lunedì 23 marzo 2020

IL LEGIONARIO

IL LEGIONARIO            di Gianfranco Vecchiato

L'Italia attuale ha poche analogie con gli anni '40, in cui uscì dalla guerra distrutta e divisa. Ma il dibattito democratico  su come migliorare il  modello  strutturale, culturale ed economico dello Stato nella Unione Europea, fa pensare per alcune circostanze agli anni del dopoguerra. 
Un libro-diario  "Vent'anni e un giorno" scritto da Giuseppe Bottai e uscito nel 1949, poi ristampato qualche anno fa, porta a cogliere delle riflessioni sul passato ed a porre  analisi per il  presente. Bottai fu una personalità di rilievo nel regime fascista fin dalla prima ora.
Napoli. Palazzo delle Poste 1936. Arch. G.Vaccaro
Ricoprì numerose cariche come quella di Governatore di Roma e di Addis Abeba, Ministro dell'Educazione Nazionale,  distinguendosi per il ruolo critico che 
 svolse nel ventennio anche come Ministro della Cultura e delle Corporazioni. 
Stazione S.M.Novella Firenze 1935
Arch. Giovanni Michelucci
L'architettura e l'urbanistica italiana gli debbono storicamente qualcosa, cominciando dalle due leggi sulla salvaguardia del patrimonio culturale e del paesaggio del 1939 che furono nel dopoguerra uno strumento, pur se spesso travolto,  contro l'assalto speculativo nella ricostruzione. A suo discredito ci sono le leggi razziali approvate dal regime nel 1938 che anch'Egli condivise ed applicò, sia pure con una teoretica di vago sapore intellettuale,  dopo  l'Asse tra l'Italia e la Germania nazista. 
Tuttavia lo storico Giordano Bruno Guerri che ha curato la ristampa del libro, riporta queste parole del protagonista: "Mi sembra di rappresentare dal vivo il dramma di una generazione". I vent'anni in cui durò il fascismo si condensarono in un giorno, quel 25 luglio del 1943 in cui Grandi e Bottai, nella seduta del Gran Consiglio, furono artefici della caduta di Mussolini: "Come se in un giorno solo della nostra vita, avessimo virilmente e responsabilmente a pagare gli errori e i mancamenti che ci avevano impedito di servire in coerenza di pensiero e d'azione la verità della nostra causa". Affermazioni che spingono ad approfondire la personalità di Bottai. Quando il libro uscì nel 1949, gli avvenimenti erano troppo vicini per consentirne una pacata lettura. Ora quel periodo storico in cui si ebbero grandi trasformazioni urbanistiche e infrastrutturali è tornato a confronto per le tenacissime resistenze burocratiche del presente.
1938 Roma: (da destra)
Bottai, Mussolini e Hitler
alle Terme di Diocleziano
Bergamo: Palazzo  Libertà 1936 Arch. Bergonzo Alziro
Bruno Guerri descrive Bottai come "un grande pensatore politico, che fu destinato a costituire la filigrana nascosta e segreta di un'epoca, più che a determinarla od a cambiarla radicalmente". Egli si trovò spesso in posizione critica nel regime. 
La discussione culturale condotta nelle sue riviste "Critica fascista" e "Primato"  coinvolse anche intellettuali che sarebbero passati poi all'antifascismo. 
Alberto Moravia e Giulio Carlo Argan furono tra questi. 
Fiat Lingotto 1915/28
Fautore della "Carta del Lavoro e della Scuola", pur da stretto collaboratore e confidente di Benito Mussolini, analizzò i mali di ciò che riteneva andasse progressivamente degenerando nella sua idea "rivoluzionaria e sociale" del fascismo. Nel suo diario privato si coglie che questo sentimento crebbe, dopo la guerra d'Etiopia e di Spagna e la progressiva alleanza con la Germania nazista. Per Bottai la fine del regime fu più il fallimento di un ideale che di un sistema politico. 
Accusato in seguito, per il suo voto del 25 luglio, venne nel 1944 processato dalla Repubblica Sociale in contumacia e condannato a morte per tradimento dal tribunale di Verona.
Stadio di Torino 1933 Arch. Raffaello Fagnoni
Esecuzione mai eseguita perchè dopo l'8 settembre del 1943 riparò prima  in un convento e dopo che nel giugno 1944 a Roma giunsero gli Alleati, chiese ed ottenne di scontare le proprie colpe, arruolandosi volontario nella Legione straniera francese. Da soldato semplice combattè poi con valore, contro i tedeschi. In seguito, amnistiato e congedato nel 1948 rientrò in Italia e dal 1953 al 1959, anno della morte, diresse il quindicinale di critica politica ABC. Nel primo capitolo di "Vent'anni e un giorno", si legge: "...io ebbi vivacissima, fin dagli inizi, la coscienza che il moto interiore,agitante nel profondo il Fascismo in tutta la sua prima eterogenea apparizione, si rivelasse ormai, con i sintomi di una vera e propria crisi. Notavo che non il fascismo era in crisi ma che il fascismo sintetizzasse  la crisi di tutta la vita italiana: crisi di formazione, crisi di crescenza, crisi di valori". Bottai auspicava una "disciplina viva, dinamica, che si scostasse contro "il tipo di
Foro Italico (Mussolini) 1932
Arch. Enrico del Debbio
disciplina carceraria, dispotica, bisbetica che i tirannelli pr
ovinciali esercitano a loro beneplacito".  Percependo che solo un'opera di revisione continua e di assidua selezione, avrebbe potuto evitare la sconnessione che vi fu  tra il fascismo e il Paese, si trovò a "Vogare controcorrente". 
L'Arengario a Milano (1936/56) Arch. G.Muzio
Egli scrive che il suo fu un "patto ideale con un Capo, mai soggezione personale..." In una pagina del suo diario datata 10 luglio 1937,  Bottai annotò: "...quando apro il quaderno la memoria impallidisce, sbianca. La memoria? No, è un impedimento che viene dal profondo, contro certe notazioni crudeli, che il tempo sempre più imporrebbe alla nostra sincerità. La disciplina formale, in cui viviamo, avrebbe finito per penetrare nella nostra stessa coscienza?" Molto attivo
Sabaudia anni '30
nel campo dell'architettura, nel giugno 1935 come Ministro, propose un "Progetto di massima per una Esposizione Universale a Roma" elaborato da Federico Pinna Berchet, direttore della Fiera di Padova, esperto in questo tipo di rassegne. Si trattava dell'EUR in cui si dovevano esporre progetti di valenti architetti coordinati da Marcello Piacentini. Progetti di gusto caro al regime che intendeva celebrare lo stile del XX secolo. L'area scelta lungo l'asse Roma-Ostia fu indicata al Bureau International des Exposizions ed approvata in pochi giorni. 

Dal 1953 al 1959 diretta da Bottai
Fu nominato il senatore Vittorio Cini  come Commissario. L'esposizione si sarebbe dovuta tenere nel 1942. Gli architetti  Giuseppe Pagano, Luigi Piccinato,  Ettore Rossi e Luigi Vietti, vennero incaricati di realizzare il
Crocifissione 1941-Renato Guttuso
piano regolatore nel gennaio del 1937 che venne approvato già nell'aprile dello stesso anno! A distanza di pochi mesi Mussolini pose la prima pietra del Palazzo degli Uffici mentre a gennaio 1938 furono espropriati  circa 400 ha di terreni pagati a prezzo agricolo. La crisi del 1939 rallentò i progetti e nel 1940 l'opera si fermò, rinviandola al 1944 o 1947. Alcuni edifici furono completati come il Palazzo della Civiltà Italiana, la Chiesa, il Ristorante, gli uffici ed altri nove fabbricati finiti al rustico, completati parchi e giardini. 

In tante città italiane si svilupparono opere pubbliche, impianti e infrastrutture, spesso caratterizzate da tempi rapidi e buona architettura. Fu il caso dello stadio di Torino realizzato nel 1939 e utilizzato dopo alcune ristrutturazioni fino ai giorni nostri. A Bottai si deve anche l'iniziativa della creazione di Cinecittà, posta in una località ricca di castelli, laghi, boschi, ville nobiliari. Questo progetto è legato al nome dell'architetto Gino Peressutti. E poi sono gli anni delle nuove città dell'Agro-Pontino, degli edifici monumentali di Adalberto Libera, delle nuove stazioni come quella di Firenze progettata da Giovanni Michelucci e della stazione Termini di Pier Luigi Nervi. Bottai appoggiò l'istituzione nel campo della pittura del Premio Bergamo che diede il II° premio a Renato Guttuso nel 1941 con un dipinto provocatorio, Crocifissione.
Giuseppe Bottai (1895/1959)
1936 :Al fronte Etopico
Le Corbusier stesso venne negli anni '30 in Italia attratto dalle grandi opere in corso, visitando le città nell'Agro-Pontino con la speranza, tramite Bottai, di essere incaricato per una città di nuova formazione. Mussolini in questo settore ebbe un atteggiamento ambivalente. Se fino a metà degli anni trenta sostenne l'architettura razionalista di Terragni e Michelucci, dopo quella data impose una più
Roma 1938 Arch.Adalberto Libera
Palazzo dei Congressi EUR
rigida classicità improntata ideologicamente ad una pseudo monumentalità classica ispirata alla "romanità". Ojetti e Piacentini presenti in quasi tutti i concorsi di architettura selezionavano rigidamente questi obiettivi, come per l'Arengario di Milano vinto dall'architetto Giovanni Muzio che si vide il progetto modificato da Piacentini che vi inserì un arco romano. Vi sono resistenze razionaliste da parte di altri, come Follini, Figini, Michelucci, Frette, Terragni, ma la maggior parte si adeguò. E' stato perciò osservato che in architettura il totalitarismo del fascismo è stato imperfetto. 

Il politico ed intellettuale
1944/47 G.Bottai Legionario
Giuseppe Bottai 
è accanto ad altri nomi nel panorama culturale come: Ugo Ojetti, Margherita Sarfatti, Luigi Pirandello, Curzio Malaparte, Ardengo Soffici, Massimo Bontempelli, Giovanni Papini, Filippo Tommaso Marinetti, Leo Longanesi, Mino Maccari, Arrigo Benedetti, Emilio Cecchi, Pietro Maria Bardi, Cipriano Efisio Oppo, Giuseppe Pagano, Gio Ponti, Marcello Piacentini, Lionello Venturi, Edoardo Persico, Mario Sironi, Ottorino Respighi, Alfredo Casella, Luigi Russolo, la scuola di fisici  dei “ragazzi di via Panisperna” (tra i quali ci fu Enrico Fermi finchè non se ne andò negli Stati Uniti per le Leggi razziali), ed altri che se sopravvissuti, avrebbero proseguito la loro opera nell’Italia repubblicana. Molti quindi aderirono al fascismo per convenienza e ne avrebbero in seguito avuto vergogna. 
Como: G.Terragni Casa del Fascio
La cultura architettonica e urbanistica prodotta sotto il fascismo ha lasciato tracce profonde sull'Italia post bellica.
Molti intellettuali italiani nell’età del fascismo, finirono per adeguarsi. Prevalse quella che si è chiamata  "la solidarietà di ceto" e questa prevalse sovente sulle discriminanti ideologiche, che si ridussero ad una cooptazione dello Stato. Bottai tenne una fessura aperta, non per convenienza ma per convinzione, favorendo una discussione che lo pose progressivamente ai margini della linea prevalente di partito.
Bottai a Mostra su Architettura e Pittura Roma 1936
Tra le leggi che portano il  suo nome vi fu anche quella che imponeva l'utilizzo del 2% del costo dell'opera per inserire pitture e sculture negli edifici pubblici come ornamento.  Questione che è stata a lungo poi abbandonata ma che è stata in parte ripresa.  Il libro-diario di Bottai si chiude con una confessione su quel luglio 1943: "...D'avere così scelto, io ho oggi una pacata fierezza...Non è più a nord o più a sud, che ciascuno ha meglio difeso la Patria. L'ha difesa, se l'ha difesa, nella propria coscienza: il solo tribunale che possa riscattarci dai nostri umani errori".  



Roma 1938 Galleria Borghese:
Bottai tra Mussolini e Hitler
Cremona . Arch. Michele De Crecchio
Torre Littoria a Biella 1938
Ing. Federico Maggia
Sabaudia Littoria 1935

Colonia Elioterapica


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