martedì 15 dicembre 2015

MAIREA

MAIREA                          di Gianfranco Vecchiato


Villa Mairea 1937: Alvar Aalto


Nelle Società democratiche si confrontano più letture della Storia.  Nel mondo i cambiamenti sono generati dalla instabilità. Questo "moto perpetuo" sociale ed economico ereditato dai secoli precedenti agita anche il XXI° secolo, che spinge su un Pianeta di oltre 7 miliardi di abitanti. Scienza e  Tecnica  raccolgono  i frammenti sparsi in una economia globale tra  identità culturali e religiose. In questo ruotare l'Architettura non è  un elemento secondario né marginale perché "l'Homo Faber"  l'ha costruita come un "anello" di congiunzione e  come una "batteria"  che generando forme d'Arte,  rafforza e costruisce fattori valoriali. 
Le Corbusier: Padiglione Church (1927)
Queste riflessioni mi sono venute  durante una visita all'Università di Architettura di Venezia, guardando l'esposizione di alcuni progetti-manifesto. Gli studenti li usavano come una esercitazione lessicale ma la loro scelta richiamava anche  il carattere degli Autori.  Sette progetti ed altrettanti architetti: Adolf Loos  e Villa Karma (1903-1906), 
Le Corbusier e il Padiglione Church a Ville d'Avray ( 1927), Alvar Aalto e Villa Mairea ( 1937), Mario Ridolfi e il Villino Alatri (1948-1949),  Carlo Scarpa e la Gipsoteca Canoviana (1957), Alvaro Siza e Casa Alcino Cardoso (1971), Cecilia Ricci & Pierantonio Val e la Rigenerazione di una Casa Colonica (1981-1982).  Dentro a  spazi racchiusi tra pareti, finestre, tagli geometrici e proporzioni, colori, strutture, cosa si cerca di dire e cosa si cerca di esprimere in ciascuno di questi progetti?
Adolf Loos: Villa Karma (1903)
La risposta la trovo, per tutti, guardando la Villa Mairea, anno 1937,  di Alvar Aalto. E' un progetto-manifesto. Il piano terra è dedicato alla vita pubblica ed il primo piano  alla vita privata. La Natura entra da protagonista; nella corte  si insinua il paesaggio circostante. Progenitrice di tanti progetti, Villa Mairea è in antitesi ideale al suo tempo scosso da marce e tamburi. Anche Carlo Scarpa vent'anni dopo con la Gipsoteca Canoviana a Possagno, assumerà  la luce come strumento di forza e di lettura degli spazi. Adolf Loos è il più lontano nel tempo con  Villa Karma a Montreux. Nella pianta quadrata inserì una veranda su tre lati in un percorso su cui si affacciano le stanze di rappresentanza mentre le finestre modulano tutti gli ambienti circostanti. Queste innovazioni  portarono a delle incomprensioni al comune senso estetico del luogo.
Alvaro Siza: Casa Alcino Cardoso 1971
Alcuni vicini  giudicandola brutta cercarono di fermare la costruzione facendo intervenire le forze dell'ordine. Ne nacquero dissapori ma la casa, pur completata da un altro architetto, resta tra i riferimenti dell'epoca. Questo episodio  si ripeté in altra forma anche quando Loos  progettò a Vienna, il Looshaus, che non piacque all'Imperatore ma non impedì la costruzione che resta una tra le più celebri architetture del Novecento. La soprelevazione del Villino Alatri di  Mario Ridolfi è un caso particolare. Una provocazione semanticamente rivoluzionaria e singolare. Ispirata al Movimento Moderno, con cornici terrazzate, ampie superfici vetrate, un corpo scale che si innesta sul precedente, soluzioni di dettaglio ricercate ed un linguaggio figurativo irripetibile. E' un'opera che è stata contrastata e controversa, che si presta  ad una discussione universitaria perché la "rigenerazione" di edifici è oggi di stretta attualità. La raffinatezza culturale di Ridolfi la toglie dall'esporsi  alla facile critica di una raffazzonata somma di stili e  sfida lucidamente la critica.   Per il portoghese Alvaro Siza è stata scelta la Casa Alcino Cardoso del 1971 dove sono presenti  soluzioni spaziali legate strettamente all'ambiente circostante; qui ritroviamo  alcune idee di Aalto, rielaborate con i materiali locali, assunte nei dislivelli, pensate tra i percorsi e    gli spazi e le linee di fuga prospettiche.
Mario Ridolfi- Roma: Villino Alatri 1948
Villino Alatri  ante intervento
Anche Le Corbusier nella Villa Church a Ville d'Avray espose molti elementi del suo vocabolario moderno: finestre a nastro, pareti bianche e geometriche, spazi aperti, anche arredi disegnati per il Committente e che sarebbero divenuti famosi come la Chaise-longue del 1928 in acciaio e pelle. Innesti nuovi su parti antiche. Così il progetto dello Studio Ricci & Val architetti  quarantenni, è la  rigenerazione di una casa colonica;  un riferimento   frequente   nella campagna veneta e che è stato scelto per ragionare sugli effetti dell'urbanizzazione dei territori agricoli, sulla perdita dei riferimenti storici e sulla riproposta di innestare sulle preesistenze,  innovazioni tecnologiche e formali.
Ricci&Val 1981
Rigenerazione casa colonica
Carlo Scarpa: Gipsoteca Canoviana
Possagno -1957

Ma è a mio parere su Villa Mairea che il cerchio si chiude. Nel libro che si intitola "Lampi di Pensiero" di Juhani Pallasmaa c'è una frase dell'architetto finlandese Keijo Petaja che dice : " L'architettura è un spazio mentale costruito". Quando in una stanza penetra la luce   e dalle finestre che tagliano le pareti, entra  la Natura, l'aria e la vita, avviene una rivoluziona della forma. Il soffitto, un angolo, un "nastro orizzontale", le geometrie diverse, divengono uno sforzo creativo in cui si liberano energie interiori e pensieri. Accade che i valori trovino forza nelle dissonanze quando si mettono in relazione con gli spazi circostanti. La moderna psicanalisi ci porta a leggerli come elementi positivi. Così l'architettura quando si apre alla mente, parte dall'inconscio e ci  porta al rapporto sociale. In quegli anni '30 questo era il messaggio che veniva da Villa Mairea e andava oltre l'architettura perché  parlava di libertà .

Immagini di Villa Mairea













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