mercoledì 22 gennaio 2014

TERRITORIO - CULTURA - ARREDO URBANO -

TERRITORIO - CULTURA - ARREDO URBANO (scritto per rivista kaleidos (VE) n°22/2013)
      di Gianfranco Vecchiato               

Una complessa gerarchia prodotta dall’insieme di fatti geografici, antropologici, sociali ed economici, unisce i territori e le loro culture.    Da questo discende una appendice: l’Arredo Urbano.
Filari di viti sulle colline trevigiane
E’ nella storia delle popolazioni, in quella dei paesaggi e dei luoghi urbani dove si sono per generazioni avvicendate le diverse culture che hanno caratterizzato la storia civile delle società antiche e contemporanee, la chiave di lettura di ogni percorso in cui si incontrano spazi che ci lasciano forti sensazioni.
Nelle antiche città mercantili, sulle pareti delle cattedrali gotiche, sui muri dipinti di palazzi e di piccole case, si trovano innumerevoli figure allegoriche,  draghi, animali, angeli, santi, strumenti e mestieri, che erano riprodotti come segno del bello, del curioso, dell’originale, della maestria artigianale e del mistero, ingredienti secolari della cultura non solo popolare.
Per questo i centri storici delle antiche città ci appaiono spesso più interessanti, vivi e ricchi di simbologie sparite in epoca moderna, dopo l’avvento del razionalismo e della ripetitività industriale.
Il Territorio è il Soggetto per eccellenza, il Generatore da cui continuano a nascere le trasformazio-ni di vita e di pensiero.
La Cultura si forma con le relazioni umane e si manifesta come  prodotto di un insieme di fattori di pensiero e di azioni di soggetti che esprimono le loro identità, le sensibilità, in forme spirituali, con la scrittura, con la musica, la poesia, la pittura, i segni fisici sul territorio modellando il paesaggio ..
Nei millenni le azioni umane hanno espresso infinite varietà culturali, attraverso i caratteri  dei po-poli e dei singoli, con il linguaggio, le leggi, le usanze, il lavoro, la ricerca, le forme di architettura, i  rapporti con la Natura.
Quindi la Cultura non può essere indifferente al Territorio ma in gran parte ne assimila i caratteri  e ne costituisce la trama sia in forma fisica che immateriale.
L’Arredo Urbano è un aspetto specifico, il visibile con cui si può rivestire un carattere della Cultura e di un Territorio.
Il  termine “Arredo” può a sua volta essere concepito come il complemento  ad un uso funzionale per un singolo o per una Comunità, costituito da forme da cui si ricavano funzioni e che comprende un vasto elenco di elementi assemblati in cui entrano in gioco i nostri sensi: l’olfatto, la vista, il tatto, l’udito che si trasmettono attraverso le piante, i  colori, le dimensioni e le morfologie  che mutano tra mare,  pianura,  collina,  montagna e che con le stagioni e il tempo, caratterizzano un luogo.
Francia- Evreux - lungo il fiume -
Se alla parola “Arredo” aggiungiamo “Urbano”, allora ci riferiamo specificamente al campo della costruzione artificiale, agli spazi della vita associativa che sul territorio caratterizzano le forme e trasmettono generalmente sensazioni di utilità funzionale, di creatività artistica o contemplativa.
Possono essere dei portici o delle pensiline, degli ombrelloni o delle terrazze, dei pergolati o dei filari alberati, delle aiuole fiorite, dei balconi, delle fontane, delle panchine, dei pavimenti, degli affreschi, delle statue, dei lampioni, dei cestini, dei percorsi ciclabili, dei punti di sosta o di ristoro, dei materiali lapidei, dei muretti, delle superfici artificiali o naturali, etc…
L’Arredo Urbano ha fatto la sua comparsa fin da epoche antiche e molte delle nostre città ne conservano tracce e connotati.
Dalle opere d’arte negli spazi pubblici, si pensi a Piazza della Signoria a Firenze, Piazza S.Marco a Venezia, Piazza dei Miracoli a Pisa, Piazza Navona a Roma, via Caracciolo a Napoli, etc. fino ad opere artificiali e naturali come i terrazzamenti lungo la costa ligure, i vigneti in filari delle colline trevigiane, i cipressi che modellano il paesaggio  nel Chianti,  sono parte generale di un carattere che il Territorio esprime con la cultura della qualità dell’arredo umano oltre che urbano.
L’illuminazione notturna, i colori ed i materiali degli edifici, sono stati al centro di una rinnovata attenzione anche del mondo produttivo che ha elaborato continue soluzioni innovative nella tecno-logia e nelle forme.
Alla base di un risultato equilibrato serve la conoscenza della storia di un luogo.
Il territorio Veneto è caratterizzato da varietà morfologiche molto diverse.
Se la lunga permanenza del governo dell’antica Repubblica di Venezia ha reso identitari alcuni caratteri stilistici e di intervento sul territorio nel Veneto, specialmente nel controllo dei fiumi e delle foreste, tali caratteri sono stati molto compromessi negli ultimi decenni a causa del proliferare di conurbazioni sempre più estese, alla diffusione di capannoni e di centri commerciali, dalla espan-sione edilizia anonima e senza qualità.
Una ricerca del CNR fin dagli anni ’50 aveva portato alla conoscenza ed alla  descrizione delle diverse tipologie edilizie nella nostra Regione secondo tradizioni agricole e diversità ambientali.
Tale descrizione non si limitava ad evidenziare le differenze fra la casa rurale delle lagune da quelle di pianura, o quelle di collina dalle montane ma ne indicava la storia, i materiali, le ragioni ancestrali delle differenze.
In montagna queste diversità venivano descritte a seconda delle Vallate; il Cadore costruiva diver-samente dall’Alpago, l’Altopiano di Asiago si caratterizzava diversamente dall’Alto Veronese e il Polesine aveva case coloniche in  forme diverse dalle case dei pescatori della  laguna di Caorle o di Grado.
Questa identità culturale dei territori era evidente anche nelle città.
Conegliano, Noale, Monselice, Montagnana, Cittadella, Marostica ed altre città murate erano state a lungo racchiuse dentro ai perimetri antichi.
Tutte le città e Borghi veneti sono arrivati quasi intatti fino agli anni ’30 del secolo scorso.
Ciò conteneva un formidabile bagaglio di valori che negli ultimi decenni è andato scomparendo con grave danno per la stessa qualità delle forme di Arredo che hanno finito per banalizzare i contesti anziché rispettarne le peculiarità. 
A questo processo si è arrivati attraverso molti errori.
Anche le scuole di Architettura, alla loro nascita, insegnavano in modo diverso secondo la sensibi-lità dei rispettivi docenti. 
Si capiva la provenienza della formazione culturale fra chi si laureava a Venezia, rispetto a Firenze, a Roma piuttosto che a Palermo, a Milano invece che a Torino.
Si trattava di stili, di approcci alle questioni che tenevano conto della specificità delle esperienze dei singoli Docenti, a loro volta attenti al Moderno ma formati alle Scuole D’Arte prima delle facoltà di Architettura.
L’Università di massa ha tolto positivamente la selezione di classe, di censo, di reddito, al corpo studentesco ma dall’altro  ha portato ad una omologazione nell’insegnamento che è aumentato con il finire dell’epoca dei primi insegnanti che erano stati spesso “Maestri” nel loro campo.
Poi la scarsa collaborazione fra ricerca universitaria e mondo industriale se non ha comunque impe-dito la produzione anche di oggetti di qualità Made in Italy, ha  nel tempo scardinato i caratteri e condotto, qui come altrove, a quell’international style che ha finito per omologare in tanti aspetti recenti Seul a Londra e Francoforte a Milano.
Questo aspetto è stato  denunciato da architetti come il ticinese Mario Botta, che ha notato e scritto come ciò abbia generato una perdita della memoria e della qualità delle differenze. 
Se si guarda ad un catalogo sulla storia del Design si potrà risalire all’epoca dello sviluppo della tecnologia industriale ed ai nuovi bisogni per una massa di persone sempre più numerosa, che generalmente si è addensata negli ultimi decenni in zone urbane sempre più vaste.
In certi casi siamo in presenza di Città-Regione, a Metropoli indistinte dove vivono milioni di per-sone, dove tutto diviene sempre più ingestibile.
Bombay  ed hinterland con decine di milioni di abitanti, Città del Messico, Il Cairo, Tokyo, Pechino e Shangai, Nuova Dhely, hanno soppiantato le antiche grandi metropoli europee come Parigi, Londra, Berlino, assumendo i connotati di mostruose  megalopoli.
Questo è uno dei grandi temi del nuovo secolo e sempre più riguarda continenti che dall’America latina, all’Asia, all’Africa, ospitano centinaia di milioni di persone che debbono quotidianamente vivere, spostarsi, avere relazioni, dare senso alla propria esistenza.
Mettere innanzi un progetto dove la Cultura traini il territorio con il suo arredo urbano, non più complemento di quartieri ricchi e borghesi ma sostegno civile alle nuove povertà. 
Il Veneto con i caratteri peculiari del suo Paesaggio e dei suoi luoghi urbani, deve recuperare con una convinta matrice storica, le sue forti valenze, forse togliendo più che aggiungendo, facendo riapparire ciò che è scomparso:  una fontana, un sentiero, un viale alberato, il colore di una serie di case, la conservazione di una corte, il restauro e l’intelligente integrazione del contemporaneo.
E’ importante lasciare segni della nostra epoca, con  prodotti qualificati specialmente quando si tratta di arredare luoghi urbani nuovi, non necessariamente costosi perché anche materiali poveri possono dare sensazioni eccellenti.
Andrebbe perseguita la ricostruzione del DNA di un territorio e delle sue valenze culturali.
La chiave della riuscita di un intervento sta quindi nell’interpretare, anche in veste moderna, l’uso di uno spazio che, come diceva una massima coniata da Ernesto Rogers, determini la funzione.
Nei nuovi luoghi dove un tempo era campagna, si tratta di creare nuove forme e spazi di relazione, con quelle caratteristiche richiamate e riproposte nel nostro tempo in forme moderne.
Nel Comune di Venezia vorrei citare alcuni esempi, isolati e che comunque potrebbero fare tenden-za, su come intendere il precedente assunto : nella località Asseggiano, è stata inserita in uno spazio d’angolo che era anonimo e residuale, una statua dello scultore Ardigò, che rappresenta una famiglia, a completamento della costruzione di un piccolo quartiere residenziale.
Nel centro di Mestre è stata demolita una costruzione che copriva da tempo un lato della medioeva-le Torre, riaprendo uno spazio aperto e pubblico e cambiando i rapporti visuali ;  la piazza Ferretto è stata oggetto di un arredo urbano che l’ha reinterpretata e ridisegnata, dopo la sua pedonalizzazione. La riapertura di tratti del coperto alveo fluviale dell’Osellino, che con l’altro ramo del Marzenego, circonda il centro storico di Mestre, ha mutato il senso di questa parte di città, mascherato nel periodo della motorizzazione negli anni ’50.
Vi è un progetto di arredo urbano tendente alla riscoperta di tracce delle antiche mura cittadine, dentro ad un percorso di valorizzazione identitaria della storia medioevale.
Cittadella ha riaperto recentemente alla scoperta del percorso pedonale lungo il perimetro delle sue mura merlate.
Interventi di arredo e recupero urbano gradevoli sono stati fatti a Vittorio Veneto nella località di Serravalle, a Castelfranco, a Noale, a Treviso, a Verona, a Caorle, a Feltre, a Padova, a Bassano…
A Venezia è stato recuperato qualche anno fa il complesso del Molino Stucky che era in totale degrado, si sono risistemate la riva delle Zattere, molti canali interni, un insieme di ponti e di edifici
anche minori.
Venezia  ( Dorsoduro )
I bisogni della città sono enormi e i problemi di un equlibrio demografico con l’enorme flusso turistico, con il passaggio di navi gigantesche lungo il bacino di S.Marco, le infrastrutture di collegamento con la Terraferma, aprirebbero un altro capitolo.
Compreso il tema della illuminazione di strade e piazze in modo da non inquinare la vista notturna del cielo, che è sempre più argomento attentamente trattato in un settore dell’arredo urbano.
In una recente mostra sul Grand Tour che da fine settecento portava in Italia i viaggiatori d’Europa, allestita a Rovereto, vecchie cartoline, incisioni, manifesti, guide turistiche, illustrano gli albori del turismo che sarebbe divenuto sempre più di massa.
In quelle immagini, di una Cortina d’Ampezzo, di una Alassio, di un Lido di Venezia, di una Firenze o Roma, degli anni ’30, riconosciamo, con un po’ di vergogna, quanto abbiamo perduto, sciupato, dimenticato.
In quelle ingenue foto di incantati spettatori, notiamo come  il Territorio e la Cultura, fossero insie-me  anche Arredo Urbano.


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