venerdì 12 agosto 2016

OGGETTI

OGGETTI                       di Gianfranco Vecchiato

Il Design che nei prodotti industriali accompagna la
William Morris (1834/1896)
ricerca di materiali nella plastica, nel vetro, nell'acciaio e nel legno, ha avuto una origine  nutrita da ideologie ed ideali di stampo sociale e non solo artistico ed economico. Fu William Morris (1834/1896) a comprendere che l'arte stava attraversando società in profondo cambiamento e che nuovi compiti e bisogni chiedevano di strutturare teorie necessarie ad un mondo che si staccava sempre di più da un passato preindustriale. La storiografia lo considera un precursore del "Movimento Moderno" pur non essendo lui un architetto. Quello studio di Design fondato insieme all'artista Edward Burne-Jones ed al poeta Dante Gabriel Rossetti, si occupò di innovare gli aspetti
decorativi e di produzione nell'arte tessile tradizionale e si impegnò nella protezione degli edifici antichi, con una Società che gettò le basi alla disciplina di questo settore in Gran Bretagna. Aprì nel 1884 la Lega Socialista animando sul piano politico il dibattito sui diritti di nuove masse popolari. Se per Morris il "design" non fu un mestiere superfluo, altri dopo di Lui crebbero vedendo come nell'oggetto si nascondesse un elemento primigenio. 
Lampada biologica che "mangia" anidride carbonica"
Designer Peter Horvath 
Come uno scienziato cercava nell'atomo le basi fondative della materia, per un artista quella analisi primaria si concentrò partendo dagli oggetti più comuni e di uso quotidiano. Fu una rivoluzione culturale profonda che prima nel Werkbund e poi nel Bauhaus si espressero quasi un secolo fa, ad altissimo livello. Il design puro cerca la qualità aggiuntiva, contenendo i costi di produzione per raggiungere  sia un risultato economico che una funzione sociale e spesso anche educativa. Ad esempio il metodo "Ikea", nelle sue basi teoriche e commerciali ha traslato dal "Movimento Moderno", la personalizzazione delle scelte di acquistare e di arredare da sé i propri ambienti di vita, con oggetti di costo contenuto e pensati nel loro design ed utilità. Quando Walter Gropius cercò a Weimar nei suoi laboratori di lanciare "la prima pietra di una repubblica dello spirito" trovò tra i suoi massimi oppositori i nazisti che stroncarono qualche anno dopo tale disegno in quanto
fautori di una omologazione totale dei singoli ad un Partito che a sua volta esprimeva lo Stato. Mentre l'individualismo, pur nei suoi limiti ed imperfezioni , si nutre nella democrazia, è se non impossibile quantomeno improbabile che esso trovi espressione nei regimi dittatoriali. Nel nostro tempo, molti decenni dopo, la globalizzazione commerciale si sta scontrando con ideologie e costumi che rischiano la loro sopravvivenza per l'enorme rivoluzione etica impressa dai modelli di mercato e dagli stili di vita prevalentemente  occidentali. Gli oggetti più disparati sono diventati miliardi e riempiono ogni cosa.   Questa enorme quantità di oggetti sia utili che superflui, ha modificato il senso dei 
nostri rapporti con lo spazio che ci circonda. E per analogia anche con i nostri spazi interiori.  Il colore, la forma, il materiale, e l'uso, si confrontano con i luoghi privati e  pubblici che si raccontano  non più solo attraverso le case, le strade, le piazze  ma  attraverso il design contemporaneo. Nel loro insieme fissano stili, culture, caratteri a monumenti storici, ad antiche architetture, ad aree in degrado e monumentali, in un'epoca nella quale le individualità stanno sparendo sommerse dal conformismo e da fenomeni di globalizzazione estetica. Dobbiamo porci una domanda:  procedere lungo questa via è diventato un obbligo dettato dai modelli finanziari ed economici su cui si
regge l'equilibrio instabile dei commerci internazionali ? Molti sono consapevoli che questo percorso è entrato in una fase delicata trovando reazioni sempre più forti e anche violente,  dai contatti e dalle mescolanze senza integrazioni di culture molto diverse, che resistono a modelli  imposti, traendo da ciò una base pseudo ideologica per respingere usi, costumi e anche stili di vita lontani dai propri che, come è sempre avvenuto nella storia, sostituiscono tradizioni ataviche e cancellano anche i poteri di controllo di masse spesso manovrate da concezioni religiose in contrasto con lo sviluppo delle scienze e della filosofia moderna. In questo contesto  anche "l'oggetto" si deve proporre  in modo diverso. 
Il design non potrà restare neutrale perché, come all'epoca di William Morris, si è spesso nutrito di una idea sociale e culturale. Occorre quindi ricordare che non si possono imporre modelli ma solo proporli. Ed essi debbono poter fornire le ragioni di un adattamento all'economia ed alle tradizioni. In tal senso la storia del design italiano è davvero esemplare. Ha accompagnato fin dagli inizi del XX° secolo le migliori virtù, culture e capacità artigianali delle popolazioni che abitano la penisola. Ne ha fatto una icona ed uno stile. Ma da solo il design non basta. Quando com'è avvenuto, esso si è discostato dalla evoluzione della struttura sociale e politica, non ha potuto frenare la volgarizzazione e la distruzione di territori ed il degrado delle periferie quando sono
mancati educazione civica,  onestà e forza culturale, capacità politica, rispetto delle leggi. La forma in ogni oggetto è comunque un catalizzatore che accompagna Il design in un lento procedere che si nasconde nelle pieghe della storia. E aspetta di poter essere pienamente riconosciuto anche nelle sue finalità etiche come antidoto alla imperante insensibile globalizzazione di uomini e cose. 








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