mercoledì 25 giugno 2014

IL PROGETTO

Il PROGETTO                    di Gianfranco Vecchiato


Arch. Carlo Scarpa
Disegno per un Interno
Matita e gomma su un foglio trasparente, chiamato "carta da schizzi". Così iniziava l'idea espressiva di un progetto architettonico nell'era pre computer. Si iniziava esaminando il luogo e i suoi dintorni, valutandone le preesistenze e la storia anche orografica. I contesti sono sempre fondamentali per indirizzare le idee e definirne i contenuti, che dovrebbero far parte della cultura urbana nella quale ci si inserisce: il "Genius Loci".  I materiali da impiegare, gli spazi di relazione ed i "vuoti" che sono gli ambienti nei quali si vive o si lavora e la "luce", la esposizione dell'edificio, anche per ragioni ambientali e di uso della energia. Il rapporto con il Cliente e con le norme edilizie ed urbanistiche previste dal Comune nel quale si opera sono spesso elementi che contrastano con le idee e le esperienze del progettista che utilizza la sua cultura, i suoi riferimenti linguistici, le  mediazioni o le rotture con la tradizione. Ce lo ha insegnato il Movimento Moderno che un  progetto nasce non solo dalla libertà dei movimenti e dalle relazioni spaziali fra gli interni e gli esterni ma dai rapporti urbani e ambientali che attraverso di esso si determinano.
Da diversi anni il computer e potenti programmi di grafica, hanno sostituito la manualità 
Como.
Arch. Giuseppe Terragni
ma non il metodo con il quale si arriva ad un buon risultato. Ma sul territorio si continuano 
a vedere troppe  banalità. Molti giovani progettisti ritengono che il distaccarsi dalla tradizione e dai contesti sia necessario per qualificarsi come innovatori. In alcuni casi è vero che soluzioni progettuali originali hanno fatto tendenza e riqualificato zone modeste o degradate. Ma in tanti  altri casi questo obiettivo non è stato raggiunto ed anzi si sono compromesse intere zone urbane perché il termine "originale" significa che deve contenere elementi sintattici culturalmente forti.   L'Architettura, quando non scade a banale edilizia, crea forme con il pensiero e ne trasmette i valori.     Sempre più spesso, pur con diversi motivi, la Burocrazia, le Soprintendenze, le Commissioni Edilizie, i Regolamenti e specialmente le loro interpretazioni, sono come dei "Bastioni Medioevali" impenetrabili su cui si infrangono anche molte idee di qualità e di libertà espressiva. In molti Uffici si annida il "potere di veto" e con esso anche una potenziale fonte di "corruzione" e di scarsa trasparenza nei giudizi. Tutto questo richiama il nome di un grande architetto , Giuseppe Terragni, che nel 1927 fu tra i 7 firmatari del manifesto del Razionalismo italiano e che ha lasciato opere di grande importanza nel breve periodo della sua vita. Affrontò una "battaglia" che lo contrappose  alla Commissione Edilizia di Como, sua città natale, quando per superarne i veti, presentò un progetto "classico" ma in cantiere lo cambiò con quello rivoluzionario che aveva in mente: il "Novocomum", un edificio residenziale. Nacque uno scandalo e la Commissione minacciò la demolizione dell'edificio. Oggi quello stabile è ancora un esempio che si trova nei libri di architettura. Lo storico Bruno Zevi nell'indagare la figura di Terragni, propose un parallelo con Michelangelo e sostenne che mentre Michelangelo riuscì denunciare la crisi dei valori che attraversava il suo tempo, dilaniando i canoni classici con il rifiuto dei canoni della proporzione e della prospettiva, Terragni a 39 anni, constatando il fallimento dei suoi ideali, crolla psichicamente e muore. Ma quei contrasti tornano  frequenti quando ancora oggi, dieci, cento, mille proposte restano nei cassetti degli studi perché sono bocciate da menti di "ragionieri" dell'edilizia e non da competenti di architettura. Per trovare un equilibrio si dovrebbe ripartire da una  "filiera" culturale.
Arch. Giuseppe Terragni
1904/1943
Como. 1929/ Novocomum
Arch.G.Terragni
Scale del Novocomum

Nelle Università accanto alla teoria bisogna insegnare anche cosa succede "dopo" la laurea, per aiutare a cambiare queste situazioni. Ma i "professori" hanno interesse a farlo?  Ne dubito.  Perciò è necessario verificare a priori quali idee siano in discussione. La crisi del settore è d'altra parte visibile anche dalle 
Mostre che si susseguono, dalle riviste "patinate" che danno poco spazio ai giovani e i cui progetti vengono spesso "filtrati" dalla pubblicità e da raccomandazioni varie. Tutto ciò non sta facendo fare quel salto di generazione e di qualità che si vorrebbe. Anche i premi che si dànno per stimolare dei ritorni virtuosi, esaminano, quasi sempre, i progetti  che vengono presentati  dai soliti progettisti che, per conoscenze e rapporti, sono "richiesti" dalla clientela, dalle Agenzie Immobiliari, dai politici di turno. Sfugge all'esame comparativo quanto capita ogni giorno sul territorio: qui si tolgono degli alberi, là si inseriscono rotonde stradali, in altra zona scompare una prospettiva mentre sorge un altro supermercato. La campagna si riduce a dei  "fazzoletti" di terra, pronti a divenire terreni edificabili.   Senza tregua. Tra gli esempi che hanno fatto discutere ma sono divenuti emblematici di una città, si può annoverare il Kunsthaus di Graz, inaugurato nel 2003, opera degli inglesi Peter Cook e Colin Fournier. Si inserisce in un delicato contesto urbano tradizionale. L'edificio non assomiglia a niente che gli stia intorno ed è stato anche soprannominato "Friendly Alien" ma è divenuto in poco tempo una icona della città e rispetta il contesto che lo ospita. Ma la maggior parte dei progetti, pur in una crisi profonda che sta attraversando il mercato immobiliare, non ha niente da declamare. Siamo ad una filiera di banalità. Molti quindi non hanno capito o fingono di non capire.
Graz (Austria)
Arch. Peter Cook e Colin Fournier

Graz
Kunsthaus.
Inserimento urbano


Graz / Kunsthaus
Kunsthaus (Casa d'Arte) 2003
E' difficile ma     bisogna coltivare due virtù: la  pazienza e il coraggio. La prima contiene anche una dose di umiltà, che spesso fa difetto; la seconda ha  bisogno della "perseveranza". La burocrazia è una "nemica" spesso insulsa e improduttiva. Ma è anche necessaria. Non avendo saputo la politica fare quasi niente se non produrre altre leggi e regolamenti, il nostro Consiglio Nazionale Architetti dovrebbe avere questo come primo obiettivo ma  trovando alleanze nella migliore società civile. Quella che si batte, a volte, per limitare le costruzioni, per favorire l'ambiente, per sacrificare i "pieni" a vantaggio dei "vuoti".  Sì,  questa sarebbe una rivoluzione. Purtroppo ho l'impressione che attorno a tale bandiera, si troverebbero pochi seguaci. Si può pensare che nella Unione Europea, siano in ascolto  pensieri per alleanze in questo campo? Abbandoniamo i Convegni e torniamo sui territori. Occorre cercare ovunque,
senza temere di camminare in faticosa salita e  andare fra la gente. Questo aiuterà anche gli architetti a rafforzare un loro ruolo sociale. Come si insegnava in anni lontani nelle vecchie Università di Architettura, si può cercare di cambiare la professione ascoltando e guidando "gli strati sociali" più deboli, che stanno in genere nelle periferie urbane. Educandoci reciprocamente  ad una idea diversa di progresso che abbia come finalità la qualità più che il mercato. E tornando ad usare qualche volta la matita,pensando all'etica del lavoro senza strapparlo agli altri a suon di sconti al ribasso.  La gomma fa più effetto quando cancella errori perché comporta qualche fatica in più e non è un pulsante che aggiunge e toglie dal computer secondo le convenienze. Aldo Rossi ci ha lasciato dei magnifici "quadri" nei quali interpretava anche i suoi sogni. Si tratta a volte di progetti rimasti sulla carta. Ma quale forza emanano: è il "sapore" dell'architettura.
Arch. Aldo Rossi
1931/1997  Vincitore Premio Pritzker

Arch. Aldo Rossi

Arch. Aldo Rossi

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