venerdì 28 febbraio 2014

LA VENEZIA DI BRAGADIN

LA VENEZIA DI BRAGADIN                  di Gianfranco Vecchiato


SS.Giovanni e Paolo

SS.Giovanni e Paolo


Nella storia di Venezia l'anno 1571 resta uno tra i più tragici ed
epici. E' l'anno che vede in agosto la caduta in mano ai Turchi della fortezza veneziana di Famagosta nell'isola di Cipro. Ma è anche l'anno, due mesi dopo, della vittoria delle navi veneziane, alla guida nella battaglia di Lepanto. Famagosta stremata, che aveva resistito  per 11 mesi in armi con 7 mila uomini, ottimamente guidati dai comandanti veneziani, all'assedio di 200mila Turchi, fu indotta alla resa, garantendone onore e salvezza. Kara Mustafà, comandante ottomano, violò il patto.
Fortezza di Famagosta 
M.Bragadin
Tomba di M.Bragadin
SS.Giovanni e Paolo
Territori di Venezia e Impero Ottomano
Uccise i 4 comandanti e infierì sul Governatore Marcantonio Bragadin, che indomito non si piegava. Fu torturato per giorni fino al supplizio finale. Scuoiandolo vivo. Bragadin resta uno dei più grandi eroi della storia di Venezia. La sua pelle fu poi trafugata dall'Arsenale di Costantinopoli, riportata in città nel 1576 e dal 18 maggio 1596 riposa in un'urna nella Chiesa di SS.Giovanni e Paolo, considerata il Pantheon dei Dogi. Famagosta fu prima genovese, poi dal 1489 veneziana, quindi turca fino al 1878 quando passò ai britannici. Nel 1960 ottenne con l'isola di Cipro l'indipendenza. Dal 1974 è stata occupata dai turchi ed abbandonata dai greci ciprioti. Queste vicende storiche richiamano un periodo lontano quando Venezia nel XVI° secolo era capitale di un grande "Stato da Mar", tra il Mediterraneo orientale e l'Adriatico, chiamato il "Golfo di Venezia". Nel Museo Navale, accanto all'Arsenale, si trovano diciotto modelli in legno, cartapesta e gesso, realizzati tra il 1500 e il 1600, che rappresentano antiche fortezze veneziane sparse fra l'Adriatico e l'Egeo. Finanziamenti europei, che si potranno estendere alla Croazia entrata nella UE, da impegnare per il recupero storico di molti luoghi che sono stati per secoli
Antica torre veneziana
sulla costa adriatica
possesso veneziano. Si tratta di un tema storico rilevante sul piano culturale dove sono tanti i "rammendi che riguarderebbero Venezia, per 1000 anni Stato sovrano. E' il caso del "Bucintoro", di cui esiste per ora solo un modello fatto nel 1824. L'originale nave da cerimonia del Doge, utilizzata nel giorno dell'Ascensione per lo "sposalizio del mare", quando Egli, gettando nell'acqua un anello, pronunciava le parole: "in segno di vero e perpetuo dominio". L'ultimo Bucintoro, varato nel 1728, fu distrutto 
Quadriga bronzea
II° se. d.C.

dagli occupanti Francesi nel 1797. Lo trovarono all'Arsenale e la furia ideologica che li animava portò a bruciarlo come simbolo di un potere detestato. Bruciò lentamente davanti all'Isola di S.Giorgio, umiliando i veneziani e distruggendo una grande opera d'arte. In quel periodo la città fu depredata di enormi ricchezze artistiche: quadri, monili, statue... Napoleone fece poi demolire la antica Chiesa di San Giminiano che sorgeva da secoli di fronte alla basilica di S.Marco, per il progetto delle nuove "Procuratie". Le demolizioni furono centinaia e molte confische portarono all'abbandono di isole in laguna un tempo floride ed abitate. Ferite che ancora da quell'epoca non si sono più rimarginate. Nei 60 anni di successiva occupazione austriaca, fino al 1866, Venezia è
Modello del Bucintoro
stata urbanisticamente modificata con l'interramento di numerosi canali. La costruzione nel 1846 del ponte ferroviario, che collegandola alla Terraferma la tolse dall'isolamento,  fu seguita dallo spostamento delle attività portuali nella zona di S.Marta, dove tutt'ora si trovano. Negli ultimi 150 anni  molte altre traumatiche trasformazioni hanno inciso sul corpo della città.In qualche caso si cerca di "ricucire" gli strappi col passato. Il progetto di rifacimento del
Leone con la spada:
Venezia era in guerra
Bucintoro, ad esempio, ha preso forza in questi anni. Recentemente i Francesi contemporanei, a parziale riparazione, hanno tagliato dalle foreste dell'Aquitania e donato a Venezia, oltre 600 tronchi di rovere e quercia, predisposti per i cantieri che a Venezia si cimenteranno nell'impresa.  Il Sindaco si è recato a Bordeaux per suggellare l'avvenimento. Nella sua storia anche Venezia ha depredato. Dal tragico saccheggio di Costantinopoli nel 1204, deviando dall'obiettivo della Terra Santa, furono portati via fra l'altro, i 4 antichi cavalli bronzei che ora in copia, sono sulla basilica di S.Marco, l'icona della Madonna di Nicopeia e 
Coste dalmate
molte altre preziose reliquie. Le colonne di Todaro e S.Giorgio, pietre e marmi tolti dall'arena romana di Pola; i leoni antichi a guardia dell'Arsenale e altre statue provenivano dalla Grecia... La storia si muove tra ragioni e torti. Camminando fra le calli veneziane, guardando case e monumenti, il turista frettoloso non coglie il racconto,  guarda "il colore", le bellezze delle vedute, la vita sull'acqua.  E nella cinica visione degli interessi, è accaduto spesso che anche architetti e urbanisti abbiano tagliato il passato come un ostacolo al progresso. Ma dall'uso di nuove tecnologie, dalla conoscenza dei materiali, dal rispetto dei "vincoli", da una autentica visione "storica" ed urbana, si alimentano le ragioni di una professione  al servizio di una città giunta su un crinale della sua lunga esistenza. I nomi di architetti come Jacopo Sansovino, Andrea Palladio, Mauro Coducci, Antonio da Ponte, Baldassarre Longhena,
Venezia. Fondamenta alle Zattere. Casa Cicogna
1953/1956 Arch. Ignazio Gardella
Michele Sammicheli, Gianantonio Selva e poi ancora di Sardi, Frigimelica, Massari, Scamozzi, Scarpagnino, Tirali... sono impressi in case e palazzi. Le loro testimonianze sono di pietre e di memorie. Molti nomi di contemporanei paiono non reggere  il confronto . Se all'architetto Ignazio Gardella con il progetto di casa Cicogna, terminato nel 1956, si deve una tra le opere più rappresentative del '900, inserite nel tessuto storico della città, altri grandi nomi non sono riusciti a lasciare che proposte di carta. Le Corbusier, Louis Khan, F.Ll. Wright e altri non hanno visto tradursi in 
Arch. Carlo Scarpa
Fondazione Querini
Venezia
Arch.G.de Carlo
(1919/2005)
Case a Mazzorbo 1985
opere i loro progetti. Carlo Scarpa ha lasciato alcune opere di interni tra le più importanti del '900, alla Fondazione Querini Stampalia, nel Negozio Olivetti a S.Marco, nelle Sale dell'Accademia.L'architetto Giancarlo de Carlo ha progettato tra il 1979 e il 1985 residenze nell'isola lagunare di Mazzorbo. 
Arch.G.de Carlo
Disegni per i progetti di
residenze a Mazzorbo
E'  giustamente difficile progettare a Venezia. Il caso recente del Fondaco dei Tedeschi lo testimonia. E' stato l'architetto Rem Koolhaas a dover modificare l'approccio progettuale al tema proposto e  ancora al centro di polemiche. Ma questo 
 è un capitolo tutt'ora da scrivere e da interpretare. Il tempo, si sa,  a Venezia fa con calma la sua parte.
Torre all'antico
Arsenale di Venezia

Fondaco dei Tedeschi 1228
    
Arsenale di Venezia
Ingresso













martedì 25 febbraio 2014

I PENSIERI DEL PRINCIPE


     

 I PENSIERI DEL PRINCIPE                        di Gianfranco Vecchiato
Carlo d'Inghilterra
Mantova. Palazzo Ducale
Nella città di Mantova emerge per bellezza il Palazzo Ducale che fu sede della Signoria dei Gonzaga nel periodo del massimo splendore dell'arte in Italia. A distanza di secoli le loro opere segnano in modo irreversibile il cuore urbano del centro storico dove piazze, campanili, chiese, torri, dipinti e sculture, fanno parte della vita della città in cui lavorarono grandi artisti chiamati alla Corte, come Andrea Mantegna e Leon Battista Alberti. Emerge ancora l'impronta data all'assetto urbano da Giulio Romano, 
allievo di Raffaello, giunto a Mantova nel 1530. A lui si deve il Palazzo Te, fulcro di equilibrio architettonico e ricco di straordinarie bellezze artistiche. I Gonzaga espressero una idea di città che appare inconfrontabile in questo secolo. A Mantova è ora in corso un acceso dibattito non solo cittadino, sul  progetto di un  centro commerciale  che verrebbe costruito a circa 200 metri dal complesso di Palazzo Te. 
In questo caso non si confrontano opinioni politiche ma culture diverse. La  valutazione di "Patrimonio dell'Umanità" decretata dall'Unesco  rischia di essere compromessa. Si riapre il tema di come si possano difendere e trasformare luoghi  di grande bellezza senza alterarne definitivamente la loro identità. In Liguria lungo la costa stretta fra il mare e i monti, dove l'equilibrio geologico è  messo alla prova dai mutamenti climatici, aumentare la cementificazione significa accrescere i rischi per il territorio. E questo vale per tanti altri casi. Dalla Sicilia, al Veneto, nei luoghi dove al turismo viene proposto   un modo inutilmente aggressivo,   di investire su insediamenti che hanno una breve  durata di utilizzo e una perdita definitiva di immagine.La Costituzione italiana all'art 9 afferma: "La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". Questi "beni" rappresentano l'identità culturale del Paese e un lascito da trasmettere alle future generazioni. Non sono Beni "nostri" ma un patrimonio universale. La formazione culturale  parte dalla scuola e si estende poi all'intera società.  Questo è il vero antidoto per  far crescere una coscienza civica all'altezza della storia e del patrimonio artistico in Italia.  Ai problemi dell'architettura e delle trasformazioni in luoghi di antica tradizione ha voluto qualche anno fa dedicare il suo pensiero anche il Principe Carlo d'Inghilterra.
Pianta antica
di Mantova

Borgo Ligure          
Liguria. Antico Borgo di Dolceacqua

 
Mantova.Palazzo Te
Giulio Romano 1527
Sala dei cavalli


Villaggio Inglese 
Borgo antico inglese

  

Digione(Francia)
Un angolo del centro storico
Praga. Arch. F. Gehry :"Ginger e Fred"
Una "Contaminazione" riuscita.

Nel 1989 scrisse un libro dal titolo: "Uno sguardo sulla Gran Bretagna. La mia concezione della Architettura."
E' nota la sensibilità del Principe di Galles su questi temi e sono interessanti le sue osservazioni che non temono di andare, a volte, controcorrente. Amante dell'arte italiana, il Principe ha creato una fondazione che ha sede a Todi, in Umbria. Egli è entrato spesso in polemica con l'establishment culturale del suo Paese e specialmente con gli architetti che, sostiene, abbiano in molti casi trasformato nel dopoguerra  lo stile e la qualità degli edifici e servito politiche speculative. In un passaggio del suo libro si legge: "...l'architettura contemporanea deve rispecchiare, secondo gli architetti, il dominio dell'alta tecnologia e l'evidente trionfo meccanico dell'uomo sulla natura che, per tanto tempo, l'ha tenuto in scacco. Evidentemente, in questo ordine di idee, il passato è ampiamente irrilevante e il suo significato e le sue lezioni devono essere cancellate. Credo che quando l'uomo perde il legame con il passato, perde l'anima. Allo stesso modo se respingiamo il passato architettonico, allora anche i nostri edifici perdono la loro anima. Se abbandoniamo i principi tradizionali su cui l'architettura si è basata per 2500 anni o più, la nostra civiltà ne soffre. Non c'è nulla di erroneo nell'imparare dal passato... Non siamo i soli a nutrire inquietudini per la strada intrapresa dall'architettura moderna..." 
Mantova

Londra. Arch. Inigo Jones
La Rotonda 
Arch. Andrea Palladio
Nella storia va detto che le contaminazioni sono continue e il Principe conosce le opere di Andrea Palladio (1508/1580) che fu tra i massimi architetti del rinascimento italiano e quanto le sue architetture furono ispiraratrici  in diversi  Paesi.  Tra questi l'Inghilterra, dove l'architetto Inigo Jones (1573/1652), dopo un lungo soggiorno in Italia, importò dalle opere del Palladio  lo stile 
Monticello (Virginia)  
Arch. Thomas Jefferson 

classico per le sue architetture.
Avvenne anche negli Stati Uniti con il Presidente e architetto Thomas Jefferson (1743/1826) che fu  influenzato dal classicismo visto in Europa. La casa da lui progettata a Monticello, presso Charlottesville, in Virginia, è stata a lungo un prototipo per molti edifici americani. E' una casa che mescola molti stili ma che,  come scrisse Bernard Oudin nel suo  "Dizionario degli Architetti": "parla con la sua fredda e commovente grandezza". 

Veneto. Villa Emo. Arch. Andrea Palladio
Quindi l'architettura quando è autentica possiede alcuni caratteri. 
Palladio nel 1570 scrisse nei "Quattro libri dell'Architettura" una guida per costruire secondo regole di antica sapienza. Egli annotava in premessa che prima di costruire si debbano considerare : "... Tre cose senza le quali nessun edificio meriterà di essere lodato. E queste sono l'Utilità, la Durata, la Bellezza..." Sono le  raccomandazioni di Vitruvio da Lui messe in pratica. Il tema si sposta quindi sul contesto dove un nuovo progetto si propone. E in questo caso anche l'architettura contemporanea nelle sue contaminazioni fra stili e rapporti di scala, deve saper rispettare i luoghi, le identità, i passaggi delle generazioni nel tempo. In un certo senso avere l'umiltà nel rapporto con la storia. A volte rinunciando  a prevalere sulle preesistenze, in altri casi sapendo leggere e interpretare il passato e il futuro con il rispetto che questo percorso deve sempre avere. Accanto al Centro storico di Praga, rimasto intatto  dalle vicende belliche del '900, in una testata d'angolo presso il fiume 
Moldava, Frank Gehry ha costruito circa 20 anni fa un'edificio di non grande dimensione, che sembra danzare con le preesistenze. Uno sfregio? No.  Un simbolo di modernità che ha riscontrato un vasto consenso fino a divenire una "icona" della Praga contemporanea. Integratosi nella fila di splendidi edifici in stile liberty, questa architettura ha saputo trovare con ingegno, innovazione e ironia, gli strumenti per contaminare positivamente il contesto. E così facendo ha storicizzato anche se stessa.














venerdì 21 febbraio 2014

MADE IN ITALY

MADE IN ITALY                                di Gianfranco Vecchiato

Scooter Vespa 

Fin dagli inizi del ‘900 alla crescente produzione industriale serviva una nuova politica commerciale per un pubblico diventato cliente. La pubblicità 
utilizzò manifesti e simboli capaci di attirare l’attenzione sul prodotto. Poi nelle due guerre mondiali, i disegnatori, che erano spesso artisti e pittori, furono impegnati nella propaganda bellica. L'utilizzo delle grafiche e la qualità dei  manifesti divenne un settore di specializzazione in molti Paesi prima che ai giornali si affiancassero la radio e poi le televisioni come nuove più moderne icone . 
Anche la psicologia e la sociologia fecero la loro parte. Si studiavano i comportamenti e le sensazioni agli stimoli ed al messaggio dei prodotti commerciali. Gli Stati Uniti avevano in questo campo una maggiore esperienza e tradizione. In Europa l'Italia utilizzò la indiscussa capacità di molti  suoi artisti e grafici. La Fiat, le Industrie alimentari, quelle legate alla moda furono impegnate a inventare soggetti che 
precorsero il "design".La Olivetti ad esempio, sperimentò fin dal 1912 una 
campagna pubblicitaria con  artisti di grande esperienza come Wolf Ferrari e  Marcello Dudovich. Dagli anni '30 si sviluppò  una grafica pubblicitaria che proseguì negli anni successivi e coinvolse molte aziende anche in campo internazionale. La svolta avvenne con la fine della guerra. La 
fantasia di tanti giovani architetti unita a quella di nuovi imprenditori, accompagnò il successo di numerose iniziative industriali. Nel 1946 uscirono da fabbriche in ricostruzione, i primi esemplari della Vespa”, ideata dall’ingegnere Corradino D’Ascanio. Nel 1947, su disegno di Cesare Pallavicino e Pierluigi Torre, venne prodotta la concorrente “Lambretta”. Erano moto dal disegno originale, spartane, maneggevoli, e aprivano la strada alla motorizzazione del Paese. Sarebbero divenuti un’icona dello stile italiano. 
Treno  "Settebello" 1952/1955
Tra gli anni ’50 e ’60, si consolidò il primato del design in tutti i campi. Dal treno “Settebello” alle prime automobili Fiat “600”, dalle macchine da scrivere disegnate da Marcello Nizzoli alle sedie di Vico Magistretti e di Franco Albini, elettrodomestici disegnati da Ezio Pirali, Marco Zanuso, Gino Valle, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, fino ad architetture originali come   
     
Treno "Italo"
Paesaggio italiano
la “Torre Velasca” a Milano progettata dallo studio BBPR (Banfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers ) o l’edificio Pirelli di Giò Ponti. Nel 1954 con il patrocinio della “Rinascente” viene istituito il premio triennale Compasso d’oro che è un riconoscimento assegnato dall’Associazione Disegno Industriale (ADI) al valore e alla qualità del design italiano. Il Premio che fa riferimento al compasso di Adalbert Goeringer ed alla proporzione aurea,  disegnato dal 
grafico Albe Steiner su opera degli architetti Marco Zanuso e Alberto Rosselli, è giunto nel 2014 alla XXIII^ edizione ed ha raggiunto un indiscusso valore in campo mondiale. Sono circa 400 i "pezzi" premiati in 60 anni di attività. A breve un edificio a Milano ospiterà una Esposizione permanente della Collezione Compasso d'Oro ADI, dove saranno collocati oggetti che hanno fatto la storia del disegno industriale italiano. Scorrendo le classifiche troviamo oggetti riconoscibili di cui spesso non si ricorda l'autore.  
Nel 1954 figurano i nomi di Bruno Munari e di Gino   Sarfatti con una lampada da tavolo di Arteluce   ancora in produzione, di Giovanni Gariboldi per un servizio da tavola in colonna per la Richard Ginori. Nel 1955, l'arch. Franco Albini con la sedia Luisa , Giuseppe de Gotzen con una spazzola elettrica aspirapolvere; nel 1956  Gino Valle per l’orologio elettromeccanico Cifra 5, nel 1959 Dante Giacosa per il progetto della Fiat 500, Ettore Sottsass per la Olivetti Elea 9003; nel 1960 un premio per l'auto  Abarth 1000 ad Ugo Zagato,  l’aereo da turismo Aviamilano Falco F.8L di Stelio Frati. Il lavabiancheria Castalda, la tenda da campeggio di Mario Germani. Nel 1962 la cucina Modello 700 dell’Ufficio della Industria Rex, un tavolo da Pranzo di Mario Bellini, il televisore Doney di Marco Zanuso e così via. Fino ad apparecchi telefonici, lampade, condizionatori d’aria, poltrone divano, caffettiere, elementi di arredo urbano in una miriade di oggetti che sono entrati  nella nostra vita quotidiana. Nelle ultime edizioni troviamo oggetti vari: dall’impianto frenante della Brembo, all'auto "Brera" Alfa Romeo di G.Giugiaro, al Manuale di identità visiva della 
                                         
                 1964/Radio Brionvega
                  Marco Zanuso
                   R. Sapper 


Soprintendenza Archeologica di Pompei, alla barca a vela Shaka, alla lampada a sospensione Hope di F.Gomez e Paolo Rizzato per Luceplan, fino a Sunset, una casa mobile disegnata da Hangar Group e Movit. La grande storia del "design" italiano si può leggere anche dalla storia dei manifesti e degli oggetti . Essa risiede ancora nella  tradizione e nel nostro individualismo. Se così è c'è da chiedersi perchè l’arredo urbano di molte città italiane lasci a desiderare. Pochi Comuni hanno delle Commissione per l’Arredo Urbano e dei cataloghi di orientamento generale su forme e oggettistica da valutare insieme alle Soprintendenza nel caso di inserimento nei Centri Storici. In questo settore si può migliorare. Troppe Insegne e oggetti riempiono aree urbane storiche e ne cambiano i caratteri. Lasciare la trasformazione di zone tutelate al mercato è sbagliato. Sarebbe necessario far ordine su una produzione ormai incredibile di oggettistica non sempre di buon gusto. Negli ultimi  anni molte imitazioni e arredi di provenienza extracontinentale, a basso prezzo, hanno invaso i mercati. L'Unione Europea non ha  salvaguardato le eccellenze  in nome del libero commercio. Sarebbe bene che le regole di tutela dei Beni primari e delle loro identità culturali fossero rispettate. Molti architetti sbagliano nel considerare l'arredo urbano svincolato dalle suggestioni delle preesistenze, temendo  di rinunciare alla loro capacità inventiva e di innovazione. Si tratta invece di  testimoniare il presente
Milano: Torre Velasca
Divano 



rispettando  con scelte  di sobrietà, e di stile il valore dello spazio vuoto e dei materiali. In molti casi  la "pulizia" di un'antica area urbana da cartelli, insegne, cestini, ed altri "ingombri" visivi ha dato risultati sorprendenti. Ritornava l'identità del luogo. Il “moderno” può manifestare con pieno diritto il suo posto accanto all'antico ma questo richiede molta attenzione e ricerca. Si è constatato sovente che  il decadimento del "nuovo"  fa prevalere  l'antico nel dialogo con il tempo.  La storia del disegno industriale ha portato a grandi innovazioni nelle abitazioni e nelle disponibilità delle scelte progettuali. Forme d'arte nuove e in continua evoluzione segnano la nostra epoca. L'epoca in cui l'architetto Rogers indicava il compito del progettista  "dal cucchiaio alla città" è scomparso per la complessità dell'evoluzione sociale e industriale. Ma è ancora un lavoro affascinante per un grafico contemporaneo.


 
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