giovedì 29 maggio 2014

IL COLORE


IL COLORE                          di Gianfranco Vecchiato

Burano  (Venezia)
Colore in Laguna
Ad Isaac Newton dobbiamo la teoria della luce, che fu pubblicata in "Ottica" nel 1704 dove dimostrò che la luce solare non era, come era stato tramandato, semplice omogenea e pura, ma il risultato della mescolanza eterogenea di tutti i colori dello spettro. Un secolo dopo Wolfgang von Goethe, si occupò, oltre che di scrittura e di poesia, di questa materia e nel saggio Zur Farbeniehere (La Teoria dei Colori) pubblicato nel 1810 a Tubinga,  attaccando la teoria di Newton, definì i colori non solo come un fenomeno fisico ma per le funzioni morali ed estetiche, psicologiche ed artistiche, una componente fondamentale della vita umana. Queste conclusioni si rafforzarono il Lui anche con i ragionamenti filosofici dell'amico Arthur Schopenhauer, conosciuto a Weimar e che frequentò tra il 1813-1814. 
Questi aspetti erano presenti nei pensieri dell'architettura "moderna" ma prevalsero a lungo i riferimenti al bianco e al grigio. Bruno Taut, che era un architetto della "corrente" funzionalista del primo Novecento, osservò che attraverso il colore  una struttura può essere riempita di vita reale. E ci furono movimenti come De Stijl che sulla composizione cromatica dei colori, (rosso, blu, giallo, nero ) trassero ispirazione e progetti. 
Isaac Newton
Teoria della luce
Ma proprio perché il colore non è solo una componente ma l'essenza della luce, le relazioni urbane ed edilizie che si trovano in particolare nei centri storici, legano l'ambiente, la Cultura, la Storia, ai colori.  In epoca antica era costante la  decorazione anche esterna delle case nelle città. Se ne trovano continue conferme sia nei restauri che nelle preesistenze di molti centri urbani. Dall'antica Grecia a Roma,in America, in Oriente, in Africa fino ad oggi, il colore è stato il protagonista principale nel risultato estetico e formale di una architettura. Qualcuno ha osservato che per una omologazione degenerativa ed ossessiva il "bianco" o la monotonia grigia nelle architetture moderne sia stato utilizzato a lungo  per fini commerciali e speculativi, e per  giustificare una passiva rinuncia al cromatismo che richiede coerenza e studio specifico.
La produzione e l'arrivo sul mercato di nuovi materiali, di leghe in alluminio colorato, di plastiche e di componenti sintetiche negli intonaci, hanno iniziato a diffondersi e nuove attenzioni si sono aggiunte su questi aspetti che non sono di "dettaglio" ma di "sostanza". L'Archeologia ci ha aiutato a capire il passato: Pompei testimonia come fossero dipinte le case, e come avveniva nel medioevo, ci conferma la relazione stretta fra l'arte della pittura e  l'architettura. Molti esempi ci provengono in Europa dalle zone alpine: da  Sciaffusa a Innsbruck, dal Trentino al Piemonte, da Venezia, a Genova, da Montplellier, a Perpignano, a Vienna (famosi gli interventi dell'architetto Hundertwasser) fino a Lisbona con le decorazioni ceramiche delle facciate, e alle case della Scandinavia. 
Sciaffusa (Svizzera)
Casa decorata. Sec. XVI°
In alcune città, con analisi storica e documentaria, si sono predisposti dei "Piani per il Colore" per  mantenere i caratteri cromatici degli interventi in quei contesti, evitando degenerazioni e squilibri dannosi alla loro immagine storica. E' il caso dei centri di  Burano e Murano nella laguna veneta o per altri versi quelli di Torino e di Genova. Il colore deve ritornare un rinnovato protagonista nell'architettura e nella rigenerazione della edilizia degradata. Si sono cominciate a "colorare" le produzioni industriali. Dalle facciate dei centri commerciali ed industriali, agli edifici direzionali, quando non è il "vetro" il protagonista "neutro" e riflettente dei colori del cielo o dei contesti. Lo studio del colore  che come sosteneva già Goethe, lega la fisica, la fisiologia, la psicofisica e la psicologia, evidenzia gli stretti legami con la nostra vita di relazione e con la Natura. In epoca moderna si deve allo studio della psicologia del colore dello
Lisbona /Rivestimento ceramica
svizzero Max Luscher una nuova conferma dei rapporti emozionali e di relazione che ogni cromatismo genera verso un osservatore. Queste relazioni legate anche ai contesti culturali, sono interessanti per l'architettura e l'urbanistica. Negli ambienti sanitari, ad esempio, le pareti si sono orientate al colore azzurro o verde chiaro, perché sono tinte rilassanti per i pazienti. La   tonalità marrone è predominante nei pavimenti perché ha strette relazioni con il colore della stabilità e della terra. I colori del giallo sono irradianti e luminosi, sinonimi di movimento, di espansione. Il piano del colore di Torino che fu iniziato nel 1979 sulla base di una ricerca universitaria ed entrò in vigore nel 1997, ha dato risultati unitari importanti. Un Ufficio del Colore è stato preposto al controllo degli interventi che ancora non sono stati realizzati. Altre esperienze sono in corso nella città di Bergamo Alta, a Milano ed in altre 
Torino: Piano del Colore 
località, con il contributo delle Soprintendenze ai Beni Architettonici ed Ambientali. Si tratta di un settore che dovrebbe essere insegnato e studiato fin dall'Università e che richiede specializzazioni nei settori artigianali ed industriali, sia nella produzione che nelle caratteristiche di durata e di qualità dei pigmenti naturali. Il restauro che è una disciplina di grande importanza ha in questo settore un ruolo fondamentale. Scriveva Le Corbusier che "il colore è intimamente legato al nostro essere, ciascuno 
Vernazza (Liguria)
Centro storico
ha il suo colore. Se lo ignoriamo i nostri istinti non si sbagliano."   Compromettendo un progetto cromatico, si crea un problema al valore estetico che è un patrimonio collettivo. Attenzione quindi ai colori.  Possono essere dannosi ...alla salute !


Clusone (Bergamo)
Torre dell'orologio
Ostuni /Puglia / Italia
La città "bianca"
Vienna /Hundertwasserhaus:
Colori e Forme
Londra / Nuovi cromatismi /Nuovi edifici
Arch. Renzo Piano
Isola di Burano (Venezia)
Cromatismo urbano
Centro Storico
Piano del Colore

Perpignano (Francia)
Teatro de l'Archipel
Perpignano (Francia)
Teatro de l'Archipel  Arch. Jean Nouvel
Facciate dipinte
Sciaffusa (Svizzera)
casa decorata 


Portogallo
Colori e decorazioni esterne

Trento
Centro Storico sec. XVI°

Norvegia / Cromatismi
Pompei
Casa decorata I° sec.

Pompei
Decorazioni

Pompei
Pareti dipinte I° sec.

Pompei
Casa dipinta I° sec.

sabato 24 maggio 2014

RITRATTI DI VENEZIA


RITRATTI               di Gianfranco Vecchiato

Il Doge Leonardo Loredan
Giovanni Bellini 1501
In una parete di Palazzo Mocenigo, a Venezia, sfilano i quadri
Il Doge Giovanni Mocenigo
Gentile Bellini 1480
di generazioni della nobile casata. Alcuni sono dipinti da mani famose, altri sfumano allo sguardo. Da una finestra aperta provengono voci e lo sciabordio dell'acqua al passaggio di una barca nel canale. La storia di secoli si nasconde fra le pareti di antichi edifici accostati a case semplici, e riflette un qualche senso del tempo. Il patriziato veneziano abitava accanto al popolo. Un Palazzo nobile e una casa del pescatore, tra le calli dove si incrociavano un andare e venire di chiacchere e confidenze. Nel settecento, Carlo Goldoni, che conosceva e rappresentava nelle sue commedie gli umori della città, osservava che "le bugie sono per natura così feconde che una ne suole partorir cento". Arguzia, eleganza, avventura e arte, si mescolavano nei miti veneziani ancor prima dei tempi di Casanova. Ma gli Affari dello Stato erano avvolti dal giuramento del segreto. La rotazione periodica delle cariche pubbliche, garantiva il servizio di buon governo più della carriera personale. Lungo le rotte sul mare, Venezia portava i suoi commerci, le sue stoffe, i suoi vetri, la sua lingua gentile, parlata dal popolo e dal Doge. La Repubblica credeva in Dio, rispettava il Papa ma eleggeva i suoi Vescovi in autonomia e nella divisione delle competenze tra lo  Stato e la Chiesa. Colpita più volte da pestilenze, la città non  si piegò mai alle tragedie. 
Venezia / Palazzo Ducale 
Recuperò in se stessa le energie, rilanciando sempre il proprio Destino. L'antico veneziano portava e toglieva: trafugava spoglie di Santi, statue, marmi, pietre e portava spezie, tessuti, ceramiche... Combatteva sui mari contro altri mercanti, genovesi o pisani e specialmente contro i Turchi in una strenua difesa dei propri interessi territoriali e  dei confini della Fede. Ma l'interesse per il commercio  prevaleva e in tante occasioni il rispetto tra avversari fu reciproco. In città la comunità Turca aveva un "fondaco", così quella  Tedesca, Armena, Greca... Il veneziano conosceva la parola "Onore" e la forza riconosciuta della diplomazia. Nel corso del XVIII° secolo, la Serenissima rifletteva sulla sua fine. Ne era consapevole da tempo.  Fin dalla scoperta del Continente americano che aveva spostato il baricentro commerciale dal Mediterraneo all'Atlantico. Fu un errore non cimentarsi con nuove rotte. Si rinchiuse nel motto: "Meglio essere Grandi tra i piccoli che piccoli tra i Grandi." L'apertura del canale di Suez avvenne nel 1869, settantadue anni dopo la caduta di Venezia. Troppo tardi. Il vaporetto che sfila sul Canal Grande è spesso un testimone stanco di attraversare i segni e le rughe con gli occhi digitali di milioni di turisti. Quaranta generazioni e  poco più di tre milioni di uomini e donne sono stati quel popolo che in 1000 anni da case nate sull'acqua e dal fango, da villaggi di pescatori, e da silenziosi confini, ha saputo creare Chiese, Palazzi, Monumenti, Arte, Cultura. Quanto resta di ieri viene oggi spremuto, sfruttato, consumato e lentamente distrutto. I quadri del Guardi, del Tiepolo, del Canaletto, del Tiziano, fissano una metafora tragica e gloriosa. I Musei, le Chiese, le luci, i tramonti, la vira che continua, gli amori che nascono, ricordi che svaniscono. Ancora per quello che può fare, il suo spirito emana poesia e aiuta il tempo presente. Ma quel mondo antico non c'è più. Per cercare di capirlo  basta entrare nella grande splendida Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale.
Venezia / Sala del Maggior Consiglio
Sopra ad un tronetto, il Doge riceveva gli Ambasciatori accreditati presso la Repubblica, e le Delegazioni straniere. All'ingresso in quell'enorme spazio, che poteva ospitare oltre 1000 persone, si resta senza fiato. La diplomazia veneziana se ne serviva per mettere in soggezione gli ospiti. Una sala di 1.300 mq, lunga oltre 52 metri, larga quasi 25 ed alta 11,50 metri, priva di colonne e con le pareti e il soffitto, totalmente decorati e dipinti dal Veronese, da palma il Giovane e soprattutto dal Tintoretto, che qui dipinse il Paradiso, il più vasto quadro ad olio del mondo. La copertura  è  sostenuta da 18 capriate in legno di larice, che coprono  tutta la sua larghezza:  un'opera unica. Poi il Doge scendeva nella sua Cappella privata che era la Basilica di San Marco (!), ricoperta da statue, mosaici e da decori,  passando per la Scala dei Giganti, in una apoteosi di Arte e di scenografie.  I 76 ritratti  dei Dogi che sono nella Sala del Maggior Consiglio, interrogano i contemporanei . Nelle memorie "Le mie prigioni" , scritto da Silvio Pellico e pubblicato nel 1832 e che fu arrestato dagli austriaci e tradotto nel 1821 al carcere dei "Piombi" presso il Palazzo Ducale, Egli descrive lo stato d'animo di quei mesi tormentati dal calore e dagli insetti mitigato da un altro ardore per il luogo in cui era rinchiuso : "... il più magnifico cielo mi stava dinanzi : io dominava tutta quella parte di Venezia ch'era visibile dal mio carcere: un rumore lontano di voci umane mi feriva dolcemente l'orecchio. In quel luogo infelice ma stupendo..."  Bisognerebbe capirla quella sensazione struggente che nasceva da un moto dell'animo.  "Quel luogo infelice ma stupendo"   dischiudeva il suo pensiero alla libertà.  E' una delle prerogative della bellezza, anche dell'architettura. Che in epoca contemporanea sa raramente raggiungere . E' forse per questo che ci si accanisce ad omologare, quando si può, un mito irraggiungibile.


C.Felice Biscarra (1790/1859) La Nuit
Arresto di Silvio Pellico a Venezia

Una cella ai "Piombi" di Venezia
Venezia: Il ponte dei "sospiri"
che conduceva ai "Piombi"

giovedì 22 maggio 2014

AUTOMOBILI


AUTOMOBILI                di  Gianfranco Vecchiato

Museo dell'Auto di Torino

Il Museo dell'Automobile di Torino, intitolato a Giovanni Agnelli, è considerato tra i più importanti al mondo in questo settore. Raccoglie la storia e la evoluzione di questo mezzo di trasporto e racconta un pensiero creativo che ha inciso sulla società nella cultura e nell'economia contemporanea. Il Museo nacque nel 1932 da un'idea di Carlo Biscaretti. Nel 1960 fu ricostituito vicino alla storica sede della Fiat- Lingotto, in riva al fiume Po su progetto dell'architetto Amedeo Albertini e dello strutturista ingegnere Ivailo Ludogoroff. Caratterizzato da volumi collegati a formare una gigantesca "V" con parti sospese su pilastri in acciaio inossidabile e calcestruzzo e con una imponente facciata convessa rivestita di pietra,  è composto da altre maniche su cui affaccia un cortile interno. Il Museo è stato sottoposto ad un integrale restauro su progetto dell'architetto Cino Zucchi e allestimento dello scenografo Francois Confino ed altri. Nel 2011 è stato riaperto e con una biblioteca e altri servizi collegati svolge  una funzione urbana importante in quella parte di città. Negli Stati Uniti, a Tacoma, c'è un Museo dell'Auto che è probabilmente il 
Museo dell'Auto Torino Interni
più grande del mondo. Frutto della raccolta di un privato, Harold Lemay, che dal 1940 iniziò a collezionare  automobili fino a raggiungere il numero di 3500 nel 1990. Il Museo  interattivo , ora gestito dagli eredi, porta il nome di  "LeMay America's Car Museum". Qui una secolare storia automobilistica  è raccontata anche da filmati, da biblioteche, con sezioni ad uso educativo-stradale. Nelle sale da congressi, si svolgono e  si promuovono diverse iniziative. In Germania
a Sinsheim, è aperto dal 1981 un grande  Museo dell'auto e della tecnica, che espone su spazi 
Museo dell'Auto di Torino
aperti anche aerei, imbarcazioni,mezzi militari, oltre ad auto di ogni foggia ed epoca.
La forma delle automobili è una traslazione in chiave moderna della vocazione artistica dell'uomo. Le esposizioni mettono in evidenza la portata "rivoluzionaria" di questa invenzione, sia nella meccanica come nel design.  L'automobile nata nel XIX° secolo ma perfezionata ed entrata in produzione dopo la prima guerra mondiale, ha
conosciuto il suo apice negli Stati Uniti, quindi in Europa ed ora in Asia.
Museo  a Sinsheim (Ger.)
Alcune Nazioni hanno avuto un ruolo importante in questo campo, con vetture e marchi storici che sono divenuti icone di stile e tecnica. In Italia basta il nome "Ferrari" o "Maserati" per indicare dei miti. In Germania vale per Mercedes e Porsche, in Francia per Citroen e  Peugeot, in Gran Bretagna per la Roll Royce o la Jaguar, in Giappone per Toyota o la Nissan, negli Stati Uniti per Ford e Chrysler... 
Museo Lemay  Tacoma (USA)
Nel 2010 nel mondo si sono superati il miliardo di veicoli e la Cina e l'India, tra le ultime arrivate in questo campo, stanno ora  spingendone la diffusione. Considerando che in questi Paesi vive il  36 % della popolazione mondiale, capiamo quali cambiamenti siano in atto, anche sul piano economico ed ambientale. Il petrolio, come prodotto combustibile, è un elemento in progressivo esaurimento ed è utilizzato per far viaggiare singole persone su singole vetture. Spinge i consumi ma brucia risorse e "falsa" i mercati. E' del tutto evidente che questo non potrà essere ancora a lungo un modello per il XXI° secolo.

Maserati 
Fiat 16/20 HP 1903
Mercedes Benz 500k 1936
Le ricerche su nuovi motori per consumi più ridotti, il minor peso con scocche e leghe di alluminio, l'uso di batterie per  vetture ibride o elettriche, si affianca a norme anti inquinamento ed a limiti di 
accesso nei centri storici. Fin dagli anni  '20 e '30 gli urbanisti avevano studiato i rapporti fra qualità dell'abitare e la sicurezza nei trasporti ipotizzando diverse funzioni nelle relazioni di vita quotidiana.  
Le Corbusier / La Ville Radieuse
Con le teorie della "Ville Radieuse",  Le Corbusier affrontava le innovazioni nella città moderna, scrivendo un "manifesto" in parte di utopie ma anche di grandi  visioni del futuro. Nel 1951 Egli ebbe occasione di poterle  sperimentare nella costruzione della città indiana di Chandigarh che resta comunque un esempio isolato. Oggi nelle città i rapporti fra trasporti collettivi ed individuali, sono una componente essenziale nella politica urbanistica. Le domeniche a piedi sono però francamente dei "palliativi". Questi settori muovono interessi enormi e la Scienza e la Tecnica sono frenate dall'introdurre soluzioni troppo drastiche perché si rischierebbe di far "saltare" intere tradizionali filiere economiche. Ora che la crisi economica sta avendo  conseguenze pesanti anche   in questo settore, bisogna riflettere sull'intero sistema di trasporti. Negli ultimi anni sono fallite diverse storiche case automobilistiche, altre si sono fuse e interi cicli industriali si sono dislocati in aree ritenute economicamente più vantaggiose. Ciò ha cambiato le economie di città produttive, come è stato qualche anno fa per Detroit,od in Italia con la Fiat a Torino. 
Alfa Romeo Giulietta
1300 Spider
Fiat  "Topolino"
La dismissione di fabbriche ha svuotato  vaste zone  urbane. Sono scomparsi marchi storici, come la Saab, si sono fuse tecnologie e spostati in Asia investimenti e risorse. Questo è un settore industriale che sviluppa design, meccanica, ricerca e  si proietta nel futuro con l'uso di nuove ceramiche, di nuovi combustibili, di materie plastiche e metalliche, raccogliendo un indotto strategico nella competizione economica globale. L'industria automobilistica è apparsa congeniale alle capacità inventive ed imprenditoriali che sono nel nostro DNA, contribuendo al Made in Italy .
Fiat 600 1959
La bellezza delle auto storiche, deve anche ricordarci le capacità industriali di uomini  tenaci ed ottimisti. Oggi a quelle indispensabili qualità di impresa si deve aggiungere  un sistema economico in grado di funzionare. Solo così possono ripartire nuove idee, nuove energie, nuovi stili e attirare investimenti e rigenerare aree urbane degradate . 
Fiat 130 HP 1907
L'architettura e l'urbanistica non si limitino quindi ad analisi ma  propongano soluzioni puntando sulla "bellezza" e sulla "qualità" innovativa che va assunta come modello di impresa. Nei vecchi processi lavorativi si formava una "fliera" di operatori. Anche adesso, con il computer serve questo approccio. Si tratta di una nuova catena di montaggio non solo industriale che comprende la qualità dei territori che non vanno "riempiti" di cose. E quindi la scuola e le Comunità, con i loro valori e le loro identità. E' difficile?  L'Industriale americano Henry Ford ha detto che ogni fallimento è una opportunità per diventare più intelligenti. Poi ha aggiunto che "pensare è il lavoro più arduo che ci sia. Probabilmente  è questo il motivo per cui così pochi ci si dedicano".  
Ford Jeep 1941
Museo dell'Auto di Torino
Le Corbusier
Il Modulor
Lista dei primi Stati del mondo  nel rapporto fra numero di autoveicoli per ogni 1000 abitanti.
Posizione nel
mondo
Stato/TerritorioNumero autoveicoli
per 1000 abitanti
Note:
1Stati Uniti Stati Uniti765
2Lussemburgo Lussemburgo686
3Malesia Malesia641
4Australia Australia619
5Malta Malta607
6Italia Italia606
7Canada Canada563
8Nuova Zelanda Nuova Zelanda560
9Austria Austria558
10Giappone Giappone543
11Portogallo Portogallo537
12Islanda Islanda522
13Norvegia Norvegia494