giovedì 21 marzo 2024

MENTE E IGNOTO

MENTE E IGNOTO    di  Gianfranco Vecchiato


"La Mente ama l'Ignoto". Spiegava così i suoi soggetti artistici il pittore surrealista belga Renè Magritte (1898/1967) che aveva voluto percorrere le strade della metafisica  viaggiando in un  universo parallelo, enigmatico,  dove le variabili sono protagoniste inconsapevoli della storia quotidiana. Ciò che vediamo non è sempre interpretabile nello stesso modo. L'Ignoto è  il protagonista, fin dall'inizio della storia umana, delle nostre ricerche interiori ma influisce anche sulle  opere costruite, attraverso forme, contenuti, messaggi espressivi che divengono reali trasmigrando dalla nostra mente alla materia.   In questo contesto si colloca l 'Architettura che si avvale anche della quarta dimensione,  sostenuta ed analizzata da storici, quali Sigfrid Giedion e Bruno Zevi, che ne diedero diverse spiegazioni. Ai caratteri vitruviani della Firmitas, Utilitas e Venustas, la quarta dimensione dello Spazio-Tempo,  si sviluppa attingendo da un fattore creativo essenziale: la Memoria. Le architetture seminano ricordi, richiamano valori, aprono a dimensioni nuove, e con i nuovi materiali i rapporti tra pieni e vuoti definiscono gli spazi in cui muoversi.   Nell'opera "l'Impero delle Luci", Magritte dipinge, sotto un cielo luminoso e diurno, una casa con le luci accese, circondata dal buio di una incombente foresta. Il contrasto tra la luce e l'oscurità, cerca punti di equilibrio. Nelle città contemporanee, il buio penetra in periferie attraversate dal disagio sociale, da criminalità diffusa, da assenza di valori,  da interessi divisivi, da linguaggi aspri e da azioni violente. Le luci si accendono invece con la solidarietà, con le amicizie, con un decoro non apparente ma diffuso, con il senso civico, con lo spirito critico propositivo. ed il ruolo centrale dell'individuo.
Mestre: Progetto del Borgo del Castelvecchio
  Se si accendono le luci della Memoria e delle Emozioni, si riesce a leggere qualcosa del mistero che sta attorno a noi.  La sociologia e la psicanalisi hanno fatto  conoscere mondi che ci erano ignoti. L'ignoranza alimentava un tempo i roghi di superstizioni, chiudeva i problemi delle persone in recinti separati, temendo che le foreste buie delle loro fragilità, finissero per contaminare e travolgere l'ordine sociale.  Per altre tragedie collettive si è data la colpa al demone della Guerra, il Polemos della mitologi greca, che rompendo ad ogni generazione nuova le catene della violenza,  semina lutti e rovine. Per entrare nell'ignoto occorre comprendere se e quanto esso sia il risultato dell'assenza di processi ed azioni, che impediscono le emozioni, aumentano i conflitti e comportano drammi sia naturali che spirituali. Le leggi, i sistemi di governo, le espressioni politiche, la natura degli investimenti, le forme delle nostre case e delle nostre città, sono punti di un racconto. Nei centri storici in genere si sommano le memorie e le identità delle comunità ed è per questo che vanno protette, studiate, recuperate. Nell'ignoto si entra portando insieme il passato e il presente.  Le Arti
Memoria: Torre Medioevale
possono svolgere questo compito e l'architettura che usa le immagini ma anche le percezioni dello spazio-tempo, raccoglie sia gli interessi collettivi  che le individualità. Non è questa una prerogativa di una sola professione quanto la sintesi collettiva  di processi storici in continua evoluzione. Mentre la forza di una buona architettura, la sua luce,  sta  nel cimentarsi con la mente e con l'ignoto, il buio dato da ogni distruzione  violenta compete sul piano dei valori negativi. Può trattarsi di fatti naturali estremi, come sono i terremoti o le alluvioni, o guerre tragiche come quelle in Ucraina ed in Medio Oriente, ma può più banalmente essere anche il risultato distruttivo dato da speculazioni per profitti personali. Quando  interveniamo su un territorio dovremmo quindi conoscere la storia che porta con sè, e dare a questo aspetto un giudizio di valore non necessariamente economico.  L'architettura può essere grande anche quando è il prodotto di  espressioni semplici e popolari e non solo quand'è aulica e complessa. Alla radice c'è sempre nel profondo,  la sfida di dare luce a quella foresta che incombe attorno, e dentro di noi,   fin dagli inizi della storia umana.

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