sabato 18 dicembre 2021

LA STORIA SIAMO NOI

LA STORIA SIAMO NOI  di  Gianfranco Vecchiato

U
n tempo abitava vicino a casa mia un Maestro elementare. Lo ricordo anziano, camminare con passo lento, il cappello in testa, l'aria severa, l'animo tormentato da un lutto lontano. Il figlio maggiore gli era morto in guerra, durante la Campagna di Grecia nel 1941. E così la vita di quella famiglia era cambiata. La casa dove abitava aveva un giardino posteriore con degli alberi da frutto. Nei giorni di sole i giardini del vicinato si riempivano di biancherie colorate stese ad asciugare. I negozi del quartiere erano luoghi di incontro e di scambio e la vita sociale si animava di semplicità comuni. Non era un mondo ideale ma pareva aver trovato degli equilibri fra i bisogni materiali e alcuni valori morali. Poi lo sviluppo urbano alimentando demolizioni, ricostruzioni, cantieri, nuovi residenti,  inghiottì uno alla volta i giardini facendo crescere nuove case e disegnando altre
prospettive. Occorreva ripensare nuovi spazi di relazione per altre generazioni ma si crearono periferie urbane anonime.  Fu solo questione di tempo e da lì a qualche anno anche il vecchio Maestro un giorno traslocò perchè la sua casa fu demolita e l'area si trasformò in un cantiere. Morì qualche mese dopo in un appartamento duecento metri più in là. Le tappe della vita sono costellate da passaggi e da cambiamenti che legano diversi racconti con la memoria dei singoli. L'architettura e l'urbanistica sono protagoniste  di questi processi ma non guidano i rapporti con le storie individuali che esse ripropongono e riprogettano a tavolino, attraverso i piani. Francesco De Gregori autore della canzone
"La storia siamo noi" ha scritto:  "Siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo. La storia entra dentro le stanze e dà torto e dà ragione. Nessuno la può fermare, non ha nascondigli, non passa la mano, siamo noi questo piatto di grano..." Ogni finestra si affaccia su un mondo che non dà risposte ma  pone invece domande. Vorrei osservare tre aspetti. La prima riflessione è sul presente che vince sul passato nella scienza e nelle tecnologie. Questi progressi se usati con intelligenza, trasformano in meglio la qualità della vita di moltitudini di persone.  La seconda è sui rapporti umani, minati dalla perdita diffusa di identità, un collante sociale importante che tiene fra loro insieme le generazioni.  La terza è la questione ambientale, una grave emergenza per il pianeta. La struttura politica e le filosofie dei popoli dovranno ricomporre e connettersi fra loro, cercando di tenere insieme questi tre aspetti. Quale posto avrà in questo processo l'architettura? Si può sperare che  lo possa avere
da protagonista ma se sarà complementare o forse addirittura strumentale ai modelli economici di mercato, perderà significato e ruolo. Il quotidiano finanziario "Il Sole 24 Ore", pubblica ogni anno una classifica sulla qualità della vita tra i 107 capoluoghi di provincia italiane.  Novanta indicatori e sei grandi categorie tematiche, incrociano una serie di variabili. Le aree sono:  1)Ricchezza e Consumi 2) Affari e Lavoro 3)Demografia, Società e Salute 4) Ambiente e Servizi 5) Giustizia e Sicurezza 6) Cultura e Tempo Libero.  Quest'anno al primo posto si è collocata Trieste. Il primato la città lo ha nel settore cultura, in quello degli affari e lavoro, in ambiente e servizi. E' stata la caduta delle frontiere a rilanciare Trieste che aveva perduto il suo hinterland  nel dopoguerra. La sua collocazione strategica premia una qualità della vita dove la storia si mescola con quella della sua gente.
Ma è così anche altrove. A quella graduatoria aggiungerei un dato non facilmente identificabile ed è quello che se "la storia siamo noi",  sono i nostri rapporti che modellano i luoghi, gli ambienti e le stesse città. Occorre quindi dare valore ai rapporti umani perchè da essi proviene il senso quotidiano di ogni paesaggio e di ogni architettura. D'altra parte proprio Trieste dimostra quasi in maniera metaforica, con lo spirare dei venti di "bora" che ogni tanto l'attraversano, che c'è forza in ciò che non si vede. Iniziando  a ricostruire un tessuto sociale partendo dai rapporti interpersonali, si costruisce un'altra urbanistica, un mondo di relazioni, una solida strada sulla quale porsi in cammino. Tornano le antiche teorie sociali dei primi decenni dell'ottocento, quando il mondo non giungeva al miliardo di persone mentre oggi siamo quasi 8 volte tanto. Sono miliardi di storie da raccontare in un affresco dove rilanciare una idea di sviluppo, di fantasia, di creatività, di relazioni, seguendo la solidarietà e la giustizia sociale. Teorie ed illusioni non tramontate. E' da quel periodo che nacque una idea nuova, moderna e diversa di architettura, non fatta per privilegiati ma per uguali nei diritti e nei doveri. Questa storia è ancora e forse sempre sarà, tutta da scrivere. 




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