martedì 20 ottobre 2020

STRAPAESE


STRAPAESE    
di    Gianfranco Vecchiato

Leo Longanesi (1905/1957)
Sull'onda del nazionalismo saldato sulle tradizioni e sul motto di
"Dio, Patria e Famiglia", si scontrarono durante il fascismo due movimenti letterari che assunsero  nomi stravaganti: "Strapaese" e "Stracittà".  L'inedita frattura che si creò nel mondo professionale per i nuovi piani urbanistici che squarciavano i centri storici, produsse nel ventennio critiche se pur blande, verso alcuni settori del regime.
Tale divisione rimase anche nell'Italia repubblicana  tra  conservatori e  progressisti ma furono spesso questi ultimi  a dover difendere sul piano culturale il valore delle preesistenze dagli sventramenti della speculazione  immobiliare. In quegli anni gli aderenti a " Strapaese" si impegnarono per difendere  il carattere rurale e paesano prevalente nella società italiana di allora, contrastando l'esterofilia e le idee di modernità ritenute  dannose per la integrità della Nazione.
Paesaggio italiano
L'associazione voleva "promuovere una civiltà cattolica, non bigotta, rurale, tradizionalista e anti urbana." Proponeva l'uso dell'Arte per agire sulla società e per sostenere una idea di "fascismo" non dittatoriale.  Leo Longanesi che fu scrittore, giornalista e disegnatore,  e tra i giovani animatori del movimento culturale, nella prefazione alla sua rivista "l'Italiano" scrisse: " I popoli nordici hanno la nebbia, che va di pari passo con la democrazia, con gli occhiali, col protestantesimo, col
Borgo lombardo
futurismo, con l'utopia, col suffragio universale, con la caserma prussiana, col cattivo gusto, con i cinque pasti e la tisi Marxista. L'Italia invece ha il sole e col sole non si può concepire che la Chiesa, il classicismo, Dante, l'entusiasmo, l'armonia, la salute filosofica, il fascismo, l'antidemocrazia, "Mussolini". Il fondatore di Strapaese che fu il toscano Mino Maccari, veniva da terre dalla tradizione verace che coltivava sentimenti anti intellettuali e anti borghesi. L'americanismo, ma non la letteratura americana,  fu avversato in quanto materialistico, mercificante e corruttore di costumi. Strapaese si battè anche contro la distruzione degli antichi borghi medioevali nei centri urbani e contro l'architettura razionalista vista estranea allo spirito dei luoghi. Una battaglia quest'ultima, non vinta.
Si cercava di modificare l'avanzante Novecento, salvando insieme ad una Italia cortigiana e aristocratica, anche quella fatta di campanili e di sagre di paese
,  mescolata tra l'eroismo d'annunziano e il paternalismo provinciale che fu in seguito ben rappresentato nelle pellicole di Federico Fellini e nel genere di "commedia all'italiana". Mentalità e modi di vivere imperniati sull'individualismo e sull'estro personale, sono caratteristiche nazionali, feconde a volte di eccentriche genialità. L'urbanistica  vide il successo di "Stracittà", che aveva visioni opposte e che contava su illustri architetti come Piacentini, Terragni, Libera, Mazzoni. Persiste ancora oggi un'area di provincialismo nella società italiana che si è modificata dagli anni '60  con l'industrializzazione e l'abbandono delle campagne. Longanesi se ne lamentava ma morì troppo presto nel 1957, per vederne gli effetti più radicali. Sostenne fino alla fine che: "La miseria è ancora l'unica forza vitale del Paese e quel poco o molto che ancora regge, è soltanto frutto della povertà. Bellezze dei luoghi, patrimoni artistici, antiche parlate, cucina paesana, virtù civiche e specialità artigiane, sono custodite soltanto dalla miseria. Perchè il povero è di antiche tradizioni e vive in una miseria che ha
Razionalismo italiano
antiche radici in secolari luoghi, mentre il ricco è di fresca data, improvvisato. La sua ricchezza è stata facile a volte nata dall'imbroglio, da facili traffici o imitando qualcosa che è nato fuori di qui. Perciò quando l'Italia sarà sopraffatta dalla finta ricchezza che già dilaga, noi ci troveremo a vivere in un Paese di cui non conosceremo più nè il volto nè l'anima". Il problema acutamente e ruvidamente sollevato da Longanesi, quello di comporre una società in cui possano convivere tradizione e modernità, quello dove, come Egli denunciava, si preferiva alla manutenzione la inaugurazione. Non sono temi passati nè solo italiani  e riconsiderarli aiuta a spiegare quei salti culturali altrimenti incomprensibili  sui 
Roma: sventramenti nel centro storico anni '30
territori e nella vita quotidiana. Scrisse ancora Longanesi:" Noi italiani siamo il cuore d'Europa, ed il cuore non sarà mai nè il braccio nè la testa: ecco la nostra grandezza e la nostra miseria".  Di se stesso disse: "Sono un uomo inquieto uscito da una famiglia quietissima".  A distanza di tanti anni quei pensieri ci interrogano sul nostro tempo,  difficile e oscuro. Non c'è nostalgia per la miseria  ma per la semplicità e per le tradizi
oni, che  danno senso al passato e al futuro. Quelle tradizioni, secondo Jean Léon Jaurés che non consistono " nel mantenere le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma".
Tipi di edilizia popolare detestati da Strapaese



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