la conservazione del bene con nuove destinazioni d'uso. In tal modo è avvenuto che vecchie filande, scuole o fabbriche siano divenute altro: sale da concerto,  spazi  di ritrovo culturale ed espositivo, musei. E' nota la imponente riconversione fatta nel tempo sui territori industriali dismessi del bacino della Rhur in Germania, così come la conservazione di edifici dall'alto valore simbolico. La tutela peraltro non è un fatto automatico ma avviene dopo un esame articolato che il Codice dei Beni Culturali, per quanto riguarda l'Italia, affida alle Soprintendenze  territoriali,   Non è un atto automatico e richiede attente verifiche.
Sez.edificio Popolare ad Altobello Mestre
Immagine del complesso popolare degradato
Nel Novecento sono andate perdute molte opere  per indifferenza, cause belliche, speculazioni e nella indifferenza generale. La sensibilità sociale è cresciuta e avverte la differenza tra edifici banali e di pregio.  Ci sono esempi eccellenti  entrati a far parte della storia dell'architettura moderna. Dalle case a Vienna di  A.Loos, all'Unitè d'Habitation a Marsiglia di Le Corbusier, dai palazzi di Gaudì a Barcellona, alla torre Velasca a Milano, etc..,  mentre altri edifici minori consentono nei centri urbani di fissare espressioni di talento di un'epoca e dei suoi autori.  
Unitè d'Habitation Marsiglia 
Le Corbusier (1947/52)
Le cose si complicano quando le opinioni sulla tutela di un immobile divergono nei giudizi. Una risposta si trova nel preambolo alle norme di deontologia degli architetti che richiama una direttiva della Comunità Europea del 2005 con queste parole: "... la creazione architettonica, la qualità delle costruzioni, il loro rispetto armonioso nell'ambiente circostante, il rispetto dei paesaggi naturali ed urbani e del patrimonio collettivo e privato sono di pubblico interesse. ... con la sua attività, il professionista nel comprendere e tradurre le esigenze degli individui, dei gruppi sociali e delle Autorità in materia di assetto dello spazio, concorre alla realizzazione e alla tutela dei valori e degli interessi generali... promuove la trasformazione ... garantendo la qualità della vita dell'utente finale".
scorcio sul lato ovest
Hanno titolo quindi ad esprimersi più protagonisti: i progettisti, i committenti, i fruitori dell'opera, i cittadini. Dinanzi a dinamiche urbane sempre più rilevanti, ad investimenti colossali  urbanistici ed edilizi, che puntano più che alla durata, alla utilità immediata, stanno modificando l'idea di città, dove si sviluppano i contatti sociali che si riflettono sul piano culturale. Il confronto su tali temi si è fatto serrato ed a volte anche ruvido e confuso. Ora accade che in un'area popolare della mia città fu realizzato a metà degli anni '80, quindi
Lato est del complesso
circa 40 anni fa, un importante progetto edilizio che voleva essere all'avanguardia nel lessico ornamentale e nell'uso degli spazi degli alloggi. Quell'edificio con decine di appartamenti,  terrazze e logge, studiato secondo particolari canoni compositivi, ottenne all'epoca riconoscimenti e premi e fu inserito in riviste di categoria. Ma i rapporti tra i progettisti, il Committente dell'opera, l'Istituto Autonomo Case Popolari e i fruitori degli alloggi iniziarono ben presto a deteriorarsi perchè quasi subito l'edificio manifestò, forse anche per le sue caratteristiche compositive, come il tetto piano, i corridoi interni, le logge e le terrazze,  diversi problemi per infiltrazioni d'acqua piovana, per difficoltà di gestione degli appartamenti, per contrasti tra inquilini, per alti costi di manutenzione. Molte di tali  carenze vennero denunciate ma non risolte, tra dispersioni termiche, ed un degrado sociale progressivo, divenendo un problema noto nel quartiere. Con il  tempo il giudizio sul fabbricato, soprannominato la "Nave" per la sua fragilità all'acqua, si consolidò in negativo finchè a difenderne la validità rimasero da una parte gli architetti, contrastati dagli inquilini e dallo stesso Ente che a suo tempo l'aveva commissionato. Si è aperto pubblicamente un confronto aspro e le posizioni paiono per ora inconciliabili. Da un lato molti architetti si sono appellati
Vista lati nord ed ovest
alla necessità di preservare quest'opera come esempio di architettura novecentesca, imputando i problemi a scarsa manutenzione, dall'altra il comitato  di cittadini e di inquilini appoggiando la proposta dell'Ente di demolirlo per sostituirlo con altro non meglio precisato intervento,  lamentano i vizi e denunciano le loro negative esperienze di vita. Essi hanno aperto sul tema della tutela una finestra che pur se non appassiona l'opinione pubblica ne rivela le fragilità di fondo. Le divisioni radicali hanno spinto da un lato ad una difesa in forme corporative e dall'altro a posizioni utilitaristiche: "... perchè gli architetti che difendono la tutela di questo edificio non vengono a vivere un mese qui dentro? Poi casomai parlino...".  Queste alcune risposte alla lettera che numerosi intellettuali e architetti  della locale università, avevano lanciato pubblicamente per la conservazione del fabbricato. Vano richiamare le esperienze di recupero di architetture del moderno della Agenzia o Associazione culturale DO.CO.MO.MO,international che dal 1995 è presente in Italia con sede a Roma e che si occupa della documentazione e conservazione dell’architettura moderna a livello nazionale e internazionale. E' questa una storia in cui forse alla fine  prevarrà l'obiettivo della sua demolizione  ma in ogni caso è una vicenda tormentata, comunque utile per interrogarci sui limiti e confini della tutela come strumento collettivo di una cultura condivisa.