mercoledì 5 novembre 2014

COSE VISTE

COSE VISTE                            di    Gianfranco Vecchiato


Ugo Ojetti, noto giornalista e scrittore, fondatore della rivista d'Arte Dedalo(1920) e Pegaso(1929), Direttore tra il 1926/27 del Corriere della Sera e Accademico d'Italia, fu tra i firmatari  del Manifesto degli Intellettuali fascisti nel 1925. Seguì Mussolini nella sua ultima avventura,  aderendo alla Repubblica  di Salò. Mori nel 1946. Fu un uomo di vasta cultura e figura politicamente controversa ma non rara nella sua generazione. Considerato un Maestro di giornalismo, da Lui Indro Montanelli assunse questa opinione: "l'Italia è un Paese di contemporanei, senza antenati né posteri perché senza memoria di se stessa". Sul libro "Cose Viste", Ojetti raccolse i suoi articoli di cronista. Tra questi c'è un racconto del suo viaggio a  Venezia il 15 luglio 1902, il giorno dopo il crollo del Campanile di S.Marco. Si legge la concitazione mano a mano che il treno si avvicinava, una stazione dopo l'altra, alla mèta con i passeggeri che aggiungevano allo sgomento il dolore  per la perdita, come  quella di un familiare. Il "Paròn de casa" come lo chiamavano i veneziani,  dopo una serie di errori tecnici , avvertì  che si avvicinava il  collasso delle sue murature. Alle 9,52  si squarciò e cadde su se stesso in meno di un minuto. Il fragore si mescolò al terrore dei presenti e in una immensa nuvola di polvere si consumò la tragedia.
Venezia: Vista dal bacino di S.Marco
Poi dal cumulo di macerie alto 20 metri, si notò che la Basilica di San Marco era rimasta intatta mentre si era aperto uno squarcio di 10 metri sull'angolo della Biblioteca  del Palazzo Reale. La Piazza San Marco non era più la stessa. Le fotografie mostrano una città attonita. L'opera di recupero iniziò subito, con l'Opinione Pubblica e le Autorità che ebbero l'obiettivo della ricostruzione "Com'era e Dov'era". Riemersero intatte le porte di bronzo della Loggetta di Jacopo Sansovino e, con danni riparabili, alcune statue che la ornavano, poi l'Angelo dorato che svettava sulla cuspide del campanile, la campana più grande, alcuni pezzi di bassorilievi in marmo. La ricostruzione  impiegò dieci anni e il 25 aprile 1912 , festa di San Marco, il campanile era risorto.
Bergamo"Bassa": via Roma 1927
Arch.Marcello Piacentini
Venezia 29/1/1996
Incendio Teatro La Fenice
Fedele all'originale e rafforzato nelle fondamenta dove si trovarono mattoni con l'antico sigillo romano di epoca augustea,  divenne
il  simbolo delle radici che generarono Venezia fin dall'antichità. Dopo 94 anni accadde  con l'incendio doloso che portò alla distruzione del Teatro La Fenice, che a Venezia si riproponesse il tema di "com'era e dov'era". La tecnologia si fuse  con l'uso di materiali e di opere artigianali, di dipinti, di  cromatismi,  con la scelta degli arredi, di stucchi, di legni e  di stoffe. Il progetto fu affidato all'architetto  Aldo Rossi che intervenne in particolare sulla Torre scenica. Il Teatro nel 2003 ricostruito, tornò  a svolgere il suo ruolo nella storia della città e nella cultura mondiale.
Brescia: il Torrione" 1932
Arch. Marcello Piacentini
Brescia:Piazza Vittoria
Arch.M. Piacentini 1932
Nell'intervallo fra questi due tragici avvenimenti, dal 1902 al 1996, Venezia è stata oggetto di trasformazioni urbane pesanti specie nei suoi accessi con la Terraferma.   Tutta la testata che dalla nuova Stazione Ferroviaria, passando dal ponte degli Scalzi, al  "Rio Novo" , al  Piazzale Roma, al Garage,  al Ponte automobilistico di 4 chilometri, arriva al Porto, venne ridisegnato ed attuato  in pochi anni. In quel ventennio non si andò per il sottile quanto a demolizioni e rifacimenti. Negli anni '30 furono decine gli interventi  urbanistici demolitori in molte  città  italiane. Un esempio  è Piazza Vittoria a Brescia progettata da Marcello Piacentini tra il  1927 e il 1932. Lo stesso architetto  intervenne a Bergamo nel 1927, a Torino, a Roma sulla Spina dei Borghi con la via della Conciliazione, sull'area dell'EUR,  con la Città Universitaria ed altro.
Brescia: Piazza Vittoria
1932
Piacentini (1881/1960) fu un importante  architetto e urbanista del "Regime"  e come Ojetti,  aderì al Fascismo che lo gratificò con numerosi incarichi. Nel dopoguerra il giudizio sulle sue opere fu tagliente da parte dello storico Bruno Zevi che come architetto lo definì un "morto" fin dal 1925. Ma negli ultimi anni la sua figura è stata riabilitata.  Fautore di sventramenti urbanistici distruttivi, ebbe una concezione "proterva" dell'architettura moderna rispetto al territorio.  Come avvenne a Brescia con la demolizione nel 1929 dell'intero quartiere delle "Pescherie"  comprendente edifici di valore storico, case  medioevali affrescate e resti archeologici come la romana "Curia Ducis". Tutto ciò era funzionale  alla realizzazione di una nuova piazza, un vero manifesto culturale dell'epoca.  Per gli storici le sue opere furono ispirate  ad un neoclassicismo semplificato,  che l'architetto Piacentini, aveva rielaborato visitando la Germania e l'Austria apprezzando le opere di Hoffmann e di Olbrich. In questo si differenziava dal movimento del "Gruppo Novecento" di Giovanni Muzio e di Giò Ponti e dal razionalismo del "Gruppo dei 7"  e del "MIAR" di Terragni, Pagano e Adalberto Libera.  Su Piazza Vittoria si staglia  tutt'ora quello che fu il primo grattacielo d'Italia: il "Torrione ex INA" con struttura in cemento armato e rivestimento in mattoni rossi, come le  architetture di  Chicago, che con i suoi 57 metri fu, all'epoca,  tra i più alti edifici in Europa.
Brescia: "Pescherie" demolite /1929
Un palco in pietra   riporta bassorilievi sulla storia di Brescia e, mascherati, esaltazioni del "regime" . Ai lati vi sono edifici in stile eclettico prospettanti sul piazzale  sotto al quale  è stato costruito tempo fa un parcheggio pubblico. Dal 2013 nelle vicinanze è entrata in servizio una metropolitana sotterranea che attraversa il centro storico. A Brescia la  riconversione energetica dei rifiuti fornisce calore attraverso una rete di teleriscaldamento urbano che serve il 70% dei 200mila abitanti della città. Si tratta di un dato all'avanguardia su scala europea.   Tra questi fatti c'è un rapporto: I crolli, gli incendi, le demolizioni sono tutti fattori distruttivi. In alcuni casi si è risposto con la loro fedele ricostruzione, in altri si è voluta una integrale sostituzione. 
Roma. Città Universitaria 1935
Urbanista Arch. Marcello Piacentini
U.Ojetti (1871/1946)
La evoluzione della cultura urbana studia ma non si ispira più a quel periodo. Ugo Ojetti che affermava : "l'architettura è nata per essere fondamento, guida, giustificazione e controllo, ideale e pratico, d'ogni altra arte figurativa" non viene quasi mai citato. Oggi anche le "Arti" sono cambiate  e l'architettura, con qualche eccezione,  sta assumendo  un ruolo diverso, in una società "liquida" e non più stanziale.  Mancando o affievolendosi le "radici" e le "memorie" anche l'Architettura non è quindi più al centro delle Arti, quanto  un prodotto sempre più commerciale. "Il disprezzo del passato o è ignoranza o è paura", scriveva in quel tempo l'Accademico d'Italia.  Se il crollo del Campanile di San Marco fu l'esito di entrambe queste condizioni, la sua ricostruzione ne segnò il superamento. Si poteva risalire, in quel tempo, attraverso un simbolo della Storia ad una intera Comunità. Ora che un simbolo  proietta sul futuro soprattutto le sue memorie, essendo in crisi il concetto di Comunità, ogni "contemporaneità" prende coscienza con fatica di se stessa. Eppure è semplice constatare come tutte le "Cose Viste" uniscano  ogni giorno tanti frammenti sociali e culturali che spiegano il futuro. E questa è anche una legge della Storia. 


Venezia : 14 luglio1902
Venezia: Luglio 1902
Venezia: Senza Campanile (1903)

Il  campanile  risorto

Venezia: Il Teatro La Fenice distrutto (1996)
Venezia: Il Teatro La Fenice
Ricostruito (2003)
Arch. Aldo Rossi
Venezia: Il Ponte translagunare nel 1932
Brescia : Metropolitana sotto al Centro Storico
2013.
Brescia: Settore Ecologico
Brescia: Settore Ecologia
Brescia: Termovalorizzatore
Brescia: Schema Teleriscaldamento





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