sabato 20 luglio 2019

BLUE MOON

BLUE MOON      di Gianfranco Vecchiato


20 luglio 1969: prima impronta umana sulla Luna
Alex Ruiz : Cielo stellato
Nel 1934 negli Stati Uniti uscì una canzone scritta da Richard Rodgers e Lorenz Hart che ebbe uno straordinario successo: Blue Moon.  Insieme ad innumerevoli altre canzoni sparse tra i popoli della Terra la musica ha individuato nella Luna anche un ruolo  sentimentale per la sua vicinanza che scandisce le stagioni agricole, le maree, le leggende, il mistero del firmamento. Quelle macchie scure sulla sua superfice, per alcuni somigliano a quelle di chi porti sulle spalle una fascina, per altri ad un volto mutevole che nasconde l'altra sua metà. Così la Luna si è sempre mostrata fin da quando sono apparsi i primi ominidi sul nostro pianeta. Nei progetti di conquiste spaziali cresciuti con la tecnologia nella seconda metà del XX° secolo, la Luna fu il primo luogo di sbarco previsto verso il nostro sistema solare.   Il 20 luglio del 1969 la discesa sul suolo lunare, nel "mare della Tranquillità" del "Lem" che portava due astronauti americani, e l'impronta del primo uomo  Neil Amstrong, sul suolo lunare, parve rompere l'incantesimo. In tutto il mondo si è ricordato quell'avvenimento e molte persone, ormai 
Neil Amstrong 1°Uomo sulla luna
anziane hanno impresso in modo indelebile  quanto videro sugli schermi televisivi, in diretta dalla luna." Un piccolo passo per l'Uomo, un grande passo per l'Umanità".  Anni dopo si diffusero teorie che contestavano tale sbarco, ritenendolo una finzione in chiave geo politica, organizzato dalla Nasa con l'aiuto di Hollivood. L'esame di immagini prese dalla Luna parevano in contrasto con le leggi della fisica: ombre e orizzonti che non tornavano. Lo sbarco e non fu l'unico, naturalmente ci fu. Le imprese spaziali che hanno accompagnato le generazioni  nel decennio tra la fine degli anni '50 e '60, assunsero un valore oltre che scientifico, politico e sociale. Il confronto tra USA e URSS si era aperto con il primo sputnik lanciato dai sovietici che anche con il primo lancio di un uomo nello spazio, Yuri Gagarin, avevano preceduto gli americani nella corsa allo spazio. Ma tale distacco venne rapidamente superato, grazie alla tecnologia ed ad alcuni scienziati del valore di Werner Von Braun, il tedesco poi naturalizzato americano che in gioventù fu il protagonista della creazione dei missili V2 che da Penemunde sul Baltico, vennero lanciate su Londra dal 1944, senza modificare
La Terra vista dalla Luna
tuttavia le sorti della guerra. La Luna è ora stata nuovamente riproposta come obiettivo per la installazione di una prima colonia terrestre, da attuarsi entro la metà di questo secolo. E in programma c'è una spedizione su Marte. Tra i nuovi protagonisti di questa avventura nello spazio ci sono nuove Nazioni: la Cina, l'India, l'Unione Europea, che affiancano gli Usa e la Russia. Fatica ad emergere un vero coordinamento  mondiale che faccia prevalere la tecnica e la scienza sulla politica e sui sistemi di governo. Quello che vale per lo Spazio è ancor più urgente per la Terra. Vedere il pianeta Terra, piccolo e stupefacente nei suoi colori, girare

nel buio e il silenzio dell'Universo pone molte domande. Come quelle che il poeta Giacomo Leopardi agli inizi dell'800 così si rivolgeva dalla sua Recanati : "Che fai tu Luna in ciel, dimmi che fai, o silenziosa Luna..." Per poi concludere: " In questa immensità si annega il pensier mio e il naufragar mi è dolce in questo mare". La Natura ci nasconde tantissimi  segreti. I filosofi raccontano che in sè questo satellite è fatto di crateri, di deserti di pietra, di montagne e di silenzi. Ma esso illumina per mezzo del sole, la Terra. Quindi diviene anche strumento che trasferisce all'esterno qualcosa che non gli è proprio se non
Harold Slott Moller: Luce della luna
provenisse da altro. In una riflessione critica rispose lo scrittore Italo Calvino: "... guardare il cielo stellato per consolarci delle brutture terrestri? Ma non sembra una soluzione troppo comoda? Se si volesse portare il discorso alle estreme conseguenze si finirebbe per dire : continui pure la Terra ad andare di male in peggio tanto io guardo il firmamento e ritrovo il mio equilibrio e la mia pace interiore..." E così occorre chiedersi se a mezzo secolo di distanza sono stati traditi molti sogni e speranze pur non rinunciando a riprovare, generazione dopo generazione a superare il senso della nostra limitatezza volgendo sguardo, intelligenza e risorse, all'infinità dell'Universo.  

venerdì 12 luglio 2019

TEMPO IGNOTO

TEMPO IGNOTO             di Gianfranco Vecchiato


Arch. Guido Zordan (1936/2019)
L'abitudine di guardare alle cose attraverso i dettagli, era una caratteristica professionale presa da ragazzo quando il suo gioco preferito era quello del meccano. Imparò così ad  avvitare ingranaggi ed a costruire modelli e strutture. Aveva abitato in una casa accanto agli Spalti del vecchio Castello. Una piccola casa diventata poi sede degli autisti del Comune. Alla scuola di architettura pervenne di istinto per dare razionalità ai sogni, non a distruggerli. Le pietre, le luci, l'acqua, le prospettive, si raccontano attraverso la storia.
Senza il legame con le radici di un luogo, per l'architetto Guido Zordan non esisteva cultura; perciò l'analisi precisa, a volte quasi esasperata, precedeva sempre le proposte e  
Edicola in piazzetta (Arch.G.Zordan)
Mestre:Piazza Ferretto 1998
le intuizioni. In quei casi i richiami a  Carlo Scarpa od a Giancarlo De Carlo guidavano i pensieri e le realizzazioni. Lo 
conobbi molti anni fa durante i dibattiti per ridisegnare il centro della città. Condividevo il suo  metodo riflessivo pur non essendo ignote alcune impuntature su ostinate proposte formali. Egli difendeva l'autonomia intellettuale  e per questo la qualità delle discussione si alzava sopra ogni polemica. Il male che negli  anni lo minò nei movimenti accentuò la sua volontà di affermare e sostenere che i valori della memoria possono essere riproposti nella attualità. E' stato nei progetti di restauro urbano e monumentale che tali aspetti si realizzarono  con sapienza di forme e materiali. Alcune sue opere furono divisive, come nel caso della scala costruita per accedere alla Torre. E' una scala strana e complessa, a forma di ghigliottina; un oggetto meccanico
Piazza di Mestre negli anni '60
frutto di una analisi storica e di una invenzione di design. Lo stesso vale per le nuove edicole dei
Lampione 
giornali che si aprono a ventaglio e che caratterizzano il luogo in cui   si trovano. In Piazza, sulla Torre, sulla strada, lungo il fiume, si possono cogliere i segni del passaggio dell'architettura. Quei segni sono idee che aleggiano sopra il tempo.  Quante volte ogni giorno nel mondo si celebrano degli addii.
Mestre: Fontana con scultura di A.Viani
Persone e cose ci lasciano.  “Lascia dormire il futuro come si merita”. Questa frase di Franz Kafka suggerirebbe di vivere il passare dei giorni guardando  al presente. Se però apriamo l'album dei ricordi personali ci accorgiamo che a volte c'è più attualità nelle risposte che  ci vengono dal passato, anche quello più lontano. 

Scala della Torre (Arch. G.Zordan)
L'urbanistica e l'architettura furono negli anni di rivolte studentesche, mescolate  dagli insegnanti in aule universitarie caotiche, tra ideologie e progetti. Il passato è ancora attuale. Se è vero che nel tempo si nasconde l'ignoto è per questo ancor più necessario  testimoniare. L'architettura è una materia gioiosa, entra sempre  in  racconti che continuano, è una scoperta che sa affascinare, che può costruire forme che amano i secoli, la luce, le discussioni, i tormenti, le provocazioni e le poesie. E' una forma d'Arte che non si spegne con l'autore.  Ma abbiamo imparato nel Novecento che accanto a questo, l'architettura svolge anche un ruolo pubblico e sociale. Per questo ha un compito etico oltre che economico ed artistico.   Gli architetti e gli urbanisti hanno il dovere di rispondere a questi obblighi, unendosi alla gente comune, ascoltando ed interpretando le pulsioni della società. Restando sempre grati a chi vissuto in un'epoca che non c'è più, ci conferma l'attualità di un passato che parla sempre al presente.