lunedì 22 ottobre 2018

L'ARMISTIZIO

L'ARMISTIZIO       di Gianfranco Vecchiato


Fronte del Basso Piave Novembre 1917
Sul Piave 1918
Marzo 1918. Nelle camere dell'ospedale
militare tra i
 feriti e ammalati portati dal fronte i posti non bastavano mai. Quel giorno venne ricoverato anche un fante dal nome Angelo. Il suo letto era vicino ad una finestra. Quando  sentì che lo  chiamavano dalla strada si  alzò con fatica e vide che c'era Maria  con i tre figli. Giuseppe, Ada e Carlo tenendosi per mano salutavano il padre in via di guarigione. L'anno prima era arrivata la chiamata alle armi anche per la sua classe più anziana. La cartolina precetto conteneva  ordini chiari e severi. La legge di guerra, per chi non si presentava prevedeva l'arresto e un immediato processo. Il dovere verso la Patria si mescolò con quello verso la famiglia il cui destino si legava al suo. I coscritti partivano allora cantando "Addio mia bella addio, l'armata se ne va e se non partissi anch'io sarebbe una viltà..." Al Distretto la visita medica incrociava uomini adulti e ragazzi della classe del "99". Furono tutti gettati nella mischia  in drammatici scontri sul fronte del Piave. Qui le armi non cessavano di alimentare il campo di battaglia. Oggi i ponti che attraversano quel fiume portano la scritta "Fiume Sacro alla Patria".
Trincee italiane nella Grande Guerra
L'esercito italiano, in guerra dal 24 maggio del 1915, dopo Caporetto fece un  immane sforzo per fermare la violenta avanzata delle truppe tedesche ed austroungariche in pianura. Il Re Vittorio Emanuele III° decise che sul fiume Piave vi fosse l'estrema linea di difesa. Una eventualità che era stata prevista dal Generale Raffaele Cadorna fin dal 1915. Angelo venne arruolato in un reggimento di fanteria nel settore tra il basso Piave-Sile  e la Laguna. Qui oltre al nemico imperversava la malaria. Alla sua diffusione  contribuiva il clima umido e nebbioso, il fango, l'acqua che era stato fatta defluire sui campi per scopi difensivi.
La scarsa efficacia delle pastiglie di  chinino con cui si curavano i sintomi della malattia creavano incertezza quotidiana sulla propria sorte.  Le trincee sugli opposti argini, erano distanti fra loro  qualche decina di metri. In prima linea si consumavano ogni giorno drammi personali ed atti di oscuro eroismo. Per alcuni chilometri di profondità, le trincee ed i canali si incrociavano con la foce  da dove i pontoni galleggianti della marina, si univano con le

Contraerea a Venezia 1917
 navi che dal mare difendevano la laguna e Venezia, con i cannoni di grosso calibro. I cappellani militari portavano su entrambi gli eserciti  le preghiere per la loro vittoria.
Il tenente austriaco Fritz Weber, così scrisse nel suo  libro di memorie, "Tappe della disfatta"   : "...i giorni di Attila sono tornati, dal cielo piove sangue e questa, che noi chiamiamo Madre Terra, divora i suoi figli..."  Dopo mesi di fronte, una febbre altissima portò  Angelo nella caserma ospedale a Mestre, in condizioni di estrema debolezza. Rischiò di morire anche se non sul campo di battaglia. Si è calcolato che la malaria colpì in quegli anni oltre 85mila soldati italiani.
Dopo la guarigione e una breve licenza, fu rinviato al suo Reggimento nei servizi di collegamento,  in un periodo in cui si erano consolidate le posizioni. A fine Giugno si ebbe la drammatica recrudescenza dei combattimenti. Era cominciata la battaglia che Gabriele D'Annunzio denominò del "Solstizio". Gli Austroungheresi  sfondarono il fronte in alcuni tratti e tentarono una spallata decisiva e disperata ma furono respinti da contrattacchi continui. Gli italiani  si erano ormai rafforzati e la Nazione si stringeva attorno all'esercito.  
Nelle città si soffriva la fame, si
Gen. Franz Conrad von Hotzendorf
subivano bombardamenti aerei e gli echi del rombo dei cannoni, teneva la popolazione in uno stato di continua tensione. 

Ogni famiglia possedeva una tessera alimentare che per nucleo familiare, fissava cosa e   quanto si poteva prelevare dalle razionate derrate alimentari.
Gen. Armando Diaz
Dai treni e dai carri scendevano feriti e salivano truppe. Il dolore si espandeva  ovunque. Mia nonna Maria si trovò, come migliaia di altre donne, a lottare ogni giorno  per mantenere i  figli e sorreggere il morale di casa.  Un fronte interno si  saldò con quello degli eserciti. E questo avvenne in tutti i campi di battaglia in Europa. Nelle provincie del Veneto non occupato, si temeva il ritorno austriaco, carico di vendette  annunciate dal Capo di Stato Maggiore, il Generale Franz Conrad von Hotzendorf, vecchio avversario degli italiani. Il suo piano di invasione puntava  alla Laguna Veneta ed a "Venedig", partendo dal fronte sull'Altopiano di Asiago.
Venezia: bombe su Chiesa degli Scalzi
Angelo
1917. Bombe vicino al ponte di Rialto.
Le scarne notizie che giungevano dai paesi veneti sul lato occupato dal nemico, parlavano di carestie e di maltrattamenti. Venezia in quegli anni di guerra, subì gli effetti, per la prima volta nella sua storia, di 42 incursioni aeree che sganciarono  1029 bombe. Esse causarono 52 vittime e 84 feriti. Ma fu il suo fragile tessuto storico ed urbano a venire più volte colpito, nella indifferenza nemica per i danni culturali che essa infliggeva a luoghi densi di storia e di valore artistico. Se vent'anni dopo la guerra aerea sarebbe stata vissuta in forme ancor più devastanti da molte città europee, in quell'epoca essa rappresentava una assoluta novità alla cui  difesa si era impreparati. Da una immagine scattata in quegli anni a Venezia  si vede come la contraerea fosse improvvisata:  un folto numero di fanti sopra una altana  punta i propri fucili in cielo cercando di sventare una incursione sulla città. 
Passaggio del Piave 1918
Caddero dovunque bombe : sull'Arsenale, nella zona del porto a  Santa Marta, sulla chiesa di Santa Maria Formosa. Andò perduto un capolavoro di Gianbattista Tiepolo nella chiesa degli Scalzi presso la stazione ferroviaria, crollarono case attorno a Rialto, a S.Samuele, si colpì l'Ospedale S.Giovanni e Paolo... 
Nelle notti serene,  si poteva  vedere l'infuriare della battaglia dalle vampe e dai bagliori delle granate sul lontano Monte Grappa. Uno spettacolo tragicamente coinvolgente. Nell'Ottobre 1918 dopo un estremo e spaventoso sussulto, la guerra finì. Intere divisioni austriache, soprattutto quelle formate da soldati croati, sloveni, cechi, slovacchi, si arresero.  Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti, presso Padova, l'Austria-Ungheria firmò l'armistizio  
Venezia bombardata 1917
con l'Italia. Cent'anni fa l'esercito imperiale, dissoltosi dall'interno, si ritirò, come scrisse il Bollettino della Vittoria del generale Armando Diaz, "... in disordine dalle valli che aveva sceso con orgogliosa sicurezza..." Risuonarono canti e tacquero le armi,  migliaia di tricolori furono esposti alle finestre,   risuonarono campane superstiti su un Veneto distrutto. Cessò una lotta che in Europa fece più di 9 milioni di vittime e che distrusse tre Imperi. Non sapevano allora i reduci che se ne preparava una successiva ancora più disastrosa.  A distanza di un secolo, tutti sono scomparsi e vivono
Venezia: Danni a S.Maria Formosa 1916
accomunati nel silenzio e nel rimpianto che si deve alla Memoria. Non ci sono più nemici ma croci da visitare nei cimiteri di guerra. Milioni di uomini dopo quel  novembre 1918, tornarono alle loro case. Tra questi ci fu anche mio Nonno Angelo che giunto sulla porta guardò Maria e i suoi tre figli. Li abbracciò e pianse. Stanley Baldwin (1867/1947)  che fu per tre volte Primo Ministro del Regno Unito, osservò : " Le guerre non ci sarebbero più se i loro morti potessero tornare." 


Venezia agli inizi della Grande Guerra
S.Marco protetta dalle bombe aeree 1917




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