giovedì 27 dicembre 2018

PROVERBI

PROVERBI                     di  Gianfranco Vecchiato

L'antica società "Duri i banchi" venne fondata a Venezia il 12 dicembre del 1903. Il sodalizio impegna gli aderenti a difendere le tradizioni della città, ad aiutare il prossimo, a sostenere i valori di amicizia che legano una comunità, ad ispirarsi alla giustizia e al senso del "dovere" anche nel lavoro quotidiano. Il motto si rifà all'epoca in cui esso veniva pronunciato sulle navi da guerra veneziane quando in battaglia, prima dell'urto delle prue contro le navi avversarie, si ordinava a gran voce ai cannonieri di tenersi saldi alle panche fissate sulla tolda.
Col tempo il senso è diventato quello di "tener duro" nelle difficoltà e nelle traversie della vita. In un libro stampato nel 1978 dal titolo "Omaggio a Venezia", sono raccolte poesie e scritti sulla città. la prima pagina riporta alcune parole di Diego Valeri tratte dalla "Guida sentimentale di Venezia": " Andar in giro per calli e campi, senza itinerario prestabilito, è forse il più bel piacere che a Venezia uno possa prendersi. Beati i poveri di topografia, beati quelli che non sanno quel che si fanno, ossia dove vanno, perché a loro è riservato il regno di tutte le sorprese…" . 
Per ogni viaggiatore autenticamente interessato a scoprire la città, questo è il migliore dei consigli che può ricevere.
A 40 anni di distanza rileggendo gli impegni politici dell'epoca sul futuro di Venezia, c'è da chiedersi cosa sia avvenuto se molte di quelle promesse appaiono tradite. La scrittura è sempre un'arma a doppio taglio: "scripta manent", ammonivano i latini. Scorrendo le pagine si giunge ad un ampio capitolo dedicato a Cesare Musatti, nato nel 1846 e morto nel 1930- Dopo la laurea in medicina si dedicò allo studio della letteratura veneziana e alla raccolta dei suoi proverbi.  Tra questi: "Chi vede Venezia e non vede l'Arsenale, vede il manico ma non il boccale". E ancora: "Può far più male uno stupido che un cattivo". 
E infine : Il bene della povera gente, dura poco". La saggezza popolare nasce sempre e si arricchisce dalla viva presenza di una popolazione che cresce, si consolida, si tramanda tradizioni e saperi. Tanto del passato è andato perduto nelle ultime generazioni. Il lavoro artigianale è importante per la stessa cultura locale. E' come una lingua che scompare e che non viene più compresa dai contemporanei. Questi segnali sono sempre più frequenti a Venezia e segnano forse un declino irreversibile. Non sarà in questo caso l'architettura a sorreggere la fiaccola della tradizione ma un uso diverso della vita quotidiana e delle necessarie condizioni per farle sostenere il confronto con il tempo.
L'importanza fondamentale del restauro di un edificio antico prende le mosse da questo pensiero. Raccogliere il senso profondo della società che lo ha generato. Tradizioni, proverbi, mestieri, materiali, semplicità di vivere, sono ingredienti che sarebbero  necessari anche al bagaglio di ogni progettista. Ma questo non lo si insegna  nelle aule universitarie.
Si impara forse ed a volte con il tempo, se si hanno occhi e cuore che guardano oltre alle cose del nostro vivere quotidiano. Come fa dire ad un personaggio di una sua commedia, Carlo Goldoni, il più noto tra i commediografi veneziani del XVIII° secolo : "Il mondo è un bel libro, ma poco serve per chi non lo sa leggere…"

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