mercoledì 15 maggio 2019

TRACCE DI CAMMINO

TRACCE DI CAMMINO                     di Gianfranco Vecchiato

1905/1961
Palazzo dell'ONU 1949/1951
Alle ultime generazioni il nome di Dag Hammarskjold è perlopiù ignoto. Diplomatico, economista e scrittore svedese, fu il secondo segretario delle Nazioni Unite, carica che ricoprì per due mandati dal 1953 al 18 settembre 1961, quando l'areo su cui stava compiendo una missione in Africa, precipitò forse a causa di un attentato. Di fede luterana, Hammarskjold guidò l'ONU attraverso grandi cambiamenti internazionali sia per la nascita di nuove Nazioni  e sia per le dure
Sala Assemblea dell'ONU
contrapposizioni fra i due blocchi  usciti separati dal conflitto mondiale.  Assunse l'incarico nel pesante  lascito della guerra di Corea e tra le lotte  che il colonialismo aveva lasciato in Asia ed Africa. Ma se alla crisi di Ungheria del 1956, a quella di Suez,  alle dispute tra est ed ovest, si aggiunse nei mesi che precedettero la sua morte, la costruzione del muro di Berlino che divise a lungo la città e l'Europa, Hammarskjold fu instancabile nel viaggiare ed incoraggiare i popoli che si affacciavano con la loro indipendenza nel consesso delle Nazioni Unite.  Nel suo libro "Tracce di Cammino", confidò: " ...il mondo in cui sono cresciuto era dominato da ideali e da princìpi di un tempo lontano dal nostro
Oscar Niemeyer 1907/2012
e, potrebbe sembrare,   estremamente
Le Corbusier
distanti dai problemi che stanno davanti all'uomo della metà del XX° secolo. Ciononostante il mio cammino non ha significato un abbandono di questi ideali. Al contrario sono stato condotto ad una comprensione della loro validità anche per il nostro mondo d'oggi. Così uno sforzo mai abbandonato, teso a costruire con franchezza e lealtà una convinzione personale mi ha portato a chiudere il cerchio:

Wallace Harrison 
riconosco ora e confermo, senza riserve, quelle stesse convinzioni a suo tempo tramandatemi. Dalla mia ascendenza paterna ho ereditato la persuasione che nessuna vita dava maggiore soddisfazione di una vita di servizio disinteressato al proprio Paese e all'umanità. 

New York: Vista sul porto
Questo servizio richiedeva il sacrificio di ogni interesse privato ma nel contempo il coraggio di battersi fermamente per le proprie convinzioni... La fede è uno stato della mente e dell'anima...Il linguaggio della religione è un insieme di formule che registrano una basilare esperienza spirituale. Ho compreso tardi cosa questo significhi. Quando ci sono finalmente arrivato, le convinzioni nelle quali ero stato un tempo educato, che avevano dato alla mia vita una direzione anche quando il mio intelletto metteva ancora in dubbio la loro validità, sono state da me riconosciute come mie nella loro giustezza e secondo una mia libera scelta. Sento di poter confermare queste convinzioni senza alcun compromesso con le esigenze di quella onestà intellettuale che è la chiave stessa della maturità della mente..." Riposa nel vecchio cimitero di Uppsala e in sua memoria gli fu conferito il premio Nobel per la pace.  L'edificio dell'ONU a New York disegnato da Oscar Niemeyer fu inaugurato nel gennaio del 1951.
La progettazione fu causa di dissapori tra architetti che videro tra gli altri anche Le Corbusier e Wallace Harrison, quest'ultimo come coordinatore dell'intervento. Un presagio del destino e delle funzioni delegate dentro a questo straordinario edificio, posto al 760 United Nations Plaza, un'area giuridicamente extraterritoriale per gli scopi e per tutte le Nazioni che ospita.  Quando Dag Hammarskjold  vi si insediò in quelle stanze si discusse fin dal principio  sulle distinzioni tra i doveri morali e i doveri giuridici. 
Le risposte si trasferirono spesso sul piano della
Niemeyer negli ultimi anni di vita

coscienza, il nostro giudice interiore. Essa va educata e sostenuta nella vita pubblica e in quella privata. Se vi è un decadimento del senso civico collettivo anche le creatività degli architetti e le tesi degli urbanisti ne vengono influenzate così come avviene per la stessa libertà personale che si fonda su questi principi. Nel libro "Architettura e democrazia, città, paesaggio e diritti civili",
l'autore, il professor Salvatore Settis, osserva che "la città e il paesaggio incarnano valori collettivi essenziali per la democrazia. Formano un orizzonte di diritti a cui deve rispondere la responsabilità dell'architetto, perchè il suo lavoro incide sull'ambiente e sul tessuto urbano, determina la qualità della vita quotidiana e modifica le dinamiche della società". Queste sono le altre "tracce di cammino"  che l'architettura lascia lungo la storia in ogni tempo ed in ogni luogo.