martedì 25 luglio 2017

MONTE TOMBA

MONTE TOMBA               di Gianfranco Vecchiato

Trincee sul Monte Tomba
Massiccio del Grappa
Giungendo dalla pianura veneta alle pendici delle colline trevigiane si incontrano paesi antichi carichi di storia e di architetture mescolate  tra i vigneti in una Natura che si fa poi aspra tra le pendici del Grappa e gli stretti passaggi che portano alle prealpi Feltrine. Si attraversano i paesi di Asolo che ha ospitato scrittori, artisti e poeti, quindi Possagno dove nacque e abitò Antonio Canova, e   Masèr dove morì il 19 agosto del 1580,  l'architetto Andrea Palladio, nella villa che è ancora un simbolo  delle sue idee e
Villa Maser (A.Palladio)
dei suoi sentimenti. Tra questi luoghi che fanno parte della storia dell'arte e dell'architettura, si incrocia la cruda memoria del primo conflitto mondiale. Cent'anni fa 
a qualche chilometro dalla Villa del Palladio su un tracciato che porta fin sulla cima del Monte Tomba, era un susseguirsi di battaglioni, di cannoni e mitragliatrici, in un affannoso rincorrersi a chiudere un fronte di guerra che si era avvicinato dopo la rotta di Caporetto.  Il monte Tomba sarebbe rimasto ignoto alla storia se qui il fronte di guerra non si fosse accanito e avesse fatto una tragica sosta con furiosi combattimenti all'arma bianca fin  dal Novembre 1917 e poi nel giugno e ottobre del 1918. Le pendici boscose  vengono attraversate con 16 
Villa Maser 
tornanti fino alla sommità, a 868 metri, dove la vista  si allarga sul massiccio del Monte Grappa, e sulle scoscese vallate circostanti fino a ruotare a sud-est dove si vedono le colline del Montello oltre il fiume Piave, che furono gli ultimi fragili baluardi tra la pianura veneta e il mare. Qui gli eserciti austoungarico e tedesco sospinsero  quello italiano e degli alleati ma si infransero senza mai passare. Questo vasto territorio fu quindi martoriato e sconvolto e chiese, cascine, case antiche, sculture e dipinti,  vennero travolti, distrutti e perduti. Di quel tempo si conservano notizie dalle lettere che molti parroci inviavano al loro Vescovo
Monte Tomba: Chiesa di S.Martino
di Treviso che era Giacinto Longhin.  Nel suo diario Egli annotò: " ...Purtroppo della Chiesa di Cornuda non rimase quasi niente. Cornuda era il nodo più importante dei nostri rifornimenti e quindi fu aspramente battuta dalle artiglierie nemiche. Della chiesa non restano che alcune mura crollanti; nel dicembre 1918 si vedeva ancora l'affresco dell'abside, opera del De Santi che rappresentava il patrono San Martino. Il campanile interamente distrutto, la canonica per un terzo diroccata e in modo sconcio manomessa. Andò perduto l'archivio,
Truppe alpine sul Grappa 1917
l'organo e una parte dei paramenti e delle argenterie, come pure un dipinto assai bello della Vergine del rosario di Paolo Lorenzi. L'arciprete riuscì a salvare un prezioso paramento con piviale di broccato d'oro finissimo proveniente dall'antica Certosa del Montello". A tanti anni da quegli avvenimenti, in un mondo completamente cambiato, molti salgono su queste cime per prendere il sole e osservare con i figli  i camminamenti e le trincee ancora visibili, insieme alle buche che segnalano ancora oggi, la intensità di quei bombardamenti.
E.Rommel sul fronte del M.Tomba
L'insieme dei reperti e delle opere difensive che sono ancora visibili lungo i 600 chilometri del fronte italiano, che andava dalle cime dell'Adamello fino al mare, oltre a quelle in Carnia e sul Carso  e lungo il fiume Isonzo, sono state da qualche anno recuperate a fini storici e turistici, con i contributi anche della Unione Europea e dei governi italiano, austriaco, ungherese, sloveno e croato. Al Museo della guerra riallestito a Ceneda di Vittorio Veneto, si aggiungono quelli di Trento, che allora era nell'Impero asburgico e di numerose altre località come a Gorizia, a Redipuglia-Monfalcone e quello di Rovereto.            Sul fronte del Monte Tomba giunse nel
Chiesa alpina sul Tomba 1960
novembre del 1917 anche il tenente Erwin Rommel che già si era distinto nell'attacco fulmineo a Caporetto, alla guida del Battaglione da montagna Wurttemberg. La Storia irruppe così in quelle valli con il suo volto più cupo. In quei paesi ridotti in macerie si compì negli anni '20 e '30 una grande impresa di ricostruzione. Le infrastrutture distrutte, il patrimonio zootecnico perduto, la devastazione delle campagne, produssero sconvolgimenti politici, sociali e culturali. Oggi a distanza di un secolo, attraversando questi luoghi meditiamo come la natura umana da una parte esprima il bisogno dell'Arte e dall'altra contenga l'impeto della violenza. Se il filosofo greco Eraclito
Casa sulle pendici del M.Tomba
considerava la guerra come un elemento necessario per l'equilibrio  degli opposti, Platone affermava che la città democratica debba vivere in pace ignorando la guerra che si riduce a un fatto privato che non deve coinvolgere la politica" Poi secoli di pensiero, di alterne vicende umane, ci hanno consigliato prudenza nel parlare di queste cose.  "Il sonno della Ragione genera Mostri". Non si può non osservare che in tanti casi, anche odierni, l'Arte, la Poesia, la bellezza dei Paesaggi non bastano a fermare le violenze. Si distruggono in un attimo secoli o millenni di testimonianze d'Arte in nome di aberranti filosofie e regressioni culturali. In tanti casi nel mondo vi sono stati dei Monte Tomba che hanno sovrastato la Cultura
Ossario sul M.Grappa
sottostante. Aleggia tra questi orizzonti  un pensiero di Alberto Moravia: " Al mondo non c'è coraggio e non c'è paura, ci sono solo coscienza e incoscienza.  La coscienza è paura, l'incoscienza è coraggio". Così tra le sensazioni date da grandiose ville venete e quelle di più modeste case rurali o contadine, la cultura radicata tra questi territori, rivela il senso profondo  di ogni comunità.  Prima delle differenze economiche e sociali sta la dignità dell'uomo e la sua naturale pulsione al bello, all'armonia con la storia di ogni tempo che deve  aggiornare l'obiettivo della "giustizia". Non la possiamo trovare solo nel rimpianto degli Ossari e dei caduti del passato. La troviamo nella vita combattendo quotidianamente per i valori della dignità di ogni persona che spesso sono enunciati e poco difesi od ottenuti. Sono  questi i combattimenti della nostra epoca. Non meno cruenti per le nuove generazioni e per gli ideali da cogliere salendo faticosamente i tornanti della vita.