Il Catajo |
"Fu vera Gloria? Ai posteri l'ardua sentenza". Alessandro Manzoni, in un brano della ode "5 Maggio", affida il giudizio su Napoleone Buonaparte, morto (o ucciso) nel 1821 nell'esilio di Sant'Elena, al mare del tempo. In egual modo accade che la storia sia mutevole nelle opinioni sulle opere d'Arte e di Architettura. Ciò che viene celebrato dai contemporanei è a volte dimenticato o svalutato dai posteri. Oppure è apprezzato da altre generazioni con l'evolversi culturale della società. Questo destino nel passato ha assunto i caratteri della censura per opere considerate "degenerate" e non rispondenti alle finalità estetiche dettata dal Potere. I regimi totalitari chiedevano agli artisti di falsare la realtà. Per secoli
Cortile interno e Colli Euganei |
Se si alterano i contesti , è inevitabile che si perda il senso e il valore della stessa architettura che a quei luoghi si ispira. Tra i casi recenti vi è quello dell'antico Castello del Catajo, presso Padova, sui Colli Euganei. Si tratta di un edificio di 350 stanze, di straordinario valore culturale, che racconta le virtù militari e familiari degli Obizzi, per generazioni soldati e comandanti d'arme e di ventura, che furono a servizio della Repubblica Serenissima e di Imperatori germanici e Re di Francia. La loro storia è visibile nelle pareti dipinte nel 1571-73 da Giovanni Battista Zelotti dove l'arte affrescata rappresenta le glorie militari e le virtù del coraggio, della prudenza e della temperanza insieme ai destini da cogliere con l'Occasione, dipinta come una bella donna che ha le ali ai piedi, pronta a cogliere il momento propizio prima che esso si disperda.
Sala interna |
Sala interna |
Il Castello del Catajo |
I testimoni di pietra sono sempre degli spietati accusatori dell'ignavia dei tempi e delle fragilità umane. Un mascherone all'ingresso del castello del Catajo accoglie gli ospiti da secoli, mostrando la lingua. E' forse così che gli Ubizzi intendevano segnalare al futuro la loro idea della vita. Quella che il regista Federico Fellini così descriveva : " l'essenza di un sentimento o di una ideologia non ha finale perché non ha un inizio. E' un percorrere il tempo e i giorni che ad un certo punto si interrompono nel modo più impertinente: con uno sberleffo".